CAPUA. “Lurido, dammi il numero di telefono… ti faccio vedere”. Il figlio della vice sindaca Marisa Giacobone ci minaccia con il linguaggio tipico dei camorristi. Villani, continui così. Lei ha consegnato la città ad una cultura criminogena e io l’accuso
6 Marzo 2025 - 19:15

Il sindaco ha fatto una campagna elettorale, contro Brogna e Antropoli, sostenendo che al Comune di Capua aveva comandato la camorra. A queste persone ora dovrebbe chiedere scusa alla luce di come sono finiti i processi, ma non lo farà perché è intellettualmente disonesto. In tanti ci hanno detto di denunciare questo scemo i cui messaggi social pubblichiamo all’inizio dell’articolo. Noi non lo faremo perché non abbiamo bisogno. Il sottoscritto quando serviva ha saputo guadare negli occhi, marcando le differenze di cultura, di amore per la legalità a Pasquale Zagaria, fratello di Michele, al fratello di Peppe o’padrino, e al fratello di Peppe Setola. E a proposito di Setola c’è una frase che Zenga junior scrive e che ci convince del fatto che lui, non sappiamo se ci riuscirà o meno, studia da camorrista

CAPUA – (Gianluigi Guarino) Quando Massimo Russo, detto Paperino, fratello di Giuseppe Russo, detto Peppe o’padrino primo pretoriano di Francesco Schiavone Sandokan e di suo cugino Francesco Schiavone Cicciariello, e il fratello di Peppe Setola, venivano nella redazione del Corriere di Caserta, al tempo da me diretto, per rinnovare l’abbonamento al giornale, Mario Zenga non era ancora nato o se era nato, succhiava il biberon. Quello era un giornale con le porte aperte e quando arrivavano questi personaggi noi non potevamo espellerli dalla redazione prima di tutto perché al tempo erano incensurati e poi perché il sottoscritto non avendo mai avuto alcun rapporto biologico con questa terra, essendo nato e vissuto nel Sannio, non aveva nessuna difficoltà a rivolgersi “laicamente“a loro rispondendo a qualche domanda formulata sui nostri articoli. Certo qualche giornalista che si occupava di cronaca giudiziaria quando li vedeva si andava a chiudere ne bagno del tutto ingiustificatamente. Perché, essendo chiara la linea di demarcazione tra me e loro, sapendo bene, dunque, i congiunti dei boss del clan dei casalesi che non avrebbero mai potuto intavolare un discorso fatto di ammiccamenti, di allusioni con questo direttore sannita, discorrevano con educazione, salutavano ed andavano via.
In quei 5 anni della mia direzione del Corriere ho incrociato, solamente un problema serio relativo ad articoli sulla camorra. E’ capitato quando un mio redattore dell’epoca pubblicò la notizia di una rissa, consumatasi nel carcere di massima sicurezza dove si trovava Peppe Setola ossia colui che di li a qualche anno, evadendo da una clinica di Pavia, inaugurò una terribile fase stragista come mai era successo nella storia del clan dei casalesi che andò a colpire anche persone che con la camorra non c’entravano nulla e che anzi la camorra avevano denunciato, come capitò a Castel Volturno con l’imprenditore Domenico Noviello.
In quell’articolo, se non andiamo errati pubblicato nel 2005, avevamo scritto che Peppe Setola aveva avuto la peggio ad epilogo della rissa.
Qualche sera dopo mi raggiunse a Caserta una persona di Casal Di Principe assolutamente non connessa alle attività criminali ma impegnata in politica e quindi spesso in relazione con la nostra attività giornalistica. Mi chiese di non fargli domande e mi disse, per la stima che, bontà sua, diceva di avere nei miei confronti, di correggere quella ricostruzione rovesciando i termini della questione e dunque certificando che era stato Setola a prevalere nella rissa all’interno di quel carcere. Mario Zenga, figlio della vice sindaca di Capua, Marisa Giacobone mi ha scritto, sabato primo marzo e poi ieri, mercoledì, due messaggi minacciosi utilizzando il profilo Facebook che, nonostante un articolo che in proposito scrivemmo un po’ di tempo fa reca ancora le generalità di suo padre Carmine, apposte quando il suo rampollo era ancora minorenne, l’episodio di Setola mi è ritornato alla mente. Scrive, infatti, il bullo di Capua: “Mi puoi mandare il tuo numero? Sono il famoso figlio del noto politico, così ti faccio vedere da vicino chi ha fatto male e chi no. Impara a scrivere prima, lurido”. Al netto del “lurido” Mario Zenga non smentisce la vicenda della rissa e dei pestaggi incrociati verificatisi giovedì grasso, 27 febbraio, nella zona del Luna Park (CLICCA E LEGGI). La sua è, infatti, un’implicita conferma. Lui si infuria perché abbiamo scritto che dopo aver dato mazzate, le ha anche ricevute dal gruppo degli amici del ragazzo che aveva malmenato ed è questo che per lui inconcepibile. Non lo fa arrabbiare la pubblicazione della notizia ma il fatto che i suoi interlocutori, evidentemente di violenti come lui, possano pensare avendo letto l’articolo che lui le abbia abbuscate. E questo non è concepibile in un contesto nel quale si comanda qualche cosa e qualcuno in base ai rapporti di forza fisica, in base alla capacità di infliggere pestaggi, botte ai malcapitati.
