La morte del sostituto commissario Pier Paola Romano. “E’ stato un agguato, le ha sparato alla nuca e poi due volte al petto quando era a terra”. La storia con il suo killer di 13 anni più giovane

3 Giugno 2023 - 13:19

Tra le testimonianze quella sicuramente più rilevante proviene da un ex carabiniere che per primo è accorso sul luogo del delitto. La vittima stringeva in mano i documenti dell’Asl che le avrebbero permesso di sottoporsi, proprio in quella giornata, alla prima seduta di chemioterapia per il tumore al seno di cui soffriva. Separata in casa col marito, cominciano ad emergere anche le prime informazioni sul carattere difficile e molto problematico dell’omicida-suicida che lei stava tentando di allontanare dalla sua vita.

MARZANO APPIO Lunedì il corpo di Pier Paola Romano, da tutti chiamata semplicemente Paola nel quartiere in cui abitava, sarà sottoposto ad esame autoptico.

Tanto si sta dicendo e tanto si sta scrivendo sulla sua tragica fine ed è dunque, complicato cogliere degli elementi di novità nelle varie ricostruzioni. C’è sembrata cronisticamente interessante la testimonianza di un ex carabiniere che risiedeva nello stesso palazzo del quartiere romano Torraccia che ospitava proprietari e inquilini in larga parte provenienti dai ranghi delle forze dell’ordine.

Alfonso, questo è il nome dell’ex carabiniere, si trovava a casa sua, al quarto piano dello stabile ed ha orecchie allenate, rispetto a quelle di un normale cittadino che non ha avuto mai a che fare con funzioni di polizia, per distinguere e codificare come colpi di pistola quei rumori che distintamente ha sentito verso le 11.30 di giovedì mattina. “Ho capito subito che si trattava di colpi di arma da fuoco. Tre in successione, non ho avuto dubbi. Ho preso l’ascensore e sono sceso: sarà trascorso un minuto e mezzo, ma la signora era già morta – racconta Alfonso – , aveva gli occhi sbarrati rivolti al soffitto dell’androne, il corpo supino, le ginocchia piegate. Per me è stata un’esecuzione, l’ha colpita da dietro all’altezza della nuca e lo dico – sottolinea l’ex carabiniere – perché la vittima aveva la borsa a tracolla e dei fogli dell’Asl stretti in una mano. Se uno ti punta un’arma davanti provi a fuggire, io ho paura che quella povera donna non si sia accorta di niente. Era già morta, ma abbiamo chiamato i soccorsi, il suo cellulare suonava”.

E’ opportuno a questo punto, precisare anche qualche fatto che inquadri bene le modalità, apparentemente molto civili e molto discrete, con le quali Paola Romano viveva il suo privato. Non c’era nulla di sordido o di totalmente sconosciuto nel rapporto tra lei e quello che poi sarebbe diventato il suo assassino, a sua volta separato dalla moglie. Tra i due c’era una cospicua differenza di età anagrafica, visto che Pier Paola Romano aveva 58 anni e Massimiliano Carpineti 45. Tredici anni che dimostrano anche il fatto che Pier Paola Romano fosse una donna dotata di diversi carismi, in grado di affascinare e fare innamorare anche uomini molto più giovani di lei. Un poliziotto molto valido, al punto da aver toccato il massimo della carriera, del funzionariato, visto che ricopriva il ruolo di sostituto commissario coordinatore, la mansione più elevata tra i sostituti commissari, cioè tra coloro che, pur non avendo realizzato il salto alla qualifica superiore di commissario, possono svolgerne le funzioni e, dunque, tra i sostituti commissari, sono quelli scelti per assumersi la responsabilità di coordinamento dei servizi. E’ probabile che Massimiliano Carpineti sia stato molto gratificato a suo tempo dall’interesse di questa donna di alta valenza professionale e di ampia superiorità di grado, rispetto al suo di assistente capo svolto, nella struttura di polizia ubicata nel palazzo di Montecitorio, alla Camera dei deputati, nella quale sicuramente Pier Paola Romano svolgeva un ruolo molto importante, dopo essersi lì trasferita dall’originaria sede del commissariato di Sant’Ippolito, in zona San Lorenzo, lo stesso in cui operava e continua ad operare ancora oggi suo marito e conterraneo Adalberto Montanaro, originario di Pietramelara che, come è noto, dista pochissimi chilometri dal piccolo comune di Marzano Appio che aveva dato i natali alla Romano.

Ultimamente la vita di Pier Paola era cambiata. Si è detto che questo fosse avvenuto per il tumore al seno che le era stato diagnosticato e che l’aveva costretta a sottoporsi all chemioterapia (come dimostrano i documenti che la Romano stringeva in mano, come raccontato dall’ex carabiniere), con la prima seduta fissata proprio per la tarda mattinata di giovedì. Un particolare, quest’ultimo, che può costituire un dato rilevante, come può essere anche un dato meno rilevante o addirittura casuale, nel momento in cui si va a relazionare all’omicidio materialmente realizzato.

Quel che è certo è che la visione della vita, i suoi orizzonti si erano modificati per effetto di questa malattia. E probabilmente Pier Paola Romano aveva rivalutato l’importanza di ricostituire una famiglia, al di là di quelle che erano state le incomprensioni e le difficoltà del suo matrimonio. Le ricostruzioni e le prime testimonianze dei colleghi di lavoro raccontano di una “separazione in casa” e ciò indicherebbe l’estrema civiltà e la buona qualità di suo marito, ma anche di Pier Paola. Dunque, la separazione era stata vissuta con serenità e, probabilmente anche questo aveva rappresentato una base solida per rivalutare la figura del marito, soprattutto in funzione del figlio 22enne di entrambi impegnato già professionalmente nella scuola allievi di polizia di Piacenza. Sempre dai colleghi si apprende che la donna stava cercando di allontanare dalla sua vita Massimiliano Carpineti, il cui vissuto, se non dimostra in assoluto nulla, autorizza a considerare verosimile l’ipotesi che lui non abbia accettato la decisione di quella che era diventata la sua compagna. Una verosimiglianza collegabile ai problemi, anche di tipo depressivo di cui aveva sofferto.