La mente dinamica

12 Luglio 2018 - 07:00

Le prime descrizioni del cervello, che ormai risalgono all’inizio del secolo scorso, ci consegnarono l’idea di una struttura rigida, estremamente limitata nelle capacità di ripararsi, di compensare i danni ricevuti. Oggi questa visione è completamente superata”. Il professor Diego Centonze, responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia del Neuromed, introduce con queste parole uno dei concetti più affascinanti emersi dalla ricerca scientifica: la plasticità sinaptica, la capacità che il cervello ha di adattarsi, rispondere agli stimoli, e persino di riparare sé stesso.

È una capacità che ciascuno di noi sperimenta nella sua vita di tutti i giorni, come sottolinea Centonze: “questo rimaneggiamento avviene continuamente, lo viviamo in ogni istante con la massima naturalezza: sono i ricordi. La memoria evidenzia come quello che viviamo lasci una traccia proprio nella struttura del cervello. E questi processi non sono soltanto limitati alla fase dello sviluppo, ma continuano in tutta la vita adulta”.

Un’esperienza, un’emozione, vengono letteralmente incise nella struttura cerebrale. Ma con quale meccanismo? “I protagonisti principali sono le sinapsi (le connessioni tra i neuroni, ndr). Sono strutture molto dinamiche, che si rigenerano, si ritraggono, possono formarsi ex novo. E soprattutto che reagiscono alle esperienze. Ma è un processo che coinvolge anche l’interazione complicata tra i neuroni e la glia. Le cellule gliali erano state ritenute per molto tempo solo di supporto ai neuroni. In realtà sono molto più numerose dei neuroni stessi, e hanno un ruolo importante nel raffinare la condizione dello stimolo nervoso attraverso gli assoni e i dendriti neuronali. Infine, un capitolo nuovo è quello delle cellule staminali del cervello, capaci di attivarsi in base, ad esempio, all’esercizio fisico, ma anche con l’azione di alcuni neurotrasmettitori o di certi farmaci”.

Per riassumere potremmo dire che una volta vissuta un’esperienza, magari ci siamo buttati con il paracadute, il nostro cervello non è più quello di prima perché comunque qualcosa è cambiato al suo interno. E non solo quando immagazziniamo nuove informazioni: anche quando le dimentichiamo. “Esistono meccanismi precisi attraverso i quali dimentichiamo. Siamo abituati a considerare la dimenticanza come un semplice degradarsi della memoria. Oggi sappiamo che neanche questa è la verità. Studi molto sofisticati fanno vedere come anche dimenticare sia un
processo attivo. Diventa allora molto interessante capire come fa il cervello a selezionare, tra le varie memorie, quelle che deve trattenere e quelle che invece deve attivamente rimuovere”.

Un cervello dinamico, capace di cambiare e di rinnovarsi. E che può essere “allenato” a rimanere elastico negli anni. “Un passo importante in questo campo è rappresentato dalla scoperta di specifiche neurotrofine, molecole importanti per il benessere del sistema nervoso centrale. Uno dei primi campi in cui abbiamo capito che possono essere attivate è l’esercizio fisico. Insomma, possiamo addestrare il cervello attraverso una vita sana, che comprende anche la corretta alimentazione. La possibilità esiste ed è concreta: non solo tutti noi possiamo favorire i processi di plasticità sinaptica, ma in questo modo possiamo prevenire e rallentare le malattie neurodegenerative”.