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Carabiniere ucciso. Dopo 35 anni, delitto senza colpevoli. Tutti assolti

23 Giugno 2022 - 09:00

CASERTA – Dopo poco piu’ di un’ora di camera di consiglio la Corte d’Assise di Ravenna ha assolto con formula piena “per non avere commesso il fatto”, i tre imputati per il sequestro, l’omicidio e l’occultamento di cadavere di Pier Paolo Minguzzi, il 21enne carabiniere di leva a Bosco Mesola (Ferrara) sequestrato la notte tra il 20 e il 21 aprile del 1987 mentre rincasava ad Alfonsine, nel Ravennate, per raggiungere i suoi familiari, noti imprenditori del settore ortofrutticolo. Il presidente della Corte Michele Leoni ha fissato in 90 giorni il termine per il deposito delle motivazioni di quello che e’ considerato uno dei cold case piu’ antichi d’Italia. Alla sbarra, due ex carabinieri al tempo in servizio proprio alla caserma di Alfonsine: il 58enne Angelo del Dotto di Ascoli Piceno e il 57enne Orazio Tasca, originari di Gela (Caltanissetta) e oggi residente a Pavia. E l’idraulico del paese: il 66enne Alfredo Tarroni. Per tutti e tre il Pm Marilu’ Gattelli, che nel 2018 aveva riaperto il caso dopo l’iniziale archiviazione, aveva chiesto l’ergastolo. I due imputati presenti in aula – Del Dotto e Tarroni – hanno preferito non commentare. Lo stesso hanno fatto i familiari della vittima pur facendo trasparire un certo disappunto. Il Pm ha detto che attendera’ di leggere le motivazioni. Le difese (avvocati Gianluca Silenzi, Luca Orsini e Andrea Maestri) si sono dette soddisfatte dell’esito del processo. Durante le arringhe tenutesi in mattinata, avevano chiesto proprio l’assoluzione piena lamentando mancanza di indizi e indagini a senso unico e sottolineando come la perizia fonica disposta dalla Corte avesse scagionato Tasca dal ruolo di telefonista. Tra le altre cose, e’ stato adombrato il dubbio che il sequestro fosse stato pianificato da assassini tutt’ora ignoti e forse in odore di mafia non a scopo estorsivo ma ritorsivo. Minguzzi, sequestrato durante una licenza subito dopo avere riaccompagnato l’allora fidanzata, secondo il medico legale era stato ucciso quasi subito: soffocato in seguito all’incaprettamento a una pesante grata di metallo sradicata da un casolare abbandonato di Vaccolino, nel Ferrarese. Quindi il corpo era stato gettato nel Po di Volano da dove il primo maggio successivo era riaffiorato in localita’ Ca’ Rossa: in tutto quel periodo i sequestratori avevano lo stesso continuato a chiedere alla famiglia un riscatto da 300 milioni di lire. In passato i tre imputati erano stati condannati, con pene gia’ espiate, per la tentata estorsione a un altro imprenditore ortofrutticolo di Alfonsine sempre da 300 milioni di lire nell’ambito della quale, durante un appostamento, la notte del 13 luglio 1987 fu ucciso il carabiniere 23enne Sebastiano Vetrano originario della provincia di Caserta e in servizio a Ravenna.