Non sappiamo se Mario Zenga diventerà o meno un giorno quel che sogna di diventare ossia un camorrista o addirittura un capo camorra riverito e temuto dai suoi sgherri. Sappiamo, invece, che questo linguaggio lo collega, così come reso chiaro dalla vicenda di Peppe Setola da noi appena narrata, ad un antropologia criminale, indiscutibilmente criminale attraverso la quale si emerge, “sei uno buono” se picchi, massacri, magari un domani ammazzi, mentre “sei una pippa” se le buschi o se prendi qualche calcio nel sedere
Ora, uno come me, che ha vissuto l’esperienza del racconto ravvicinato di centinaia e centinaia di omicidi, che ha dovuto anche sopportare l’onere di discutere con congiunti di terribili boss, può solamente commentare con un sorriso le minacce, perchè di minacce si tratta come potete leggere nei delicatissimi messaggi 😂😂 nelle chat che pubblichiamo in testa a questo articolo, formulate da Mario Zenga. Ovviamente non ci sorprende, per noi che abbiamo capito da tempo come funzionano le cose a Capua con Adolfo Villani sindaco, che Mario Zenga sia il figlio della vice sindaca Marisa Giacobone, che se qualcuno non lo ha ancora capito, qualora Villani avesse un impedimento di qualsiasi genere, assumerebbe, come abbiamo scritto cento volte, il controllo della città da sindaco facente funzioni. Non ci stupisce che il ragazzo che scrive queste minacce nei miei confronti e nei nostri confronti sia anche il figlio di Carmine Zenga, marito della vice sindaca nonché imputato in un processo penale per minacce aggravate e per aver impedito a due vigili urbani di svolgere la loro funzione; non ci stupisce per la seconda volta che Mario Zenga sia proprio il figlio di Carmine Zenga e lo sia anche quando questi insegue in scooter una pattuglia dei vigili urbani scappano ingloriosamente mentre lui continua a filmarli con uno smartphone, inveendo contro di loro e togliendo stabilmente la mano dal manubrio del suo scooter compiendo, per giunta, una grave violazione del codice della strada; non ci stupisce che Mario Zenga sia per la seconda volta il figlio della vice sindaca Marisa Giacobone colei che anni fa fu denunciata da un’altra vigilessa urbana a cui avrebbe messo le mani addosso, more solito cisto che anche ad una vicina di casa andò malissimo inseguita dall’amazzone Marisa fin dentro al comando dei vigili urbanni; non ci stupisce che Mario Zenga sia per la terza volta il figlio di Marisa Giacobone e nipote di Maddalena Buglione, appartenente alla nota famiglia capuana e che è titolare, insieme alla figlia vice sindaca e all’altra figlia Candida, del bar Giacobone ,che ancora oggi, anche per effetto di un’indecente autorizzazione concessa dal Suap continua a violare il codice della strada l’ormai celeberrimo articolo 20 comma 3 numero 3 ingombrando fino all’ultimo centimetro i marciapiedi che si trovano di fronte al locale con tavoli sedie e arredi vari per non parlare di quei fili elettrici volanti che solo grazie all’intervento di questo giornale sono stati rimossi o di qualche filo sotterraneo mai seriamente indagato da chi avrebbe avuto il dovere di farlo; non ci stupisce che Mario Zenga sia una sorta di nipote acquisito del compagno di Tania Giacobone, altra sorella della vice sindaca, quell’ Emilio, che in un video da noi pubblicato circa un anno fa, (CLICCA LEGGI E VEDI) rimasto incredibilmente lettera morta, riceve un mazzo di banconote, contanti e sonanti, dal famoso inquilino della casa di proprietà della società di Carmine Zenga e di Marisa Giacobone quella implicata nella vicenda, peraltro sollevata da un articolo pubblicato da un altro giornale e non da noi, che ha visto protagonista la moglie di quell’inquilino la quale ha fatto capire chiaramente di aver subito delle intimidazioni dalla famiglia Zenga nel momento in cui ha chiesto di ricevere un contratto di locazione che le sarebbe servito per provare ad accedere a dei sussidi.
