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La Domenica di Don Franco: ” La pace…troppo spesso ignoriamo che essa comincia dalla riconciliazione con noi stessi”

22 Maggio 2022 - 09:41

22 maggio 2022 ✤ VI Domenica dopo Pasqua (C)

IMMERSI NEL TEMPO, IN CAMMINO VERSO L’ETERNITÀ !

Prima lettura: Primo concilio: lo Spirito Santo illumina la chiesa (At 15,1). Seconda lettura: L’angelo mi mostrò la città santa che scendeva dal cielo (Ap 21,10). Terza lettura: Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14,23).

Prima lettura    Di fronte alla crescente ignoranza religiosa qualcuno propone di riprendere in mano il Catechismo della Dottrina Cristiana, edito da Pio X nel 1913, con le sue 433 domande e risposte, sintesi di tutti i temi della teologia e della morale. Questo libretto ha, certamente,segnato un’epoca, ma – ci domandiamo – se avrebbe senso riproporre le verità di fede con un linguaggio e con delle immagini appartenenti a un’epoca così lontana dalla nostra. Nel discorso di apertura del concilio, papa Giovanni XXIII ricordava un principio fondamentale: «Una cosa sono le verità della fede, un’altra è il modo in cui esse vengono formulate». La missione della chiesa è quella di rendere intelligibili queste stesse verità agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, impiegando la loro cultura, le loro immagini, il loro modo di pensare. Impresa delicata, inevitabilmente accompagnata da tensioni, ma può avere esito positivo perché nella chiesa è presente lo Spirito della verità.

La paura delle novità, lo sguardo pessimista sul presente non sono segni di amore e fedeltà alla Tradizione, ma sintomi di poca fede nell’opera dello Spirito. Papa Giovanni XXIII dissentiva dai «profeti di sventura» e invitava ad ammirare l’azione dello Spirito presente non solo nella chiesa, ma ovunque sboccino «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,19). Le tensioni fra tradizionalisti e innovatori sono sempre esistite nella chiesa; anche se dolorose, sono inevitabili e possono diventare motivo di crescita se gestite con saggezza, rispetto e carità. La lettura si riferisce alle tensioni che sono affiorate nella chiesa del I secolo. Nella chiesa delle origini erano presenti (e spesso in conflitto) i giudei e i pagani e i rapporti fra loro non erano pacifici, al punto che in alcuni luoghi si arrivava a celebrare l’eucaristia separati.

Il messaggio della lettura è importante e attuale; è facile confondere il Vangelo con l’involucro culturale del quale è rivestito e distinguere non è sempre agevole. In una questione tanto complicata, può aiutare la regola molto semplice di Papa Giovanni: “nelle cose necessarie: l’unità; nelle cose facoltative: la libertà; ma sempre e in tutto la carità”. Anche oggi il rischio è lo stesso: attaccarsi a cose marginali, dimenticando l’essenziale. Così, ci sono persone che vanno a messa, obbediscono al precetto, ma non si preoccupano di cambiare vita. Altri credono di essersi confessati bene, solo perché hanno “detto” i peccati, senza preoccuparsi del pentimento. Quanti poi fanno la comunione con Gesù, ma è più importante la comunione con i fratelli!

Seconda lettura  “Non vidi alcun tempio nella Città santa!” (Ap 21,22). Nella Nuova Gerusalemme non vi è tempio, chiesa, religione, sacerdozio … perché il Signore è il nuovo tempio. Affermazione  importante! La realtà futura non ha più bisogno di ciò che sulla terra è stato strumento e segno. Già il tempio di Gerusalemme era necessario e relativo: segno visibile della presenza di Dio in mezzo al popolo, era un punto di riferimento importante per l’unità degli ebrei, ma rischiava di dare false sicurezze, di dare a Dio un culto solo esteriore. Anche le nostre chiese sono relative e propedeutiche al nuovo culto voluto da Dio, quello “nello spirito e nella verità”. Dio cerca tali adoratori. Verrà il tempo in cui Dio non sarà più adorato sul monte Garizim o a Gerusalemme o a Roma, ma “nello spirito e nella verità”. Le chiese, senza la fede, sono solo i “sepolcri di Dio”.

Terza lettura   Vi do la mia pace. La pace! Non c’è pace oggi nel mondo, nelle famiglie, negli individui. Eppure se ne parla, la si invoca, con passione e con speranza. “Vi do la mia pace!”, dice Gesù. Troppo spesso ignoriamo che essa comincia dalla riconciliazione con noi stessi, dall’accettazione dei nostri limiti e delle nostre sconfitte. Forse è la tempesta continua della ambizioni, l’ansia di possedere sempre di più, di non lasciarsi superare, di non essere all’altezza dei modelli in circolazione. Di qui nevrosi, rabbia, violenza, che si trasferiscono nella vita di coppia, nel rapporto figli-genitori. Siamo incapaci di amarci e di accettarci! L’insofferenza, quando non si risolve, esplode in violenze morali e fisiche di cui conosciamo ogni giorno nuovi orrori. Dicono che il nostro Paese non è in guerra! Ma non siamo neppure un Paese in pace! I focolai non sono più nelle trincee ma nelle retrovie, nei rapporti interpersonali ostili, nelle famiglie dove le guerre silenziose lacerano i genitori, i figli. Occorre ogni giorno, nel silenzio del cuore, riconciliarci con noi stessi e con chi ci sta accanto. La pace si radica nel cuore dell’uomo, e da qui si diffonde nelle strutture della vita.

Nel Vangelo di oggi c’è forse una delle frasi più paradossali: “Vi rallegrereste che io me ne vada”. Pensate cosa doveva essere vivere accanto a Gesù, poterlo vedere e toccare. Avere la possibilità di rifugiarsi presso Gesù, gettarsi ai suoi piedi: che sicurezza! Pensate al fascino di Gesù: tutto si illuminava in una luce meravigliosa. Finalmente Dio diventava vivo, vicino, amico. Si viveva finalmente! Ed ecco la notizia che stavano per perderlo. Gli apostoli erano sgomenti. Per la prima volta nel Vangelo, davanti a una parola misteriosa del Cristo, non fanno domande sciocche. Alcuni trovavano le sue parole dure, oscure, paradossali: Gesù stava esagerando: chi credeva poi di essere? Molti altri lo hanno udito, ma non lo hanno compreso, lo hanno visto, ma non lo hanno riconosciuto. Molti lo hanno toccato, ma non sono stati guariti. Anche allora, come oggi, occorreva avvicinarlo con rispetto, con fede. Bisognava toccarlo bene, come quella donna, sola tra la folla che si stringeva attorno a Gesù. Non ha toccato che la frangia del suo mantello, ma lo ha fatto con fiducia. Sì, quel tempo in cui Gesù era presente per la fede, quel tempo è anche il nostro. Oggi c’è molta più fede che al tempo di Gesù. Ricordate come è riuscito a convincere pochi, come pochi gli sono rimasti fedeli, come è stato tradito e abbandonato dagli stessi discepoli. Duemila anni fa, hanno tentato, creduto, che bastasse cancellare il suo movimento, uccidendo lui solo; oggi i cristiani sono perseguitati, imprigionati, uccisi in molte parti del mondo, ma nessuno ce la farà! Come Giuliano l’Apostata dovrà concludere: “Galileo, hai vinto!”. Buona vita!