COVID. Caos scuole a Caserta. Che fenomeno la preside della Dante Alighieri, Sassi. L’eversiva ordinanza di un delirante De Luca e ora Draghi….

9 Gennaio 2022 - 18:28

In calce all’articolo la comunicazione della dirigente che chiude la sua scuola senza prevedere neppure la Dad e descrivendo un quadro normativo che la dovrebbe obbligare a chiedere cosa fare al governo da cui dipende, porgendo una domanda semplice semplice al Provveditore regionale e a quello provinciale

 

CASERTA (g.g.) – Vedete, poi dicono che siamo sempre noi di Casertace a creare i casi.

Ma chi glielo ha fatto fare a Tania Sassi, dirigente scolastica della Dante Alighieri di Caserta che ospita bambini dell’infanzia, della primaria, ex elementari e della secondaria di primo grado, ex media, di scrivere, di mettere nero su bianco una sua nota la quale, più che a una disposizione di servizio, somiglia a un’opera di Eugen Jonesco o di Samuel Beckett, creatori del teatro dell’assurdo. Se non andiamo errati, la preside Sassi ha una chioma fluente e dunque non è sicuramente la “Cantatrice calva”, mentre si può dire che, essendo la sua nota un contributo al caos che impera nelle scuole campane, è assolutamente doveroso cancellarla dalla scena, continuando ad aspettare beckettianamente un Godot del buon senso, del senso collettivo e comunitario di un Paese di scemi.

Se la dirigente Sassi si fosse mossa alla chetichella, provando a galleggiare sull’ennesima follia eversiva del governatore De Luca, avrebbe sicuramente evitato la stesura e la pubblicazione di quest’articolo.

Ma ha voluto mettere penna su carta e dunque diventa atto dovuto, tale è, almeno per chi, come noi, ritiene quella di un dirigente scolastico dello Stato, una carica di grande importanza, posta al servizio del popolo dei cittadini e del popolo delle famiglie, formulare delle valutazioni su un documento nel quale la dirigente Sassi non impegna solo la sua anagrafe genetica e personale, ma anche, anzi, anche e soprattutto, la sua veste di rappresentante dello Stato, del governo, in nome e per conto del quale parla e, in questo caso, scrive.

Quando abbiamo cominciato a leggere questa sorta di circolare – avviso, abbiamo pensato: oh, vuoi vedere che Tania Sassi ci stupisce con effetti speciali e in un colpo solo, si riscatta per tutte le cose, non certo irreprensibili, combinate soprattutto al tempo in cui guidava la De Amicis? Il preambolo è, infatti, incoraggiante, promettente.

Nella sua comunicazione, informa subito che c’è stato un decreto legge del governo, il 111 del 6 agosto 2021, assurto poi al rango solenne di legge dello Stato, la 133 del 24 settembre 2021, dopo la conversione da parte dei due rami del Parlamento, il quale sembrava aver messo la parola fine alle puntate della stucchevole sit-com “Don Vicienz’ show“, andata in scena durante le imbelli esperienze di governo di Giuseppe Conte (non ci siamo fatti mancare proprio nulla nei quasi 161 anni di storia di questo Paese, nemmeno il professore universitario che vince il concorso a Santa Maria portandosi dietro in commissione il suo “capo studio”) ha messo un punto fermo, tracciando una linea di demarcazione su quello che i livelli della democrazia devoluta dalla Costituzione alle autonomie locali in tema di potestà sulla esplicazione dell’offerta didattica agli studenti della Nazione.

Quel decreto del governo e, in maniera ancora più importante e dirimente, quella legge del Parlamento, massima espressione della democrazia d’Italia, definita, non pensiamo a caso, una Repubblica parlamentare, dice con chiarezza che tutto quello che tocca al governo la competenza sull’organizzazione delle lezioni, della didattica, unico strumento per garantire il diritto allo studio, altra architrave della nostra Costituzione.

Gli tocca nei tempi normali e gli tocca in tempo di pandemia. Ma esecutivo e parlamento non negano la possibilità alle Regioni, alle Province autonome e ai Comuni di utilizzare la loro indubbia possibilità di avere una lettura di prossimità, un angolo visuale nitido, un osservatorio privilegiato sull’emergenza, in modo da intervenire urgentemente e velocemente.

Ma lo possono fare, su questo la legge 133/21 è perentoria, solo se la propria Regione o il proprio Comune sono stati dichiarati zone rosse. Rosse e dunque, né arancioni, né gialle né tantomeno bianche. Oggi la Campania è zona bianca nonostante la narrazione ormai delirante del suo presidente e le drammatizzazioni teatrali di certi medici e di certe associazioni dei camici bianchi, affamate di visibilità, dopo aver visto i virologi di grido diventare delle vere e proprie star televisive.

Perfetta, dunque, la prima parte del narrato della dirigente Sassi. Il finale al contrario è inquietante: siccome De Luca ha firmato l’ordinanza, così scrive in sostanza la preside, la Dante Alighieri resta chiusa.

Era molto meglio che non scrivesse nulla, magari informando le famiglie sulla giornata di domani, come abbiamo scritto prima, alla cetichella, senza dare troppo nell’occhio, attendendo che il Tar della Campania si pronunciasse poi di qui a massimo 48 ore sulla raffica di ricorsi presentati contro l’ordinanza di De Luca. E soprattutto attendendo le decisioni del governo il quale domani dovrebbe fare sapere se si sputtanerà, così come ha fatto l’ultimo di Giuseppe Conte, piegato e alla totale mercé dei capricci psicotici del governatore (l’attributo riguarda i capricci e non chi li fa), o se, come ha fatto filtrare subito Palazzo Chigi, Draghi impugnerà l’ordinanza davanti alla Corte Costituzionale, così come doveva accadere con tutte le cervellotiche invasioni di campo con le quali De Luca, a partire dal marzo 2020, si è messo letteralmente la Costituzione sotto ai piedi, credendo evidentemente di essere il re di tutto, anzi imperatore, titolare e custode in sincrono del potere legislativo, del potere esecutivo e del potere giudiziario.

La dirigente Tania Sassi, per come ha impostato la questione nella sua nota, avrebbe dovuto contattare gli uffici scolastici provinciale e regionale pretendendo, dico pretendendo, da dipendente dello Stato e non della Regione Campania, che fosse il governo, attraverso i suoi Provveditorati, a darle una direttiva sul da farsi.

Altri commenti non ne facciamo, ma l’Italia e il Sud specialmente, sono ridotti così perché le loro governance, di cui i presidi dovrebbero essere autentiche punte avanzate, non ricoprirebbero, in un altro Paese, nemmeno l’incarico di bidello, con rispetto parlando per questa nobile e valorosa categoria di lavoratori.

 

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