“Noi siamo gli eredi di Cicciotto e Mezanott”. In dodici, con due donne, si avviano verso il processo
1 Maggio 2018 - 19:00
PARETE – Quando il Gip del tribunale di Napoli ha deciso l’applicazione di più misure cautelari in carcere per l’inchiesta sul ritorno di fiamma camorristico nelle aree da sempre gestite dal gruppo Bidognettti, le indagini era già nella sua fase finale. In questi giorni, i famosi 415bis del codice di procedura penale, avviso di conclusione delle indagini, che vale anche come informazione di garanzia sono state notificati a dieci persone: a Michele Bidognetti, fratello del boss Cicciotto, Gaetano Celeste, Antimo Di Donato, Emanuele Gatto, Vittorio Guarnieri, Luigi Moschino, Massimo Perrone, quest’ultimo aspirante boss e guida criminale del gruppo e Antonio Schiavone. Indagini chiuse anche per la moglie di Michele Bidognetti, Alessandra Capoluongo e per la figlia di Antonio Schiavone, Girolama.
Tra un mese, massimo un mese e mezzo, la Dda al 99,99% chiederà il rinvio a giudizio per tutti. I primi dieci per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, detenzione e ricettazione di armi da guerra, di armi comuni da sparo e di materiale esplosivo, con il quale sono stati fatti anche attentati contro attività di Parete, come racconta il collaboratore Di Donato, costretto a fuggire da Perrone. Le donne sono indagate per ricettazione di denaro,