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L’EDITORIALE. Ecocar interdetta antimafia, un anno di proroghe. A CASERTA un nuovo Ordinamento, la Prefettura non ha più motivo di esistere

2 Gennaio 2019 - 10:19

CASERTA (Gianluigi Guarino) –  Che cos’è una Prefettura nella repubblichetta italiana? Evitando di enfatizzare shakespeareanamente questa domanda non si può compiere una riflessione sull’argomento.  L’unico elemento di controversia potrebbe svilupparsi sul terreno nobile di confronto, nobile in quanto fortemente connotato come dialettica culturale, tra statalisti, ma meglio sarebbe dire centralisti, e autonomisti più o meno spinti. Tra i fautori della sopravvivenza di una struttura di reale e istituzionale rappresentanza del Governo dei vari territori provinciali e chi ritiene, al contrario, che questi presidi siano assolutamente obsoleti nella loro ormai elefantiaca ed apparentemente irreprensibile atrofizzazione burocratista.

A sostegno della prima tesi c’è il concetto stesso di Stato inteso come organizzazione collettiva di uomini e di donne, i quali e le quali, da cittadini e cittadine, si riconoscono come parte di una Comunità nazionale e riconoscono la stessa attraverso la legittimazione di organismi come le Prefetture.

Queste ultime però, nel ventunesimo secolo, dovrebbero scendere dal loro piedistallo per interpretare correttamente quella che dovrebbe essere la loro unica, strutturale funzione: garantire lo sviluppo dell’ineluttabile modifica del peso degli organismi dello Stato.

E di farlo in considerazione di quella che è, nei vari territori, la fluidità dei processi sociali, che non hanno più bisogno di riforme istituzionali per strutturare la propria esistenza, superando i modelli tradizionali costituiti dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni.

I quali, a loro volta, sempre più invecchiati dall’incapacità di riformarsi profondamente, vengono sovrastati da un modello di comunità che si auto-definisce, si auto-genera e, soprattutto, si auto-governa attraverso gli strumenti della socializzazione virtuale che, al di là dei loro limiti, dei loro lati di pericolosità, costituiscono causa, non ordinata, non pianificata ma comunque genuina, dell’evoluzione dei processi democratici intesi come espressione quotidiana della vita ordinaria delle persone.

Insomma, se esiste ancora qualche ragione per credere in un Ordinamento fondato sugli ideali prodotti dalla storia della civiltà umanista e illuminista, in cui la stragrande parte degli abitanti del nostro territorio nazionale si possano riconoscere, questa nobile convinzione subisce, quotidianamente, una pesante confutazione dall’andamento stesso delle cose.

Ergo, passando dalla poesia alla prosa e ritornando all’interrogativo che ci siamo posti e che abbiamo posto a voi lettori di Casertace all’inizio di questo articolo: che cazzo ci sta a fare una Prefettura, come quella di Caserta, in cui lavorano (si fa per dire) decine e decine di burocrati che costano ai cittadini milioni e milioni di euro al mese, non all’anno, e che si dimostra imbelle di fronte alla consumazione di quello che è un delitto, forse non direttamente associabile alla violazione evidente del codice penale ma che è sicuramente un delitto contro l’Ordinamento, contro i valori su cui questo, pena la sua dissoluzione, pena il suo crollo, deve necessariamente reggersi?

Chissenefotte se al Comune di Caserta ora sono nei guai non solo con la giustizia, ma anche nell’erogazione di un servizio fondamentale com’è quello della raccolta dei rifiuti?

Chissenefotte se, a furia di rubare e di farsi i cazzi propri, di costituire società del segreto di Pulcinella con imprenditori e studi tecnici, se promuovere l’attività sistematica e sistemica della corruzione toccando limiti da vera e propria accademia nazionale della trastola si sono incartati a tal punto da avere una ditta con l’interdittiva antimafia che raccoglie ancora oggi i rifiuti in città e un’altra, provvisoria aggiudicataria di una gara chiaramente truccata al punto da non sapere letteralmente cosa fare?

Chissenefotte se adesso il Comune di Caserta si è messo nei guai anche sul fronte della procedura amministrativa, dovendo trasformare in aggiudicazione definitiva quella già provvisoriamente attribuita alla società Energetika Ambiente, nonostante questa impresa abbia vinto, come dimostrano chiaramente le intercettazioni, grazie ad una serie impressionante di imbrogli e di vergognosi ladrocini?

