CLAN DEI CASALESI. Ecco perchè “il nuovo capo” del gruppo di Michele Zagaria è uscito ieri sera dal carcere. Guida pratica tra continuazione e incidente di esecuzione

29 Novembre 2018 - 18:48

CASAPESENNA(g.g.) La scarcerazione di Filippo Capaldo, 41 anni, che da stasera, se lo desidererà, potrà camminare tranquillamente per le strade di Casapesenna o di un qualsiasi altro posto che ritenesse opportuno presentare, non è una questione che può essere archiviata come un fatto normale di cronaca giudiziaria, la cui importanza parte e si esaurisce nel giro di 24 ore.

Filippo Capaldo, non in una, ma in decine di dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che, per anni, hanno rappresentato la struttura portante del gruppo economico criminale di Michele Zagaria, lo hanno indicato come la persona appartenente alla famiglia del boss, a cui Zagaria era più legato o comunque considerava all’altezza (si fa per dire) per assumere le redini con un ruolo di comando.

Insomma, un successore designato.

Ora, siccome Filippo Capaldo è stato condannato in via definitiva, prima a 8 anni e poi, nel processo riguardante la famosa ordinanza del primo ottobre 2015, allorquando finì in carcere insieme, tra gli altri, alla zia Gesualda Zagaria, e al famoso e dinamico ingegnere Carmine Domenico Nocera, professionista residente a Caserta in via San Carlo, che si affidava a Carlo Marino come avvocato e che insieme ai vari Franco Biondi, Greco e forse anche Marino, è indagato per l’ormai nota vicenda giudiziaria del parcheggio della stessa via San Carlo.

La capacità indiscutibile degli avvocati difensori Nando Letizia e Giuseppe Stellato che fanno il loro lavoro, e lo fanno bene, è stata quella di impegnare la Corte di Appello a pronunciarsi su un ricorso relativo ad un incidente di esecuzione.

Ora, chi non mastica quantomeno i rudimenti minimi della procedura penale, non potrà comprendere di cosa stiamo parlando, a meno che non si impegni a svolgere, diligentemente una ricerca su google o altri motori simili.

In parole povere, è successo che la Corte di Appello, a suo tempo, si pronunciò a favore dell’applicazione dell’istituto della continuazione, altra roba di non semplicissima comprensione, mentre è molto comprensibile la conseguenza della stessa: se tu vieni condannato per lo stesso reato ed esiste un filo conduttore rappresentato da un’attività, in questo caso, l’attività di riferimento stabile del gruppo Zagaria, per due o tre volte, sconterai solo una delle pene.

Perchè si presuppone che compiendo più reati, tu li abbia fatti in un unico contesto, in un’unica linea di azione. Quando la Corte d’Appello dette l’ok alla continuazione del reato, l’ufficio dell’esecuzione della pena che si occupa per l’appunto delle questioni riguardanti chi ha già ricevuto condanne definitive, stabilì che la pena che Filippo Capaldo avrebbe dovuto scontare era significativamente superiore a quella minima, cioè ai 4 anni incassati per l’ordinanza del primo ottobre 2015.

Su questa decisione, gli avvocati difensori hanno presentato ricorso alla Corte di Appello, la quale ha riconosciuto che la pena da applicare per effetto della continuazione, era quella a 4 anni di reclusione, per associazione per delinquere di stampo camorristico, e non quella a 8 anni a cui Filippo Capaldo era stato negli anni scorsi, pure condannato, sempre per 416 bis, ma in quel caso, come capo e promotore dell’associazione camorristica.

In poche parole, c’è già una sentenza passata in giudicato che definisce Filippo Capaldo, capo. Ecco perchè non c’è nulla da stare allegri ed ecco perchè esiste qualche fondata preoccupazione nel sapere che il figlio di Raffaele Capaldo e Beatrice Zagaria, cioè dell’altra sorella del boss Michele Zagaria, si trovi a piede libero.

Applicando come unica pena da eseguire quella a 4 anni di reclusione, il conto è presto fatto: dal primo ottobre 2015 al 28 novembre, cioè fino alla giornata di ieri, allorquando Capaldo è uscito dal carcere, sono trascorsi tre anni e quasi due mesi. Dunque, ne mancherebbero ancora 10. Ora, confessiamo questa lacuna e non sappiamo se, nel regime del 41 bis, in cui si trovava Capaldo, si può beneficiare di sconti di pena per la buona condotta.

Ma supponiamo che questo non possa avvenire. Dove ha scalato i 10 mesi residui Filippo Capaldo? Da un cofanetto di ulteriori 20 mesi, trascorsi in carcere, per l’ordinanza relativa alle presunte estorsioni nei confronti dell’imprenditore Roberto Battaglia. In quel processo, però, Capaldo è stato assolto. Per cui, quei 20 mesi li ha trascorsi, peraltro in fase cautelare, ingiustamente in carcere.

Attingendo a quello che abbiamo definito un cofanetto, da tre anni e due mesi, si arriva ai 4. Dunque, Filippo Capaldo ha scontato l’intera pena ed è potuto uscire da libero cittadino.

Sarà opportuno a questo punto, dare un’occhiata ai carichi pendenti del nipote del boss per capire se ci sono processi aperti e quali siano le prospettive degli stessi.

Per il momento, Capaldo è libero e l’unica cosa che si può sperare è che decida di cambiare vita. Ma la casistica storica riguardante camorristi usciti dal carcere, non invita all’ottimismo, anche perchè si tratta di soggetti la cui educazione è intrisa solo e solamente di mentalità criminale.

Non sappiamo se in carcere Capaldo abbia proceduto verso una evoluzione culturale oppure se abbia imparato un mestiere. Se non è stato così, allora ci possiamo aspettare di tutto.