IL FOCUS. Caserta e provincia tra le zone in Italia dove si consumano più sigarette di contrabbando

20 Gennaio 2019 - 15:24

CASERTA (red.cro.) – Da sempre la fantasia dei contrabbandieri non conosce limiti: basta leggere i verbali dei sequestri per imbattersi in carichi occultati nelle intercapedini e nei doppifondi di auto e camion, in bobine di cavi elettrici e blocchi di gesso, tra le scatole di calzature, nei bracci delle gru, tra cassette di frutta e cartoni di vino e di yogurt. Un escamotage nuovo e’ quello che gli addetti ai lavori catalogano alla sigla T1, Il documento informatico con cui la dogana europea di ingresso attesta che un determinato prodotto, non commercializzabile in Europa, attraversera’ il territorio dell’Unione solo per poi raggiungere un Paese extra Ue. Il consumo e’ piu’ forte in Campania, soprattutto a Napoli, Salerno e Caserta, nella provincia di Trieste (lungo una delle rotte di ingresso), in Sicilia – a Palermo, Messina, Catania – ed anche in una provincia ‘insospettabile’ come quella di Milano.

LE MARCHE PIU’ DIFFUSE: Regina, Mark 1, Pine, Marble, Minsk, Dubao. Sono marche che ai piu’ non suggeriscono niente, ma che i consumatori di cheap white conoscono benissimo: in Italia ogni pacchetto costa in media tra i 2 e i 3 euro, praticamente la meta’ dei brand regolari, 25-30 euro per una stecca da dieci. “Un affare per le tasche, sicuramente – ammette il maggiore Sirica – ma non per la salute: in assenza di regole severe, in certi Paesi i tabacchi vengono stoccati in magazzini sporchi e umidi. E le analisi di laboratorio hanno rivelato in alcune partite la presenza di peli, di terra, persino di escrementi di topo”. Le comprano soprattutto stranieri ma anche tanti italiani. E a incidere, secondo alcuni studi, sono anche i periodi di crisi economica e i tassi di disoccupazione.

I “banchini” allineati nei vicoli di Napoli, quelli resi famosi in “Ieri, oggi e domani” da Sofia Loren-Adelina che ricorreva a maternita’ in serie per evitare il carcere, sono solo un ricordo in bianco e nero. Oggi i contrabbandieri 4.0 per vendere la loro merce sfruttano anche la vetrina virtuale del web: e per chi compra armato solo di mouse e di carta prepagata “c’e’ il rischio supplementare di incappare in vere e proprie truffe – avverte il maggiore Sirica – Noi monitoriamo con estrema attenzione i siti che offrono, in barba a ogni divieto, i vari tipi di prodotti di fumo: nei primi sei mesi del 2018 l’Agenzia delle dogane, su nostro input, ne ha inibiti 238. Ma trattandosi di siti localizzati per lo piu’ negli Usa, nel Regno Unito, in Germania, nei Paesi Bassi e in Romania, l’obiettivo e’ quello di rendere sempre piu’ efficace la collaborazione con gli altri organismi di contrasto internazionali affinche’ non ci si limiti all’oscuramento ma si risalga ai dominus dei traffici”.