Attivista gay fatto a pezzi e sciolto nell’acido. Il procuratore chiede la conferma dell’ergastolo per Ciro Guarente

14 Gennaio 2020 - 16:54

PARETE – Nel seduta del processo d’appello per il delitto di Vincenzo Ruggiero, l’attivista Lgbt di Parete, ucciso e fatto a pezzi nell’estate del 2017, celebrato questa mattina, il procuratore generale ha chiesto la conferma dell’ergastolo per Ciro Guarente, ripercorrendo quella che è stata la vicenda e l’efferatezza dell’omicidio.

Nel corso dell’udienza ci sono state le discussioni anche dell’avvocato di parte civile e del difensore di Guarente, che ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche, anche in considerazione dell’atteggiamento collaborativo tenuto da Guarente nel corso del processo.

Sarà lo stesso Guarente a chiudere il processo d’appello a suo carico. L’imputato ha chiesto di poter fare dichiarazioni spontanee prima della sentenza dei giudici, prevista per giovedì.

I resti di Vincenzo Ruggiero furono trovati in un garage di Ponticelli, a Napoli, nell’agosto del 2017, dopo varie indagini dei carabinieri del reparto territoriale di Aversa. Alcuni organi del giovane, come parte del cranio, non sono mai stati ritrovati. Guarente fece a pezzi di cadavere e lo immerse in un impasto di cemento, poi condensato e apparso, poi, agli inquirenti come un muretto interno del box auto di Ponticelli. Quella sera Guarente si presentò nell’appartamento di Aversa, dove Vincenzo abitava con la trans Heven Grimaldi (legata da una relazione proprio a Guarente) per un chiarimento con Vincenzo, terminato in una lite che provocò la morte del 25enne.