CASERTA. Manco fosse un tombino scassato: domani il consiglio comunale approva lo Statuto della Fondazione per il Belvedere e nessuno in città ne sapeva nulla

15 Giugno 2020 - 18:22

CASERTA – Cosa sono, per la città di Caserta, la Reggia e il Belvedere? Sulla carta, tutto o quasi. Sulla carta, però. La Reggia esprime, nella sua magnificenza fine a se stessa, l’inconsistenza di chi opera in quelle che dovrebbero essere le stanze della rappresentanza cittadina.

Se vai a parlare, però, con “loro”, cioè con quelli del ricottificio in servizio permanente, cioè con Carlo Marino, i suoi assessori, quel coacervo informe di gente senza dignità politica che occupa da decenni i banchi del consiglio comunale, ti propineranno la scusa che hanno sempre pronta: purtroppo, sulla Reggia il Comune non può esercitare la sua potestà, trattandosi di un monumento di proprietà dello Stato e gestito direttamente da questo.

Ovviamente si tratta di un alibi, perché un Comune attivo nell’elaborazione di idee e strategie legate al massimo monumento vanvitelliano metterebbe in immediata difficoltà le Sovrintendenze museali, che non avrebbero alcuna possibilità di resistere alle sollecitazioni di un Comune in grado di presentare il conto, un giorno sì e l’altro pure, di quell’inefficienza e di quell’immobilismo gestionale.

Ma se per la Reggia esiste il pretesto, l’alibi, ciò non accade per il Belvedere, altro grande monumento borbonico, stavolta di proprietà diretta del Comune di Caserta, che ha pensato bene di gestirlo per anni e anni con il “sovrintendente onorario” Agostino Tenga.

All’ordine del giorno del consiglio comunale di domani c’è l’approvazione dello statuto che rappresenterà il riferimento normativo di una fondazione che lavorerà alla promozione del Belvedere, o meglio, lavorerebbe, perché qui da noi un’idea che di per sé non può essere criticata a priori, merita, per il vissuto di questa gente, la straordinaria anomalia di un pregiudizio di non innocenza.

Stavolta, non possiamo non dar ragione (e noi di tutto possiamo essere tacciati fuorché di esser stati dei supporters di Pio Del Gaudio ai tempi della sua sindacatura) all’ex primo cittadino, il quale, in uno dei suoi post, che profluviano nel suo fertilissimo profilo Facebook, ha parlato di “UN’ENTITA’ di cui NESSUNO SA NULLA” che andrà a governare le sorti del nostro gioiello.

Noi abbiamo superato da tempo l’età dell’innocenza e non daremo certo il vantaggio “a questi qua” di contestare lo strumento della fondazione in quanto tale.

E nemmeno c’è da indignarsi più di tanto, agitando pensieri disordinati e perdendo l’occasione di esprimerne uno molto razionale: l’essere arrivati alla conoscenza della nascita di una fondazione per il Belvedere di San Leucio poche ore prima della sua costituzione (perché ciò significa che tutto è stato già fatto) la dice lunga sulla modalità, su come questi qua considerano la storia, la bellezza, l’architettura, il retaggio.

Se il Belvedere, lo diciamo ancora una volta, agli occhi di questi qua, fosse visto e avvertito come un simbolo identitario di cui andare fieri, all’approvazione di uno statuto si sarebbe arrivati dopo aver coinvolto la città, magari quella pigramente presente solo nei social e attraverso questi, in un confronto di consultazione democratica in cui il titolare della potestà amministrativa, lungi da noi l’idea di contestare la legittimità che ha a decidere, si sarebbe potuto arricchire di idee, di consensi ma anche di dissensi, per arrivare, uno straccio di volta, ad una decisione qualitativamente evoluta in quanto ampiamente partecipata e dunque politicamente inattaccabile. Perché esistono dei momenti in cui la democrazia diretta diventa un fatto irrinunciabile.

Qui non si tratta di riparare un tombino, ma di costituire una fondazione, dunque uno strumento pesante e impegnativo, per sostenere l’attività del secondo monumento, per ordine di importanza, della città di Caserta.