AVERSA ALLE ELEZIONI. Ma guarda un pò, al tavolo del centrodestra, ricompare l’indagato dda Paolo Galluccio, spedito da Giggino ‘a purpetta. Ancora sulle pizze e i panzerotti di Ninì Migliaccio

1 Aprile 2019 - 16:57

AVERSA(g.g.) Toh, chi si rivede: al tavolo del centrodestra si è materializzato Paolo Galluccio. Avvocato fortunato, che in passato, anche grazie ad un fidanzamento con la nipote del comandante della Cisl funzione pubblica Nicola Cristiani, diventò ricco con le centinaia di cislini a questo sindacato che gli delegarono la propria rappresentanza in una causa con l’asl di Caserta di cui erano dipendenti, per il riconoscimento di certi soldini collegati, se non ricordiamo male (ma poi se servirà andremo nel nostro archivio), dei buoni mensa, ma proprio tanti tanti, non consumati.

Dopo la parentesi di Nicola Cristiani, il nostro passò, armi e bagagli, nella sfera dei fratelli Cesaro. E non è affatto casuale il motivo per cui Paolo Galluccio è indagato con ipotesi di reato connesso agli interessi della camorra, nell’ambito delle indagini sulle due gare d’appalto, quella di Aversa e di Caserta, da tempo, sotto la lente d’ingrandimento della direzione distrettuale antimafia di Napoli.

Quel brindisi nel giorno di San Silvestro, al centro di Aversa, con Carlo Savoia, gran promotore, prima del Consorzio Cite, partecipato da imprenditori a dir poco discutibili e con trascorsi tutt’altro che edificanti e poi EnergetikAmbiente , designata a sostituire l’ormai non più credibile Cite nell’appalto di Caserta capoluogo.

Quello tra Paolo Galluccio, grande mediatore politico della gara di appalto di Aversa, dopo il cui esito, non a caso, a missione compiuta, si dimise dalla carica di assessore comunale, e Carlo Savoia, fu un brindisi in famiglia. I due non si erano incontrati per caso. Carlo Savoia non aveva identificato Paolo Galluccio come riferimento nell’amministrazione comunale della città normanna in base ad un modo di simpatia casuale e spontaneo.

Carlo Savoia era ed è ancora un preciso punto di riferimento di Luigi Cesaro, detto Giggino a purpetta, a sua volta plurindagato, e della famiglia di quest’ultimo, su cui è meglio calare un velo di pietoso silenzio. Paolo Galluccio era ed è ancora il referente politico dei Cesaro a Caserta. Quindi i due brindavano come fanno i componenti di una stessa equipe quando hanno portato a termine un compito. In quel giorno di San Silvestro, ritenevano di averlo fatto, poi arrivarono gli articoli di CasertaCe e altre molte complicazioni e il grande affare della gara dei rifiuti di Aversa sfumò.

Manco a dirlo, l’altra sera, Paolo Galluccio ha riesumato la sua lista Forza Aversa e si è presentato al tavolo del centrodestra, spalleggiando Giorgio Magliocca, il quale si è consegnato mani e piedi alla famiglia Cesaro ritenendo (erroneamente) che questo gli possa giovare per il futuro. Dunque, Galluccio, da indagato dda, si è presentato per dare un segnale; per far capire che Luigi Cesaro voleva che il candidato fosse Peppe Stabile, perchè, si sa, similis cum similibus.

Tutto ciò accadeva pressochè contemporaneamente alla ricostruzione, che questo giornale pubblicava (CLICCA QUI) di una visita deferente, fatta a Sant’Antimo, da Peppe Stabile, accompagnato dallo stesso Magliocca e dalla eminenza di tutte le eminenze grige che più grige non si può: Carlo Sarro.

Insomma, il centrodestra dovrebbe pigliarsi Peppe Stabile perchè lo ha deciso Giggino a purpetta. Magari se lo prenderà pure. Ma, sia chiaro che il brodo di coltura di questa candidatura, sarà quello prodotto della famiglia di Sant’Antimo, nota alle cronache della politica, ma ancor di più, nota alle notizie di nera e giudiziaria.

 

NINI’, GAGA’ E PREZZEMOLINI – Non è detto che su una pietanza avariata, indigesta, manchi a prescindere la guarnizione, il tocco finale, quell’ombra di prezzemolino, utile a rendere più godibile la vista del “piattino”.