Potremmo continuare per ore con questa cantilena identificativa, ma il problema, come abbiamo scritto più volte, non è rappresentato da quello che la famiglia Giacobone-Buglione-Zenga fa, in quanto ciò è quello che la famiglia Giacobone-Buglione-Zenga è oggi e sarà sempre. Si tratta di azioni speculari alla loro mentalità perché fatti come quelli che noi abbiamo documentato appartengono alla loro cultura, a modelli che sanciscono la prevalenza di un’idea, di un concetto, di una persona su un’altra idea, su un altro concetto, su un’altra persona in base al discrimine della violenza fisica, morale, in base al primato della prevaricazione. Sostanzialmente la declinazione, la quintessenza dell’inciviltà.
Leggete cosa scrive questo ragazzo. Nella sua testa c’è un cervello che lo porta a ritenere che il successo o l’insuccesso nella vita saranno legati alla capacità di essere più furbo, più scaltro, più abile nel tirare pugni o calci, di pestare, di “sgommare a sangue” quelli che gli daranno noia.
Sindaco Villani lei è andato sul palco durante la campagna elettorale affermando che la sua amministrazione, il suo avvento alla carica di sindaco avrebbe segnato la fine di un meccanismo che, sosteneva lei, aveva portato la camorra all’interno delle stanze del Comune. Qualora lei lo dovesse smentire le possiamo rinfrescare la memoria pubblicando il video di quel suo comizio. Lei, Villani, si riferiva alla vicenda giudiziaria riguardante uno dei suoi predecessori, Carmine Antropoli, coinvolto in indagini che lo avevano addirittura portato a dover rispondere in tribunale di reati tradottisi anche, secondo la prospettazione dei pubblici ministeri, in favori elargiti al clan dei casalesi. Una doverosa espressione di onestà intellettuale, che lei evidentemente non ha, avrebbe dovuto indurla, proprio per rispettare la fascia che indossa e che indossa anche perché ha detto ai capuani che Fernando Brogna sarebbe stato il continuatore di Carmine Antropoli, (e della camorra in comune) di chiedere scusa, ma non perché ha menzionato quelle indagini, ma perché avrebbe dovuto dire ai suoi concittadini che si trattava solo di processi di primo grado e non terminati. Siccome, invece, dalla sua cattedra di cartone, lei si è eretto a tribunale, a Corte di Appello e Corte di Cassazione ora è normale, anzi doveroso, dirle essendo stato Carmine Antropoli assolto con formule pienissime per non aver commesso i fatti che lei Villani era in malafede allora e lo è anche oggi.
Le legge queste frasi di Mario Zenga? Sono più di due anni che noi sosteniamo che il sindaco di Capua è l’artefice di una deriva criminogena della città. Noi non quelereremo, come sarebbe, invece, naturale fare, questo imbecille, questo scemo, perché francamente non ci va di perdere tempo e non abbiamo nessuna intenzione di dare ulteriore importanza alle sue farneticazioni che sono frutto di un’educazione che non ha, sono frutto di un brodo di coltura a cui lei, Villani, ha consegnato le chiavi della città. Ci vorrebbe qualcuno, oggi, in grado di dirle da un palco che se la camorra, come hanno dimostrato sentenze ormai definitive non era presente nel Comune di Capua, lei al contrario, ce la sta portando in quanto le guasconerie, della Giacobone degli Zenga, le minacce del loro figliolo si ricollegano a quella cultura. Lei, Villani e i capuani dovrebbero ringraziare questo giornale che ha rappresentato un argine al dilagare di una prassi esistenziale, riducendo il livello di contaminazione delle istituzioni cittadine ad opera di questa, che è quella dell’imbroglio, della violenza, delle minacce, dei pugni, degli strascini. Lei sta distruggendo moralmente questa città. Non siamo epigoni di Emile Zolà ma io quale direttore di CasertaCe, l’accuso politicamente, culturalmente, moralmente di trascinare la storia di Capua in un vero e proprio merdaio. E rifletta su quello che abbiamo scritto all’inizio estrapolando una delle frasi che il giovane Zenga ha scritto nei suoi messaggi di minaccia.