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I bottini della CAMORRA. Il Riesame dissequestra i beni di Nicola Schiavone o munaciell, re degli appalti di RFI. Era prevedibile in un’indagine della quale abbiamo capito molto poco e speriamo solo per nostra ignoranza

24 Giugno 2022 - 12:48

Ci aveva sorpreso invece la conferma degli arresti domiciliari, operata sempre dal Riesame, riunito nell’occasione per ridiscutere le misure cautelari personali. I 3 anni che hanno separato il momento delle perquisizioni, di cui solo questo giornale scrisse a suo tempo, delle case del “magnate” di Casal di Principe e di suo fratello e quello degli arresti, avvenuti lo scorso 3 maggio, è secondo noi un fatto stranissimo perchè mette in relazione 3 fattori cioè la perquisizione, il tempo trascorso e gli arresti, che non convincono affatto. Perchè, infine, a nostro avviso, l’assunzione da parte dell’ex sottosegretario ai trasporti e deputato Pd Umberto Del Basso De Caro, è inopportuna

 

CASAL DI PRINCIPE – (Gianluigi Guarino) CasertaCe è l’unico giornale che ha seguito sin dall’inizio l’indagine su nicola schiavone senior, sugli appalti delle aziende a lui collegate con rete ferroviaria italiana. Per cui,  abbiamo fondati motivi per affermare di poterne parlare con cognizione di causa. Noi non facciamo nomi per quanto riguarda l’azione penale, però vi diciamo subito che abbiamo accolto con una certa sorpresa, l’esito del primo Riesame che ha confermato gli arresti domiciliari per Nicola Schiavone senior e per il fratello Vincenzo.

Sorpresi perchè guardando nel tempo a come evolveva l’indagine, avevamo, come si dice, ben capito l’antifona. In un’inchiesta come questa, in un lavoro investigativo di tale complessità e di tale delicatezza, non c’è sembrata una grande idea quella di far passare tre anni e più tra il momento in cui si è deciso in pratica di far sapere all’indagato principale, cioè a Nicola Schiavone del 54, tutto dell’indagine a cui era sottoposto, mandando i carabinieri a perquisire le sue abitazioni di Casal di Principe e di Roma, e il momento in cui il combinato non si sa fino a che punto disposto tra Procura della Repubblica di Napoli, al tempo diretta da Giovanni

Melillo, oggi promosso alla guida della direzione nazionale antimafia, e il tribunale partenopeo, ha prodotto l’ordinanza dei 36 arresti, con altri 30 indagati rimasti a piede libero.

Per come si svolti i fatti dell’indagine, noi eravamo convinti che quelle perquisizioni e anche tutto il resto di questa complessa attività, non avesse trovato quegli elementi giusti per costituire i gravi indizi di colpevolezza da proporre all’attenzione di un gip.

La mattina in cui si sono consumati gli arresti, abbiamo commentato la cosa nel seguente modo: “Azz!”

Azz, ma non solo: parlando tra di noi in redazione, ma  anche con qualche avvocato, abbiamo concordato nel prevedere una demolizione dell’ordinanza già in sede di riesame. Magari non sui gravi indizi di colpevolezza, ma sui motivi cautelari certamente sì. Abbiamo saputo, sempre contemporaneamente all’emissione dell’ordinanza, che Nicola Schiavone senior avrebbe chiesto più volte nel corso di questi tre anni alla Dda di Napoli di essere ascoltato, incrociando sempre un cortese diniego.

E allora, come dargli torto quando, alcune settimane fa, al cospetto dei giudici del tribunale del Riesame, ha spiegato questa circostanza che diventava ragionevole e fondata mano mano che il tempo trascorreva dal momento delle perquisizioni. Da un lato si è deciso di perquisire le case, le dimore private, gli uffici, le sedi aziendali dei fratelli Schiavone, dall’altro lato si è usato il tempo successivo in maniera eccentrica. 

