MARCIANISE. Ah benissimo: siccome servono i parcheggi, Velardi demolisce un palazzo ristrutturato con i soldi dei contribuenti e che Fecondo…

4 Gennaio 2019 - 16:50

MARCIANISE – Siccome il Comune di Marcianise ha bisogno di parcheggi, buttiamo a terra i palazzi. Sembra essere questa la filosofia di una recente delibera di giunta comunale che, oltre ad individuare dei terreni, delle aree orizzontali, per trasformarle in zone di sosta per veicoli variamente connotati, indica anche l’identità di due immobili che dovranno essere demoliti.

Tra questi, c’è il famoso palazzo di via Gemma. Nella delibera il sindaco Velardi non ha avuto forse il coraggio di affermare che questo, ad avviso suo e ad avviso di discutibilissime valutazioni dell’Ufficio Tecnico, è un manufatto pericolante.

D’altronde non risale certo alla notte dei tempi il momento in cui fu ristrutturato con quattrini pubblici, con fondi dedicati all’edilizia popolare. Già questa circostanza dovrebbe indurre il Comune di Marcianise a non farsi percorrere neppure dal pensiero di demolire questo immobile, apponendo il timbro su un documento di certificazione di uno spreco inaccettabile di soldi che non sono nel portafogli di Velardi, ma sono usciti da quello della res publica.

E d’altronde in passato il primo alleato di questo sindaco, l’uomo su cui peserà la responsabilità storica di aver inferto alla città di Marcianise la punizione di questo governo, stiamo parlando di Filippo Fecondo, aveva utilizzato l’immobile per scopi sociali.

Questo dichiarava Fecondo a Caffè Procope nel marzo 2017, quando le famiglie che occupavano lo stabile di via Gemma furono allontanate: “Nel 2001, data della mia elezione a Sindaco, erano presenti nell’immobile di via Gemma quattro nuclei familiari, mentre altri due occupavano l’immobile di via De Maio. I due edifici furono acquisiti e ristrutturati dal Comune di Marcianise grazie ad un finanziamento della L. 457/78, finalizzato alla realizzazione di edilizia economica e popolare. Una Norma innovativa che andava a correggere alcune storture della già ottima L. 167/68 che, in molti casi, aveva però creato dei veri e propri quartieri “ghetto”, dove si ritrovavano ammassate, tutte insieme, famiglie con problematiche socio economiche molto critiche. La nuova norma prevedeva una integrazione anche urbanistica di questa fascia di popolazione evitando la creazione di quella separazione tra i quartieri cosiddetti 167 e il resto della città. I nostri due edifici, in particolare, erano destinati alle emergenze socio abitative, con una sorta di rotazione che doveva determinarsi nel tempo, con l’accompagnamento che le istituzioni dovevano fornire ai nuclei familiari”.

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