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I MARIUOLI dell’Interporto e del Comune di MARCIANISE. Il racconto, riga per riga, dei motivi per cui il sindaco Velardi e la giunta hanno compiuto, secondo il Gip, un fallo involontario

11 Settembre 2019 - 09:35

MARCIANISE (Gianluigi Guarino) – Abbiamo scelto di pubblicare questo stralcio specifico dell’ordinanza sull’Interporto e sugli affari sporchi tra il medesimo e il Comune di Marcianise, pur rendendoci conto che si tratta di una formulazione ipertecnica, forse incomprensibile per chi ha delle carenze cognitive in diritto penale, ma anche per quanto riguarda le connessioni che, attraverso il diritto amministrativo, hanno determinato le condizioni affinché il giudice potesse declinare un suo ragionamento per discriminare quelli che, a suo dire, sono i nomi e i cognomi dei cattivi dai nomi e cognomi dei meno cattivi.

Però noi non possiamo esimerci, perché si tratta dell’elemento fondamentale di questa indagine, cioè del decisivo ragionamento giuridico che ha portato all’arresto di Gennaro Spasiano e alla non applicazione della misura cautelare del divieto di dimora a carico del sindaco Antonello Velardi, così come questa era stata richiesta dai magistrati della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.

Le pagine cruciali le pubblichiamo in calce ed è perfettamente inutile, perché sarebbe tedioso per tantissimi, metterci a fare un’analisi letterale del testo.

Vi scriveremo quello che abbiamo capito noi, in base a quelle che sono le nostre cognizioni relative a questa storia, di cui cominciammo ad occuparci nel maggio 2016 e a cui abbiamo dedicato un considerevole numero di articoli.

Il punto di discrimine è rappresentato dal cosiddetto “vantaggio patrimoniale del privato” che, come si può ben capire, non è solo una formulazione giuridica ortodossa, ma anche un concetto di semplice comprensione prosaica.

In poche parole, il giudice, partendo dal presupposto che la convenzione ha prodotto vantaggi patrimoniali illegali che rappresentano una delle basi costitutive del reato di abuso d’ufficio, individua il “dolo intenzionale” solamente nel comportamento e negli atti amministrativi erogati dal dirigente Gennaro Spasiano, ovviamente concorrendo alla commissione di questo reato la parte privata che ha acquisito il vantaggio patrimoniale, cioè l’Interporto, ovvero Giuseppe Barletta, Antonio Campolattano e Nicola Berti.

Per questo motivo i quattro vengono arrestati.

Dall’altro lato, in una lunga argomentazione, il Gip Orazio Rossi, dopo aver detto tutto il male possibile sulla delibera di giunta che definisce di dubbia legittimità, dannosa, sbagliata (completamente sfasata nel momento in cui parte dal presupposto che esista un altro atto, un’altra delibera, quella del commissario Reppucci, già di per sé con valore provvedimentale, quando ciò non è assolutamente vero), arriva comunque alla conclusione che sul piano strettamente penale non si può rilevare quel dolo intenzionale che avrebbe fatto scattare i provvedimenti cautelari ai danni del sindaco Velardi e dei suoi assessori.

Dunque, il fatto che quella sia una delibera vergognosa, che il Gip critica pesantemente in quanto foriera di danni economici, non significa che la conseguenza della stessa possa essere individuata come elemento integrativo del dolo intenzionale.

E qui il ragionamento diventa ancor più ampio. Si parte da un bilanciamento degli effetti della delibera:

Sulla carta, aggiungiamo noi. Ma questo, ovviamente, è affar nostro. Roba che investe la valutazione di un giornalista o di un cittadino e non può rappresentare un elemento condizionante per un giudice, il quale isola le conseguenze dirette della delibera di giunta e dice che quelle non portano un vantaggio patrimoniale ingiusto a Barletta, ma al contrario recano un vantaggio al Comune.