I 3 anni trascorsi dal blitz dei carabinieri e dalle perquisizioni citate lasciavano, infatti, presagire una chiusura delle indagini e magari una partita che la Dda si sarebbe andata a giocare  in un’udienza filtro per ottenere il rinvio a giudizio di tutti gli indagati oppure da uno stralcio ampio, diffuso delle posizioni più importanti, degli indagati cardine. Uno stralcio, con il quale la pubblica accusa avrebbe sancito in pratica l’archiviazione dell’indagine per non essere riuscita a trovare quei gravi indizi di colpevolezza, fondamento, architrave di una richiesta di applicazione di misure cautelari della libertà personale.

E invece, sorprendentemente, si è verifica la terza ipotesi, quella largamente più inattesa per come la procura di napoli aveva gestito la relazione tra i contenuti dell’indagine, tra le modalità attuate a partire dalle citate perquisizioni e il tempo in cui questa attività si è dipanata.

Quella mattina ci sono stati 36 arresti e ai domiciliari sono finiti anche i fratelli Nicola e Vincenzo Schiavone. Difficile a quel punto nel momento in cui si era perquisita la sua casa più di tre anni prima, nel momento in cui si è detto no a più richieste formulate dall’indagato principale, cioè Nicola Schiavone detto o monaciell, di essere ascoltato dai magistrati dell’accusa, rintracciare ancora motivi cautelari in essere, visto che il gioco, a quel punto,  era ampiamente scoperto e c’era la consapevolezza di tutte le parti attive in questo gioco, del ruolo ricoperto. Una consapevolezza che apparteneva soprattutto agli indagati i quali ne erano venuti al corrente proprio per effetto di quelle perquisizioni e dunque in maniera, tutto sommato, limpidissima.

Ecco perchè ci ha stupito la conferma della misura cautelare personale nei confronti di Nicola Schiavone senior ed ecco perchè invece non ci stupisce stamattina la decisione del tribunale del Riesame sui diritti reali, di dissequestrare tutto quello, tutta la “roba” del 69enne Nicola Schiavone senior, che era finito sotto chiave con l’ordinanza di un mese fa, quello che si occupa della parte relativa ai sequestri patrimoniali.

Ciò in pieno accoglimento delle richieste formulate dagli avvocati difensori Mario Griffo, Elia Rosciano e Umberto Del Basso De Caro, nostro conterraneo che in questa storia non ci è piaciuto affatto, ma proprio per nulla. Naturalmente non parliamo assolutamente, perchè non esiste proprio, di questioni giudiziarie che lo vedono coinvolto con ruoli diversi dall’avvocato difensore. Ma di certo non è stato per nulla opportuno e resta anche oggi largamente inopportuno, che il sottosegretario con deleghe ai trasporti del periodo in cui si sviluppavano questi appalti di rete ferroviaria italiana, che da quel ministero dipende al 100%, vada oggi ad assumere l’incarico difensivo, facendolo convivere con il suo status politico, che se non lo vede più impegnato in incarichi di governo, ne identifica comunque il ruolo delicato ed importante di parlamentare della repubblica italiana, iscritto al gruppo del Pd, e di co-leader regionale dei Democrats.

Ma questa è un’altra storia che poi magari in qualche occasione potremo sviscerare ancora meglio, in modo da spiegare più compiutamente il punto di vista da noi appena esposto.

Ricapitolando, non si è capito bene quale sia stata la direzione di marcia di questa indagine, a partire dalla questione dei tre anni che hanno separato le perquisizioni dagli arresti. Un tempo normale se la procura di Napoli avesse scelto di percorrere la strada di un procedimento d’accusa, con tutti gli indagati a piede libero oppure se avesse stralciato le posizioni di quelli più importanti, mentre onestamente, facciamo fatica a capire, probabilmente per nostra ignoranza, come si possa mettere insieme la volontà di attribuire una cifra rigorosa all’attività di indagine attraverso l’emissioni di tante misure cautelari restrittive della libertà personale, con una tempistica che in pratica, ripetiamo, rende perfettamente ragionevole e indubbiamente legittima la protesta di Nicola Schiavone o munaciell nel momento in cui questi lamenta una tenuta in vita artificiale e anche un pò artificiosa di un titolo cautelare,  secondo noi, ribadiamo, fortemente depotenziato da questo lungo lasso di tempo intercorso tra le perquisizioni e il momento dell’emissione dell’ordinanza eseguita lo scorso 3 maggio.