CASERTA. Si sa da anni che la famiglia Dresia, quella dei parcheggi, è imparentata con i Mazzara, elementi di spicco del clan dei Casalesi. Un pensiero facile facile su Carlo Marino

23 Settembre 2024 - 17:15

Il gruppo originario di Cesa è stato sempre ritenuto affidabile dal super boss Francesco Schiavone Sandokan. Potrebbero aver avuto interessi, un peso sulla Pollio e sull’altro parcheggio, quello sottostante al monumento ai Caduti?

CASERTA (gianluigi guarino) – Il nome della famiglia Mazzara non è roba da poco. Si tratta di un gruppo tra i più attivi e tra più antichi nello svolgere la funzione di capizona del clan dei Casalesi con la delega diretta di Francesco Schiavone Sandokan e di chi successivamente al suo arresto lo ha sostituito, ossia suo cugino Francesco Schiavone Cicciariello, Nicola Panaro e il figlio del super boss, Nicola Schiavone.

Chi vi scrive, sin dai tempi in cui dirigeva il Corriere di Caserta ha portato avanti, anche oltre le prospettazioni giudiziarie, la teoria del federalismo camorrista.

In principio, Sandokan nominò dei veri e propri vicerè.

Per alcuni territori più fuori mano, più lontani dalle aree nodali dove operavano i principali centri di comando, non si fidò neppure della delinquenza locale, ossia di persone che lui conosceva anche, a cui riconosceva una cifra criminale, ma non al punto da fidarsi ciecamente.

E allora, un caso per tutti, quello di Salvatore Papa che dalla natìa Villa di Briano fu inviato a Sparanise per insediarsi in quella parte dell’agro Caleno, come un vero e proprio vicerè, per l’appunto.

I Mazzara ebbero e sono sempre stati considerati molto affidabili agli occhi di quella che veniva chiamata, per figura retorica, Casal di Principe, intesa come centro di controllo.

Insomma, esistevano dei camorristi non connessi alle famiglie fondative, ossia degli Schiavone, dei Bidognetti, a quelle di Michele Zagaria e Antonio Iovine, per non parlare di personaggi precedenti, che in questa sorta di feudalesimo che definire federale non è un ossimoro, venivano subito dopo i capi e dai capi venivano ascoltati e rispettati.

Tra questi c’erano i Mazzara. Da anni si parla della loro presenza nel business dei parcheggi nella città di Caserta. Ma se una famiglia di Cesa arriva a Caserta, ossia in un territorio che tutto sommato il clan dei Casalesi ha sfruttato soprattutto tramite i colletti bianchi e non utilizzando uomini della propria “guardia reale”, ciò può accadere solo perché c’è stato un evento, un meccanismo di affiliazione familiare più o meno casuale.

Ora, di per sé può significare nulla, ma può significare anche molto, il fatto incontestabile che Biagio Dresia, ossia colui che perse la vita in un incidente sul lavoro all’interno del cimitero di Caserta, sia stato, finché era in vita, il cognato di Giuseppina Mazzara, sorella dei boss Nicola Mazzara e Giovanni Mazzara – perché di boss si tratta e non semplici ras di servizio dei Casalesi – egemoni a Cesa e anche in altri territori e certo non sparagnini quando si è trattato di usare pistole e kalashinkov.

L’attività più che ventennale dei Dresia nel settore dei parcheggi, accompagnata dalla complessità di queste parentele, dalla complessità di un rapporto difficile com’è quello di Angelina Dresia con suo figlio Luigi Belvedere, latitante da tempo e al vertice di un’organizzazione che aveva acquisito larga parte del controllo del traffico degli stupefacenti nella città capoluogo, non può garantire a prescindere una protezione di impermeabilità di questa famiglia rispetto a meccanismi criminali.

Sarà compito della commissione d’accesso stabilire se i Mazzara abbiano svolto un ruolo nella gestione dei parcheggi a Caserta.

Mettiamo che questo sia successo, come farebbe Carlo Marino a negare di essere stato il tutor degli interessi che questa famiglia ha sviluppato nell’area della Caserma Pollio, letteralmente regalata dal comune attraverso convenzioni divenute solo carta straccia, visto e considerato che i Dresia non le hanno rispettate mai, nemmeno per una sillaba, visto e considerato che i Dresia hanno fatto fuori un’impresa dietro l’altra, liquidandola e mettendosi a riparo dai debiti, soprattutto quelli contratti con il comune, salvo ottenere sempre, con un’azienda ex novo costruita per la bisogna, il rinnovo della gestione dell’area della Caserma Pollio, che per vent’anni è stata anche la zona di ingresso per la Reggia di Caserta, ossia il parcheggio migliore e di maggiore appeal della città. Ma anche nel parcheggio IV Novembre, dove la gestione è nelle mani della Arkè Lab 3.0 Service S.r.l., società di Adelina Dresia.

E mettiamo per assurdo, utilizzando il sistema con cui i matematici mostrano i propri teoremi, che Marino non sappia nulla dei Dresia, non abbia mai avuto a che fare, che Gaetano Scarpato, compagnia di Adelina Dresia, sorella di Angelina, anch’ella imparentata grazie al padre con i Mazzara, non si sia candidato una lista civica a supporto del sindaco alle elezioni 2016 e subendo l’incendio doloso della sua auto il giorno dopo l’esito di quella consultazione elettorale.

Altro che assurdo, qui dobbiamo mettere per assurdissimo che questo non sia, ma un eventuale scioglimento per infiltrazione camorristica significa quel che significa.

Lo scioglimento avviene se la commissione d’accesso, voluta dal ministero degli Interni che nel comune, nei suoi ingranaggi si sia registrata la presenza di soggetti collegati alla camorra o che ne hanno fatto gli interessi. Si tratta di un atto – lo scioglimento – con cui sempre il ministero degli Interni si prefigge l’obiettivo, da realizzare attraverso una commissione straordinaria che lo stesso dicastero manda, di eliminare, ripulire gli ingranaggi amministrativi in un anno e mezzo, massimo due.

Tutto questo prescinde assolutamente da possibili procedimenti e indagini giudiziarie. Il diritto penale è tutt’altra roba.

Gli interessi del clan rappresentano una variabile indipendente, che c’è oppure non c’è. Il fatto che un sindaco, un assessore, un dirigente, un funzionario possa essere stato o non stato avvicinato da elementi della criminalità o anche solo condizionato, si rappresenta, invece, come un fattore complementare, non decisivo.

E’ la 50esima volta che lo spieghiamo, ma riteniamo di doverci preparare già oggi per la spiegazione numero 51.