ESCLUSIVA. La clamorosa confessione di Mimì Mazzacane sull’omicidio della sua amante. Tutte le possibilità relative al corpo non ancora trovate

14 Febbraio 2019 - 21:27

MARCIANISE (Tina Palomba) Ci sono voluti due anni e mezzo per far dire la verità a Domenico Belforte sul delitto della sua ex amante Angela Gentile.

“E’ vero è vero sono stato io”. Ha dichiarato il boss questa mattina in videoconferenza, dinanzi al gup Di Palma del tribunale di Napoli, dal carcere di Sassari.

Si ha la sensazione che questo omicidio non sia stato come tutti quelli che Domenico Belforte ha compiuto, nel senso che stavolta il boss ha raccontato una verità che forse qualche rimorso o qualche insonnia notturna gli ha creato per il particolare rapporto personale che aveva con la vittima.

A quasi trent’anni dalla sparizione di questa donna, il cui corpo non è mai stato ritrovato, solo nel 2016 gli uomini della Squadra coordinati dal pm della Dda Luigi Landolfi hanno riaperto questo misterioso caso giudiziario che si intreccia in modo profondo negli affari privati del clan dei Mazzacane e ciò, grazie alla caparbietà di certi magistrati, investigatori e questa volta aggiungiamo anche di alcuni giornalisti che non hanno mai mollato questa incredibile storia per far emergere la verità.

Stamattina, giorno di San Valentino, il boss Mimì Mazzacane, difeso dall’avvocato Massimo Trigari, ha confermato quanto detto dinanzi al pm Landolfi, lo scorso 17 gennaio, cioè di aver ucciso Angela per errore e di averne gettato il cadavere nei Regi Lagni.

Il racconto di Mimì Belforte non ha convinto, pienamente, il pubblico ministero Luigi Landolfi, il quale lo ha anche fatto capire questa mattina durante un suo intervento .

Gli uomini della squadra mobile lo scorso mese di gennaio hanno utilizzato persino i sommozzatori della polizia a cercare il corpo della Gentile in quei vecchi canali sotterrati da terre e rifiuti dei Regi Lagni al confine tra Marcianise e Succivo.

Il cadavere non è stato trovato e neppure tracce dello stesso ma va considerato, però, il tempo trascorso, circa venti anni, e il luogo certo non è molto adatto per la conservazione dei corpi

Se questo è vero, lo è anche, però, un dato che emerge dai verbali dell’indagine, che quella zona fu interessata, proprio in quel periodo, da lavori per la presenza di alcune vasche, per cui, si è portato a pensare che trattandosi di un’area molto frequentata e utilizzata da mezzi meccanici, difficilmente sarebbe sfuggita la presenza di un cadavere

Va anche notato che dall’ analisi degli usi e dei costumi criminali dei Belforte non risulta mai una modalità come quella raccontata dal boss con una persona morta ammazzata e abbandonata in acqua.

Non mancano comunque, nella storia di questo clan casi di Lupara bianca. Per citarne qualcuna, i corpi dei coniugi Petruolo, Spina e tanti altri non sono mai stati fatti ritrovare.

La clamorosa svolta di oggi rappresenta, sicuramente un grosso traguardo per la Procura di Napoli

Va compreso, a questo punto, se la confessione di Domenico Belforte sia o meno genuina oppure se è connessa alla volontà di salvare l’onore e  allontanare le pesanti accuse mosse anche a carico della moglie Maria Buttone incriminata pure lei in questo fascicolo.

Sicuramente, un dolore intenso starà vivendo Gianna Filomena, figlia della vittima e di Mimì Belforte, adottata dalla famiglia del boss subit dopo la scomparsa di sua madre.