E che ci sta a fare, allora, Ninì Migliaccio? In quelle famose serate, più volte citate e anche raccontate dal sottoscritto, in cui un già gravemente malato Giuseppe Sagliocco voleva, bontà sua, staccare la spina, parlando con me, per puro diletto, di politiche agricole e di politica sanitaria, prendendosi una pausa, prima di rientrare, all’indomani, in un’arena di fiere affamate, che ormai non gli piaceva più, nel trantran dell’esercizio politicista, delle raccomandazioni grandi e piccole, delle mille mediazioni al ribasso, Ninì’ Migliaccio arrivava quasi ogni sera.

Si vedeva chiaramente che i discorsi di Sagliocco sui livelli Essenziali di assistenza nella sanità, sulla produttività non più rinviabile come approdo ad una politica, rispetto alla quale anche lui si assumeva le proprie responsabilità che una politica che fino ad allora, purtroppo, aveva usato la sanità per creare rendite parassitarie, come un enorme mucca da mungere all’infinito, lui, il Ninì, era distratto.

Sagliocco se ne accorgeva e allora, visto che era un efficientista, per dare un senso alla sua presenza, gli mandava a comprare le pizze e i panzarotti. Se qualcuno non crede a questa ricostruzione, possiamo poi eventualmente citare testimoni ed ulteriori circostanze.

Quando Migliaccio usciva, io dicevo a Peppino: “Sindaco caro, questo, in una passeggiata in via Monte Napoleone a Milano o in via Calabritto a Napoli, “non ci vede proprio” a noi due. Le femmine guarderanno sempre e comunque lui, e non certo noi. Però, caro Peppino, dato a Ninì quello che è di Ninì, mi spieghi che cazzo ci sta a fare questo in giunta come assessore all’urbanistica? Secondo me non è buono, con rispetto parlando per la persona.” E Peppino, già roso dal cancro che lo avrebbe portato alla morte: “E’ un bravo ragazzo e sta soffrendo molto per la malattia di sua moglie.” Poi, Ninì tornava con le pizze e noi riprendevamo i nostri discorsi su sanità e agricoltura.

Probabilmente Migliaccio avrebbe accettato di andare a comprar pizze anche per Enrico De Cristofaro. Pur sapendo che quest’ultimo aveva firmato ed ispirato lettere ed esposti velenosissimi contro Sagliocco, ai tempi dei lavori in via Roma, dei quali Migliaccio, da assessore entusiasta, aveva assunto la piena paternità politica, proprio De Cristofaro fu sostenuto da Migliaccio al punto che finanche Noi Aversani, cioè il movimento fondato dal compianto sindaco, appoggiò, nonostante gli articoli di fuoco di questo giornale, l’allora presidente dell’Ordine degli architetti, che si era limitato solo ad auto sospendersi.

Nelle foto, da sx, Massimo Grimaldi e Stefano Caldoro

Siccome, però, De Cristofaro non era Sagliocco, la prima cosa che fece fu quella di tradire la promessa fatta a Migliaccio, di cui si era servito, ma di cui non si fidava. Per tal motivo, sfumò immediatamente la nomina ad assessore.

Alcune sere fa, Migliaccio il gagà, ha condotto Peppe Stabile, ci dicono, con i buoni uffici di Massimo Grimaldi, che giustamente ha difficoltà a far tesoro dei guai che l’hanno lambito, al cospetto di un altro gagà, però, di prima fascia, cioè Stefano Caldoro, in modo da ottenere, dopo quella di Giggino la polpetta, anche la benedizione di quest’ultimo.

Chi conosce bene oppure anche solo sommariamente “Il crepuscolo degli dei” di Richard Wagner sa bene che, volendo utilizzare l’opera come trasposizione, la deflagrazione finale di una storia politica che ad Aversa è solo e solamente una storia di governume e di gestione, avviene in maniera catastrofica. La candidatura a sindaco dell’ultrasettantenne Peppe Stabile, dopo quella di De Cristofaro, sarebbe, dunque, il colpo di coda finale e definitivo di un sistema che non vuol mollare le redini del potere, il controllo dei grandi affari; che vuole riaffermare il primato di un metodo di azione che è quello interpretato da decenni dalla Fiadel. Del metodo del nepotismo, del familismo e dell’ingiustizia sociale.