Incredibile: banca CASERTANA lucra 300mila euro sul conto corrente di una nota azienda locale. Condannata dal Tribunale, ora dovrà…

28 Settembre 2021 - 11:23

CASERTA – La storia dell’ultimo decennio del nostro paese, attualizzata dall’aggravamento dell’ultimo anno e mezzo causato dall’emergenza sanitaria mondiale tuttora in corso, ci mostra come ci sia stata una grave inflessione dell’economia nazionale che ha messo in ginocchio tutti i settori, in particolar modo quello delle grandi industrie e società di servizi, costrette, di sovente, a dismettere la propria attività o a trasferirla all’estero, ossia laddove la pressione fiscale è certamente più agevole a far sì che si possa continuare con l’esercizio della propria attività lavorativa.

Si aggiunga che in questo scenario già “apocalittico” molto spesso le banche di certo non facilitano la vita alle grandi imprese anzi…tendono a porre tutta una serie di ostacoli ed ostruzionismi, reiterati nel tempo, che finiscono per mandare in default gli operatori dell’economia.

Un esempio di quanto descritto è la vicenda giudiziaria civile che ha visto protagonista una nota ed importante società del Casertano che opera da oltre quarant’anni sul territorio, con il patrocinio dell’esperto in materia bancaria avvocato Gianluca Casertano del Foro di Santa Maria Capua Vetere, nei confronti di un istituto bancario e che si è conclusa per la stessa, con un esito vittorioso in entrambi i gradi di giudizio con la recentissima sentenza della Corte d’Appello di Napoli qui sotto riportata.

La società, nel lontano 2014, aveva citato in giudizio innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la Banca per la rideterminazione del saldo del conto corrente, di cui è titolare e a mezzo del quale esercita la propria attività imprenditoriale, chiedendo di epurare il predetto rapporto da tutto quanto addebitato e/o percepito illegittimamente dall’istituto bancario nel corso degli anni (interessi ultralegali, principali e per anatocismo, addebito per spese e commissioni anche di massimo scoperto ed addebiti per interessi usurari). Il primo grado di giudizio aveva dato ragione alla società attrice riconoscendole un saldo creditore del rapporto nei confronti della banca di circa 300 mila euro!

Beh, una cifra considerevole che poteva essere restituita all’impresa nel 2018, all’indomani della sentenza, e, trattandosi di una società oltremodo capitalizzata, poteva essere ad essa utile ad aggiungere liquidità ed, in virtù della situazione economica dell’ultimi anni su descritta, evitare affanni nella gestione della propria attività e renderla immune al rischio del fallimento o di altre procedure concorsuali, da sempre spade di Damocle sulle teste delle grandi aziende.

Poteva, tempo imperfetto, perché, nella realtà dei fatti così non è stato. La Banca, nonostante le poche probabilità di accoglimento, con le sue condotte ostative e ostruzionistiche di cui si diceva, proponeva appello alla sentenza allungando i tempi di recupero delle somme per la società di altri tre anni. A questo punto allora, il legale della società appellata, l’avv. Casertano, suggeriva alla sua assistita di proporre un appello incidentale alla stessa sentenza per vedersi riconosciuta una somma maggiore di circa trentamila euro. Una strada che si è intrapresa, tuttavia, perché vista come scelta obbligata e giusta. Il pensiero iniziale, infatti, quando era stata emessa la sentenza di primo grado, era stato questo: se è pur vero che l’avv. Casertano, da esperto, aveva subito individuato un punto che sarebbe potuto essere oggetto di appello con una parziale riforma della sentenza stessa con il vantaggio di un incremento di somma, è altrettanto vero che lo stesso legale esponeva alla sua cliente tutto il contesto ossia, altre spese di giudizio e soprattutto altri anni sarebbero dovuti passare per la fine e per vedersi liquidata la somma legittima che le spettava. In poche e povere parole la scelta era fra: prendere subito una somma importante che nel bilancio di una società vuol dire tanto oppure ambire a una somma maggiore, anche se di poco, ma averla a bilancio dopo minimo tre/quattro anni? Ed era stato naturale per la nota impresa rinunciare all’appello per continuare a gestire, tra le tante difficoltà economiche, la propria attività nel miglior modo possibile.

Poi, come si diceva, la Banca decide di appellare e, sostanzialmente, di rendere le cose complicate e di allungare comunque i tempi per la conclusione della vicenda e allora, a tal punto, una delle due opzioni originarie di proporre appello per il riconoscimento di un incremento prende vita e sfocia nell’appello incidentale che, come si legge nella sentenza sotto riportata, viene accolto dalla Corte previo rigetto, invece, dell’appello principale della Banca! A nulla sono valse le contestazioni dell’istituto bancario sull’ammissibilità e sull’infondatezza dell’appello incidentale, specialmente in quanto tardivo.

La tardività dell’appello incidentale, secondo il legale della banca, risiederebbe nel fatto che la sentenza di primo grado era stata dalla società attrice notificata alla convenuta, facendo iniziare il “countdown” dei 30 giorni di tempo per la proposizione dell’impugnazione, non solo da parte della banca ma anche da parte dell’attrice notificante stessa. La Corte d’Appello di Napoli, tuttavia, ha ritenuto l’appello incidentale ammissibile e fondato, basandosi su una pronuncia della Corte di Cassazione del 2020 che ammette l’impugnazione incidentale tardiva quando l’interesse a proporla sorge soltanto dal fatto che è stata proposta quella principale.

Il riflesso, appunto, di quello che si è illustrato: se la Banca non avesse appellato la sentenza di primo grado, la società attrice nemmeno l’avrebbe appellata prestandovi acquiescenza. E sarebbe stata forse la situazione ideale, senza ostacoli e perdite di tempo, in un contesto dove le grandi e le piccole imprese rischiano ogni giorno di vedersi sgretolate dalle tante difficoltà economiche degli ultimi anni.

 

SENTENZA