I BIGNE’ IMBOTTITI con le banconote di MICHELE ZAGARIA. “Zi Totonno”, i summit in pasticceria e Giuseppe Santoro…

20 Aprile 2019 - 10:55

CASAPESENNA – Nei cassetti della dda c’erano da tempo, da anni, dichiarazioni di collaboratori di giustizia molto compromettenti sull’attività e sui rapporti tra il pasticciere Giuseppe Santoro, colpito da ordinanza di custodia cautelare, un paio di settimane fa, e il clan dei casalesi che a Casapesenna ha significato, dal 1996, data dell’arresto di Vincenzo Zagaria, solo e solamente Michele Zagaria.

In principio, fu “Zi’ Totonno“, al secolo Antonio Santoro, capostipite e fondatore della pasticceria che forse già al tempo si chiamava Butterfly, in quel di Casapesenna. Antonio Santoro era equidistante tra Vincenzo e Michele Zagaria, ma il pentito Massimiliano Caterino spiega che loro del gruppo di Michele Zagaria lo ritenevano più vicino a Vincenzo. La prova del 9 avvenne nel 1996. Fu Michele Zagaria a volerla realizzare. Caterino gli portò 30 milioni di lire di assegni da cambiare, e Zi Totonno si mise a disposizione, passando definitivamente dalla parte di Michele Zagaria.

La storica pasticceria di Antonio Santoro visse un momento di crisi profonda agli inizi degli anni 2000. Quando sembrava tutto finito e soprattutto quando i figli di Antonio Santoro, cioè Giuseppe Santoro, Nicola e Bartolomeo detto “Martumeo”, parevano aver preso altre strade, a partire dall’edilizia che a Giuseppe Santoro piaceva più delle sfogliatelle e dei babà, il quadro si ribaltò.

In uno dei soggiorni carcerari di Massimiliano Caterino, maturò, invece, un cambiamento radicale. O mastrone seppe in carcere che proprio Giuseppe e Nicola Santoro, cioè i figli di Zi Totonno avevano rilevato la pasticceria e si erano anche ripresi, facendo partire quel sistema di vendita di grandi quantità a prezzi stracciati, di cui già abbiamo scritto nell’articolo di ieri (LEGGI QUI).

Caterino non sa con precisione se Michele Zagaria abbia scucito quattrini e abbia finanziato i nuovi investimenti dei Santoro che in poco tempo aprirono un altro locale, sempre a Casapesenna, in via Isola. Lo deduce, però, dalle parole di Pasquale e Antonio Zagaria, fratelli del boss, i quali gli dissero che Giuseppe Santoro rimaneva a completa disposizione del clan, come lo era stato il padre. Lì si potevano cambiare gli assegni tranquillamente.

Certo è che con la ripresa economica dell’attività sembrò crescere anche il grado di riconoscenza che Santoro aveva nei confronti di Michele Zagaria. Questo fa pensare ad una disponibilità materialmente del boss nel momento della difficoltà, susseguente agli ultimi anni di gestione di Zi Totonno, iniziatore e come abbiamo scritto prima, capostipite, di una famiglia che negli anni 90, si era resa anche disponibile per ospitare la latitanza di Michele Zagaria.

Ma a dimostrazione di una contiguità che si trasformava in intraneità, c’era un fatto un fatto clamorosamente evidente: nella vecchia pasticceria di famiglia si svolgevano quasi tutti i summit di camorra degli uomini di Zagaria. Precisamente nel laboratorio o nel deposito, si riunivano Carlo Bianco, Filippo Capaldo, nipote di Zagaria ed erede designato, Giovanni e Giuseppe Garofalo, onnipresenti, Michele Barone e Michele Fontana.

In qualche occasione, i Garofalo avrebbero voluto organizzare gli incontri in un circolo collegato alla nuova pasticceria di via Isola. Ma Massimiliano Caterino si era sempre opposto perchè sospettava che lì ci fossero le cimici delle forze dell’ordine. Al contrario, nel laboratorio e nel deposito della prima sede della pasticceria Butterfly, era convinto che nessun orecchio indiscreto, in carne ed ossa o elettronico, potesse ascoltare.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI MASSIMILIANO CATERINO