Ed è proprio su questo che nei prossimi giorni, proprio seguendo la via maestra che il giudice traccia, noi viaggeremo nelle budella di questi asseriti e autocertificati vantaggi per il Comune, così come questi sono presentati nella delibera di giunta, e vi dimostreremo che, da parte del livello politico, esisteva una consapevolezza sul fatto che si trattasse di una sorta di foglia di fico, della necessaria costruzione di un bilanciamento che avrebbe riparato sindaco ed assessori dalle conseguenze, finite invece sul groppone del solo Gennaro Spasiano, il quale, attraverso i permessi a costruire frutto di quella convenzione (permessi che, fa notare il giudice, avrebbe potuto anche non firmare) crea realmente il vantaggio patrimoniale per Barletta e l’Interporto.

C’è un passaggio che va sottolineato.

Il Gip Rossi dice, rispondendo alla richiesta della Procura, che il sindaco e i componenti della giunta non sono stati intercettati, a differenza degli altri attori di questa vicenda, e che dunque anche per la Procura l’attività dell’organo esecutivo si materializza solo il giorno 31 ottobre 2017, cioè quando viene approvata la delibera 85.

E questo si ricollega al discorso che noi facevamo l’altro giorno, relativo al fatto che, purtroppo, per troppo tempo, solo noi di Casertace abbiamo creduto che tanto marcio ci fosse nell’operazione da centinaia e centinaia di milioni di euro costruita con la convenzione e grazie a consulenti che non a caso, come ha osservato il giudice e come noi abbiamo riportato nell’articolo di ieri (CLICCA QUI) sono stati sia di qua che di là, forse addirittura contemporaneamente, sul libro paga di Barletta e in stretto contatto del Comune di Marcianise.

E questo non informalmente, ma attraverso un formale incarico di consulenza. Ecco, per troppo tempo ci abbiamo creduto solo noi e quello di pregevolissimo che, sul piano dell’indagine, è stato realizzato, dal felicissimo lavoro comune tra Procura della Repubblica e Guardia di Finanza di Caserta ha potuto, giocoforza, riguardare solamente le strutture documentali, visto e considerato che per tutto il resto il presupposto, non del tutto preciso, era diverso da quello da noi formulato, e cioè che fosse il solo Spasiano ad essere il motore e l’attuatore del piano criminale.

Potremmo scrivere ancora per ore su questo passo del Gip, ma per ovvi motivi non lo facciamo, invitandovi a dedicare qualche minuto di sacrificio alla lettura lenta e concentrata delle pagine che pubblichiamo.

C’è un fatto, giornalisticamente documentato, che va associato a questo articolo. Tempo fa citammo una pubblicazione del sito “Noi Caserta”, il quale dava conto, con dovizia di particolari, di una riunione (CLICCA QUI) svoltasi nell’anno 2015 tra l’amministrazione e l’Interporto. In quel momento Antonello Velardi era solo il caporedattore centrale de “Il Mattino”.

A Marcianise non ricopriva alcun tipo di carica, né di tipo amministrativo né di tipo politico. Però quella sera salì al Comune e fu presente alla riunione. Non sappiamo a che titolo.

Embè, i giudici fanno il loro lavoro, ma pure i giornalisti hanno il diritto di farlo. Sì, ha ragione il Gip Rossi: il sindaco e quelli della giunta non sono stati mai intercettati.

E questo segna, probabilmente in maniera definitiva, l’esito politico, la conseguenza di un’indagine meravigliosamente eseguita ma in qualche modo monca, perché forse qualcuno ha ritenuto per troppo tempo che la vulgata corrente, il conformismo, un senso comune avvalorato da carriere costruite con l’humus italiano e meridionale, rappresentava una garanzia di integrità.

Non era così.

Noi lo sapevamo e lo scrivevamo in tempi non sospetti. Ora, stando alla richiesta formulata su divieto di dimora, lo sa anche la Procura. Ma perché sia fatta totalmente giustizia su questa vicenda è, probabilmente, troppo tardi. A meno che…

Ma questa è un’altra storia.