A noi di Casertace, nessuno può permettersi, caro Prefetto Ruberto, di tacciarci di essere dei comodi demagoghi e dei qualunquisti dal penseriero debole. Noi, il primo giorno successivo alla scadenza del contratto con Ecocar, unica sopravvissuta di quel consorzio CasertaAmbiente, aggiudicataria della gara nell’anno 2012, affermammo che l’unica strada era quella di una mini gara magari da celebrarsi al centro di piazza Vanvitelli alla presenza di sette/otto magistrati della Dda, sette/otto della procura di Santa Maria Capua Vetere, carabinieri, guardia di finanza e polizia e, possibilmente, con i vari Marcello Iovino e Franco Biondi fuori dalle balle.

E d’altronde non ci inventavamo niente affermando che questa era l’unica soluzione praticabile. In altri Comuni della Provincia di Caserta, infatti, si era provveduto (e questo il Prefetto lo può verificare da atti e documenti di cui è in possesso), a bandire questa gara con affidamento di pochi mesi, qui sì, spendendo con serietà e con un poco di credibilità la rituale espressione relativa alle more della celebrazione della gara pluriennale, il giorno dopo che l’impresa titolare del servizio era stata colpita da interdittiva antimafia.

Oddio, se l’interdittiva non c’era, non è che questi Comuni si davano gran pena, di fronte alla scadenza temporale del contratto stabilito proprio in conseguenza dell’aggiudicazione avvenuta 3, 4 o cinque anni prima.

Però, cavolo, almeno di fronte all’interdittiva antimafia ci si poneva il problema di eliminare al più presto il frutto bacato e non si approfittava più di tanto della scappatoia pur possibile, come ricorso estremo in presenza di una potenziale emergenza igienico-sanitaria del servizio all’impresa colpita da interdittiva antimafia, con la sola applicazione della decurtazione del 10% sull’importo complessivo previsto dalla proroga.

E invece, la città capoluogo, con la sua involontaria complicità, signor Prefetto (ce lo consenta con il rispetto dovuto alla funzione che lei ricopre), ha rotto anche questo ultimo velo sottilissimo di inibizione di rispetto, almeno apparente, di quell’Ordinamento, unica giustificazione del fatto che lei, dottor Ruberto e tutti i suoi dipendenti possiate ancora essere ricettori di uno stipendio, erogato dai cittadini-contribuenti.

Perché, signor Prefetto, l’allegato in calce a questo articolo dimostra che Caserta ha rotto questo tabù, conquistando una sorta stabile nella storia della corruzione materiale e morale della pubblica amministrazione italiana.

Dal 2 febbraio scorso, dunque da 11 mesi, Ecocar usufruisce delle proroghe garantite dal Comune capoluogo. Ciò, nonostante il fatto che questa azienda sia stata ormai irrimediabilmente, con tanto di conferme del Tar del Consiglio di Stato, colpita da interdittiva antimafia. Ma già da allora, già dal fatidico 2 febbraio era così, lo sapevano loro al Comune e, lo sapeva lei signor Prefetto dato che le interdittiva, seppur non erogata direttamente dal locale palazzo di Governo sono il pane quotidiano dell’attività operativa delle Prefetture. Per cui a differenza degli altri Comuni, i quali hanno fatto i finti tonti solo sulla scadenza temporale dei contratti, i signori Carlo Marino, Marcello Iovino & co. hanno demolito finanche il tabù dell’antimafia estendendo la loro esperienza e spostandola dal campo di una presunta attitudine criminale a quella della vera e propria eversione.

Fanculo, allora, all’opera e alle verità di Giovanni Falcone, al diavolo l’anima di Pio La Torre quello che per primo si pose il problema della necessità di colpire le mafie nel loro portafoglio. Noi ce ne freghiamo. La conferma per quasi 12 mesi della presenza di Ecocar al Comune di Caserta, l’abuso di quello strumento eccezionale della decurtazione del 10%, rappresenta la strutturazione plastica di un altro Ordinamento costituito come conseguenza della riuscita del processo eversivo di cui prima. Se questi sono riusciti a sovvertire l’ordine dello Stato, instaurando un altro Ordinamento, senza che dal suo Palazzo si attivasse un ben che minimo, seppur simbolico, atto di resistenza democratica, e allora, signor Prefetto, con rispetto parlando, cosa ci sta a fare qui a Caserta? Per familiarizzare, come spesso ha fatto anche in occasioni ludico-turistico-commerciali, con il sindaco Carlo Marino con cui ha trovato, evidentemente, un feeling caratteriale?

Ci sembra troppo poco per evitare che contro il portone principale di palazzo Acquaviva venga affisso un cartello a caratteri cubitali con su scritto “Chiuso per fallimento”.

 

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