LA NOTA CORONAVIRUS. I farmacisti casertani si sentono infangati dal nostro articolo sulle mascherine. Farebbero bene a guardare profondamente dentro al disastro morale della loro categoria

12 Aprile 2020 - 11:24

Ne abbiamo letti diversi. E siccome degli scandali in questo settore, delle lobby fameliche e dei loro maneggi ci siamo occupati tantissimo negli anni, una cosa la vogliamo dire

CASERTA  (Gianluigi Guarino) L’altro giorno abbiamo scritto un articolo (CLIKKA QUI PER LEGGERLO) su un caso segnalatoci da una persona autorevolissima e per la quale, il sottoscritto, insieme a tutto il mondo CasertaCe, ha maturato negli anni una stima incondizionata, avendone potuto apprezzare la serietà, la generosità altruista e la consistenza delle sue cognizioni.

Non abbiamo alcun dubbio, dunque, che le cose siano andate come questa persona, che non ha alcun problema a venire allo scoperto qualora qualcuno contestasse formalmente la sua versione dei fatti, così come questi sono stati da lui descritti.

Quell’articolo ha provocato una serie di reazioni, tipiche di questo territorio che se è combinato nella condizione in cui si trova, è soprattutto perchè la sua borghesia ha una pronunciatissima (siamo nei giorni adatti per formulare questa citazione) impronta farisaica, pensa solo a fare i danari e non dedica nulla a quella che dovrebbe essere una sua missione di proposta, di propulsione culturale, di investimento sui saperi, di stimolo continuo finalizzato a indirizzare l’attività dei governanti verso il bene comune e non verso il bene di pochi e assumendo, quando è necessario, anche una funzione attiva e diretta nel cercare di eliminare a monte chi entra in politica, vuol fare solo quattrini e per garantire sistemazioni a se stesso e ai propri familiari.

Leggendo quei commenti e  prendendo atto dell’identità di chi li formulava, abbiamo rafforzato, per quel che è possibile rafforzarla, la nostra consapevolezza, già granitica, sulla identità di una borghesia che è il vero ventre molle della società casertana, che fonda la sua identità e la vita di chi la compone, su una stabile e consapevole attività finalizzata, al contrario di quello che abbiamo detto dovrebbe essere, a custodire lo status quo, a celebrare ogni giorno il rito pagano dell’apparenza, dal sistematico imboscamento dei fatti così come essi sono e si verificano, facendo affiorare sempre e comunque una versione manipolata degli stessi in modo che il sistema delle relazioni sociali possa continuare a reggersi sull’apparenza, cioè su quello che conviene, per quieto vivere, e perchè tutti possano continuare a nutrirsi nella mangiatoia del pubblico danaro.

La reazione banalmente corporativa dei farmacisti quando hanno commentato quell’articolo, è un’ulteriore occasione persa per una presa di coscienza delle tante cose che, a Caserta e in Campania, non vanno affatto bene all’interno di questa categoria.

A quelle persone che hanno scritto, dimostrando di non aver letto, ripetiamo, quell’articolo, che noi abbiamo infangato la categoria, diciamo, sulla scorta dei tanti lavori, delle tante inchieste che questo giornale ha dedicato, negli anni, senza mai ricevere alcuna replica, ai maneggi di certi personaggi che ancora oggi dettano legge grazie ad una lobby potentissima con forti relazioni anche nel mondo accademico, che decide della vita e della morte di questa o di quell’altra farmacia, raccattando tutto quello che c’è da raccattare tra le strutture che la lobby ha provveduto a cuocere a puntino, riducendole sapientemente alla canna del gas.

Su queste cose dovrebbero concentrarsi e riflettere i farmacisti casertani. La loro categoria è malata esattamente come lo sono tutte le altre categorie dei cosiddetti professionisti. I farmacisti fanno parte, e ne sono complemento importante, di una crisi ormai cronica del sistema Caserta che poi trova, nelle cose stupide, puerili, che si stanno verificando in questi giorni, soprattutto sul fronte mascherine, una sorta di esplicazione emblematica del relativismo, unico governo delle sorti di una categoria che dovrebbe essere attraversata da ben altro spessore etico, ma soprattutto alla consapevolezza che esiste anche una missione sociale, ugualmente importante, rispetto a quella della corsa quotidiana ai danari, che invece, nella maggior parte dei casi e dei soggetti, unico pensiero che percorre, invece, nell’arco dell’intera giornata, la loro testa.