I “FUORICLASSE” dell’auto-riciclaggio. Ecco come i tre imprenditori Diana ed Esposito facevano sparire e riciclavano, comprando case a Roma e in Toscana, i soldi degli appalti. L’ELENCO DELLE SOCIETA’

26 Gennaio 2021 - 12:07

In calce all’articolo, il primo, interessantissimo stralcio dell’ordinanza fiorentina attraverso cui spieghiamo i fondamentali di un meccanismo fondato assolutamente su tre persone che avevano costituito una organizzatissima associazione per delinquere

 

CASAPESENNA – Tre persone indiscutibilmente a capo di un’organizzazione i cui metodi avranno magari impressionato gli inquirenti della direzione distrettuale antimafia di Firenze, ma che qui da noi sono, come si suol dire, ordinaria amministrazione.

A Casapesenna, infatti, ha abitato e, purtroppo, abita ancora, la vera camorra imprenditrice, scaturita dalle specifiche attitudini e dalle specifiche abilità di Michele Zagaria e di suo fratello Pasquale Zagaria. Alta preparazione in procedure amministrative relative ad appalti pubblici, una lunga e consolidata tradizione nello smistamento degli stessi in un vero e proprio dedalo di subappalti che vedono sfumare, passaggio dopo passaggio, la primogenitura e l’imprinting degli imprenditori vicini al clan, attraverso l’uso di prestanome le cui generalità dicono poco o nulla, perchè come ha dimostrato l’ordinanza che ha colpito il cosiddetto re dei supermercati Paolo Siciliano, la holding Zagaria si è dimostrata in grado di agganciare mondi insospettabili, così com’è successo per Filippo Capaldo, nipote di Michele Zagaria che aveva nella maddalonese, pressochè sconosciuta, almeno a noi, Michela Di Nuzzo, il suo potentissimo braccio operativo travisato sotto ad un visino da educanda e di timorata di Dio.

L’organizzazione toscana era basata, fondata su tre personaggi ben definiti e ben identificati, made in Casapesenna: Raffaele Diana, Giuseppe Diana e Antonio Esposito, che, come abbiamo scritto nei giorni scorsi (CLIKKA QUI PER LEGGERE) erano ancora perfettamente inseriti nella realtà socio economica di Casapesenna, come dimostrano le fotografie che li ritraggono con l’attuale sindaco Marcello De Rosa di cui sono stati forti sostenitori politici.

La Dda di Firenze si innamora, un pò esteticamente, di una formula che da queste parti si usa di meno, codificando l’esistenza di un soggetto che definisce società segreta, cioè non costituita attraverso le leggi e le procedure dello stato, ma, al contrario, terribilmente costituita di fatto in un meccanismo consolidato di direttive legate a strategie criminali. Sotto a questa società “materiale”, formata dai tre soggetti appena elencati, si muoveva un vero e proprio ginepraio di imprese, per la maggior parte cooperative ma anche società a responsabilità limitata semplificate e un paio di srl ordinarie, attraverso cui i burattinai muovevano l’intero sistema che partendo dall’acquisizione di diversi e importanti appalti pubblici, avviava un meccanismo finalizzato a far sparire, agli occhi del fisco e agli occhi dei controlli anti riciclaggio, mettendoli anche al riparo da eventuali provvedimenti patrimoniali, tantissimi quattrini, milioni e milioni di euro.

Precisamente gli inquirenti fiorentini hanno individuato operazioni per un importo complessivo di 8 milioni 285mila 602 euro. Leggendo l’ordinanza, si comprende che i magistrati sviluppino il loro ragionamento come chi si trova di fronte ad una vicenda nuova, originale. Gli occhi nostri che invece sono allenatissimi, ormai disincantati, notano invece un meccanismo consueto. I quattrini che camminavano grazie alla conquista delle gare di appalto, cominciavano a circolare dentro al dedalo di piccole società, o cooperative o di capitali.

Queste avevano una duplice funzione: mobilitare stabilmente gli operai che nelle coop erano soci lavoratori dall’una all’altra, utilizzando invece il sistema del lavoratore distaccato quando si trattava di far operare un lavoratore socio di una cooperativa per una srl semplificata.

Ma la funzione più importante era un’altra. E qui, se lo schema stupisce un pò in Toscana, qui da noi è un caso giudiziario che si aggiunge ed è corrispondente a tanti altri molto simili, registratisi negli anni. Il clan dei casalesi ne costituisce tante di società perchè quando c’è da far sparire dall’area di controllo dello Stato somme importanti, occorre costruire una narrazione, in cui, volta per volta, ogni soggetto recita un ruolo. Per cui, c’è una società che pagava una fattura emessa da un’altra società. Ovviamente le due appartenevano al sistema creato dai due Diana e da Esposito. Ed è inutile dire che di vero in quella transazione c’erano solamente i bonifici, visto che i lavori o la prestazione erano inesistenti. Questo risulta chiaro, perchè a noi piace allegare i documenti che attestino in maniera inoppugnabile quello che scriviamo negli articoli, dalla prima parte dell’ordinanza, collocata in calce, quella relativa all’associazione per delinquere, che nella porzione finale, vedremo confluire nel discorso diretto di connessione tra gli indagati e il clan dei casalesi.

A titolo esemplificativo, ne citiamo una di queste operazioni che ovviamente si collegavano, come già scritto prima, a lavori o alla emissione di servizi in realtà mai svolti e che dunque diventavano solo uno dei passaggi, quello più delicato, del danaro in modo che questi potesse poi arrivare alla fase finale del percorso, a società più grandi, precisamente la Ostento Costruzioni srl, la Loreta Costruzioni e la Orecon srl, abilitate a compiere tutta una serie di operazioni immobiliari in provincia di Pistoia, a Lucca e nella Capitale che poi non erano altro che la quadratura del cerchio dell’auto riciclaggio, di quelle provviste costituite attraverso le transazioni false tra le piccole società cooperative, le piccole società di capitali, tutte connotate da fatturazioni per prestazioni ripetiamo inesistenti.

Dicevamo della operazione presa da esempio: La Loreta Costruzioni, società cooperativa, ha pagato un milione 665 mila 739 euro per prestazioni in subappalto o per vendita di beni e servizi, non fa molta differenza, alle seguenti società: una fattura, la più grande da 746 mila 70 euro emessa dalla Artigiani Riuniti Società cooperativa, altri 273 mila 852 euro frutto dell’emissione di fatture da parte della Appalti Italia società cooperativa, altri 570mila 497 euro per fatture emesse dalla Emiliana costruzioni società cooperativa, e 75mila 320 euro per una fattura emessa dalla D.F. Group.

Tutto il resto lo leggete dallo stralcio che pubblichiamo sotto a questo articolo.

Ovviamente vi diamo già appuntamento alle prossime puntate in cui approfondiremo i contenuti di questa ordinanza.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA