LA NOTA. CORONAVIRUS, De Luca: “Campania a un passo dalla tragedia”. Per nascondere le sue colpe, le scarica sul governo

25 Marzo 2020 - 23:56

“La comunicazione di questi ultimi giorni relativa alla epidemia è gravemente fuorviante. Il richiamo a numeri più contenuti di contagio al Nord, rischia di cancellare del tutto il fatto che non solo la crisi non è in via di soluzione, ma che al Sud sta per esplodere in maniera drammatica.

I prossimi dieci giorni saranno da noi un inferno. Siamo alla vigilia di una espansione gravissima del contagio, al limite della sostenibilità. La prospettiva, ormai reale, è quella di aggiungere alla tragedia della Lombardia quella del Sud.

Per noi è questione di ore, non di giorni.

Abbiamo fatto con migliaia di operatori, sforzi giganteschi per poter reggere. Ma non si può scavare nella roccia con le mani nude.

Dobbiamo registrare il fatto che dal punto di vista delle forniture essenziali per il funzionamento dei nostri ospedali, in queste settimane da Roma non è arrivato quasi nulla. Il livello di sottovalutazione è gravissimo. Non si è compreso che gli obiettivi strategici sono due: contenere il contagio al Nord; impedire la sua esplosione al Sud. In queste condizioni, ci avviamo verso una tragedia doppia. Il quadro riassuntivo, per noi, è contenuto in questo prospetto allegato.

Dopo aver creato decine di posti letto nuovi per la terapia intensiva, rischiamo di non poterli utilizzare per mancanza di forniture essenziali.

Zero ventilatori polmonari; zero mascherine P3; zero dispositivi medici di protezione. A fronte di un impegno ad inviare in una prima fase 225 ventilatori sui 400 richiesti, e 621 caschi C-PAP, non è arrivato nulla.

Questi sono i dati. E dunque, non si può non rilevarlo in maniera brutalmente chiara. So che la situazione è difficile per tutti. Non voglio alzare i toni. Ma non posso non dire che per quello che ci riguarda, ci separa poco dal collasso, se il Governo è assente.

Mi auguro che almeno i numeri rendano evidente la drammaticità della situazione. Si rischia di vanificare un lavoro gigantesco che ci ha consentito di reggere, in una realtà della cui complessità non è il caso di parlare oltre, e di offrire anche al Paese una terapia farmacologica utile.

Permanendo questa nullità di forniture, non potremo fare altro che contare i nostri morti”.

Vincenzo De Luca

 

CASERTA (Gianluigi Guarino) – Un minuto dopo l’aver constatato il fatto che il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, con un mese di ritardo, ha cominciato a capire, ma solo cominciato, di cosa di sta occupando, dopo avergli riconosciuto che questa nota clamorosa e per certi versi imprevedibile, fotografa correttamente il rischio epidemico che sta correndo la Campania, bisognerebbe chiedere immediatamente le dimissioni del governatore.

Perché uno che dal 1 marzo, invece di concentrarsi sulle cose serie, invece di asservire il proprio pensiero ad una logica lungimirante, sobria, misurata ma energicamente concreta, costituita da fatti e non da parole, ha inscenato una gazzarra, che se non stessimo vivendo un dramma epocale, potrebbe ben stare tra le composizioni più esilaranti della Commedia dell’Arte, frizzi lazzi e maschere.

Tra le altre case, il De Luca del 2020 è molto diverso dal De Luca più giovane e più lucido dei tempi in cui indossava la fascia tricolore al Comune di Salerno.

Seguivamo i suoi discorsi fluviali, ricchi di aneddoti e di diversivi dialettici divertenti, ai tempi di Lira TV. In questi giorni siamo tornati con assiduità a seguire le sue manifestazioni oratorie.

Meno lucido, meno coerente, disattento al punto da perdere qualche volta il filo logico del discorso, contraddicendo ciò che aveva affermato il giorno prima o anche solo un’ora prima.

Qualcuno dice che De Luca sia un consumato attore, ma noi non siamo d’accordo: ha sicuramente una attitudine caratteriale, un talento che gli consente di esprimersi come si esprime assecondandosi semplicemente.

Insomma, gli viene naturale. Ma se proprio dovessimo aderire per trenta secondi alla tesi del De Luca attore, non potremmo non affermare che il De Luca di oggi è diventato una caricatura di se stesso.

Mai possibile che per un mese ha lanciato messaggi rassicuranti alla popolazione, manifestando il concetto che sì, la situazione risultava grave, ma siccome c’era lui la Campania avrebbe dato lezioni al resto d’Italia. Mentre narrava queste cose, mentre scriveva improbabili ordinanze, sovrapponendo misure di mera propaganda a quelle già in vigore dei governi, mentre, come un bambino, rubava tutti i soldatini spediti dall’esercito e li collocava nella natìa Salerno, costringendo il sindaco di Castel Volturno a chiedere aiuto a Giorgia Meloni, il coronavirus materiale, reale, non quello virtuale, guappesco, banale e banalizzato narrato da De Luca, avanzava. Se vi fate un giro della Campania, vi accorgerete che tranne Casertace e Napolice nessun organo di informazione si è posto una sola domanda, un solo interrogativo.

Nessuno ha ritenuto che ciò che De Luca affermava diventasse quantomeno uno straccio di verifica.

Tutti ad applaudire e a mostrare la storica subalternità marchettara dell’informazione rispetto alla politica, vero marchio di fabbrica di chi dice di fare i giornali, le televisioni e i siti web di informazione in questa Regione.

Dunque, dunque, dunque…siamo “a un passo dalla tragedia”.

“La prospettiva, ormai reale, è quella di aggiungere alla tragedia della Lombardia quella del Sud”. Ovviamente non è vero, come non erano vere le fregnacce rassicuranti che il governatore ha raccontato in questo mese, facendosi supportare da quella autentica e sgangheratissima fabbrica del virus farlocco che dal primo giorno sputa fuori dati sul contagio assolutamente farneticanti.

La verità è una sola: De Luca, primo colpevole di tutto ciò che sta capitando, dopo più di un anno e mezzo, alla vigilia dell’epidemia, non aveva realizzato una sola previsione del suo piano ospedaliero, non progredendo di un solo posto letto negli ospedali della Campania, a fronte dei 1600 e passa di incremento previsti dal citato piano, e non progredendo di un solo posto di terapia intensiva rispetto ai 650 che ai sensi di quel piano ospedaliero dalla giunta regionale nell’autunno del 2018 sarebbero dovuti essere già, ordinariamente, in opera.

E ora ci viene a dire che sulla Campania, anzi “sul Sud” (sarebbe opportuno che parlasse per lui, perché in Puglia, Basilicata, Molise, Calabria e Sicilia ci sono governatori che fanno e parlano molto di meno) si sta abbattendo una sorta di apocalisse. E questo perché?

Perché lui, invece di mettere in funzione una struttura di protezione civile seria, che potesse stabilire giorno per giorno le priorità, si è messo a fare la pinella del ramino in mezzo alla strada e dietro ad ogni telecamera.

Ora dice di aver chiesto 250mila mascherine al governo e di averne ricevute 45.450; 253 ventilatori per terapia intensiva e 350 per la sub intensiva e di averne ricevuti 0. Il resto delle richieste e dei riscontri lo leggete nel prospetto in calce.

Ma De Luca sa che i suoi colleghi della Lombardia, del Veneto, dell’Emilia Romagna, ecc., non hanno certo aspettato le mascherine del governo, che pure mano mano stanno arrivando? Lo sa che i suoi colleghi, invece di trascorrere l’intera giornata a recitare monologhi, si sono rotti letteralmente la testa per recuperare quei presidi di sicurezza che lui, De Luca, non ha neppure tentato di far arrivare, consegnando gli operatori sanitari della Campania, medici, infermieri, oss, imprese di pulizia e ausiliari vari ad una sorta di sterminio?

Basta dare un’occhiata a Facebook per trovare centinaia e centinai di testimonianze che fanno dei sanitari campani quelli largamente più spaventati, più terrorizzati d’Italia.

Ora, siccome non sa che pesci pigliare, perché non ha voluto ascoltare nessuno, se la prende col governo.

Invece, come abbiamo scritto all’inizio, una dichiarazione del genere fatta oggi, 25 marzo 2020, a quasi un mese di distanza dall’inizio della fase più acuta dell’emergenza e a poche ore di distanza dal suo ultimo show mediatico, dovrebbe solo dimettersi.

Fino a ieri raccontava balle sulla situazione sotto controllo, grazie al condottiero che la Campania ha la fortuna di avere al suo comando, oggi De Luca si porta all’estremo opposto e da lì costruisce la narrazione della tragedia, perché a lui non interessa che ne muore uno in più o uno in meno, se si ammalano in 200 invece che in 100.

A lui interessa solo che la percezione del popolo bue non lo individui come il responsabile di una situazione molto brutta.

E allora, come succedeva qualche volta nel vecchio gioco dell’oca, torniamo al punto di partenza: qual è il fattore comune tra il De Luca di ieri mattina e quello di oggi pomeriggio? Cosa hanno in comune l’alfa e l’omega? Una sola cosa, l’unica cosa a cui il governatore ha sempre pensato: le prossime elezioni regionali e il rapporto ossessivo-compulsivo con la poltrona e con il potere.