L’EDITORIALE. Il video della canzone di Pino Cantone, figlio del boss ‘o malapelle e una seria riflessione sulla originalità del neomelodismo casalese

23 Ottobre 2019 - 19:41

 

di Gianluigi Guarino

Prima si ride e poi si piange. La storia del rapporto tra neomelodismo estremo, cosa diversa dalla neomelodia, e camorra, è ricca di letteratura, di bibliografia socio antropologica. Anche chi scrive, fino a qualche anno fa, fino a quando ritenevamo che porre certi argomenti, affrontare la piaga della criminalità organizzata o anche di quella non organizzata, ma ugualmente nefasta, fosse una pratica che potesse partire da un angolo visuale che ritenevamo e riteniamo ancora oggi essenziale, si era espresso, si era speso nello studio di questa forma di atteggiamento rispetto alla vita in un’area territoriale in cui la camorra era diventata, per decenni, uno stato dentro ad uno Stato invisibile.

Attenzione, il nostro approccio non era semplicistico, nè demagogico. E soprattutto non era collegato, allegato alla vulgata ignorante, conformista e cialtrona dell’anti camorrismo militante praticata dalle associazioni, divenuto opificio di slogan vuoti e ipocriti.

Siamo stati sempre vigili su noi stessi in modo da non cadere nell’errore di considerare in prima battuta come un fatto eccezionale, originale nel suo genere, la larga adesione dei giovani al genere musicale dei neomelodici più hard, riferendoci, con questa affermazione, a certe canzoni onestamente preoccupanti in quanto espressive dello stato di una porzione, peraltro importante ed estesa, del genere umano indigeno.

Sapevamo e sappiamo troppo bene che un tipo di musica, diciamo così, molto semplice, che racconta fatti della vita di ogni giorno, che interpreta le concezioni e il modo di essere di tantissima gente che non ha fatto grandi studi, che non possiede una cultura neppure di tipo generale, vissuta in aree socialmente degradate, non è un marchio di fabbrica dell’agro aversano o della sola provincia di Napoli ma ha tagliato e taglia ancora trasversalmente una serie di generazioni di ragazzi, di giovani sparsi in ogni dove, in tutta Italia ma soprattutto nelle aree meridionali, dove esiste un mercato floridissimo e per la maggior parte, legittimo della musica neomelodica da cui sono usciti anche artisti importanti, come D’Alessio, Finizio e altri ancora.

Insomma, il neomelodismo estremo non è un marchio di fabbrica di Casal di Principe, di Trentola, di San Cipriano, di Casapesenna, di Giugliano, eccetera; più che un movimento culturale, si tratta di uno status quo, di un collegamento stabile a modelli di vita che vengono rappresentati e che si sviluppano dentro a un perimetro ristretto da un’alta muraglia di tipo culturale e di per sè (aggiungiamo noi, perchè non dimentichiamo mai di essere dei liberali), quelle canzoni non sono un delitto e, osiamo dire, non fanno male a nessuno.

Nel senso che i processi di immedesimazione rispetto ad espressioni culturali o sub culturali, ci sono sempre stati e hanno riguardato anche artisti, generi, considerati di grande qualità ma che, fruiti da tutti, da ogni tipo di persona, potevano creare guasti e disastri, proprio ad epilogo del citato processo di immedesimazione. Citare certi generi del rock estremo o crepuscolare, stile Doors, ma soprattutto stile Nirvana, significa solamente esprimere il minimo sindacale di quello che abbiamo appena espresso come lettura storica dei movimenti musicali del secolo precedente e anche di questo corrente.

Insomma, noi di CasertaCe non abbiamo mai nutrito e mai nutriremo un pregiudizio nei confronti del mondo neomelodico.

Detto questo, e chi ci conosce sa bene dove vogliamo andare a parare, non è che ci tiriamo indietro di fronte all’interesse e agli stimoli a noi iniettati da fenomeni socio-culturali che ci piace analizzare senza paraocchi e senza partire in quarta da assunti categorici che sono custoditi solamente nel patrimonio genetico cerebrale degli stupidi, degli intolleranti e degli anti camorristi di professione.

Pino Cantone vuol cantare; Pino Cantone sogna di diventare una grande firma della canzone neomelodica: registra questo video artigianale nell’anno 2009 e il papà Raffaele Cantone detto ‘o malapelle, boss del clan dei casalesi, si batte, fuori dal carcere e anche nel carcere, affinchè il figlio possa diventare famoso. E fin qui, niente di male. Il problema è che i metodi, i pensieri, le modalità attraverso cui ‘o malapelle lavora per spianare la strada al giovane Pino, appartengono all’alfabeto della camorra del clan dei casalesi.

E allora, il niente di male diventa “tutto male“, non per una visione moralistica, ma perchè il primato della legge è un qualcosa che va al di la delle ideologie e degli ideologismi. E’ laicamente sacro in uno stato di diritto e non si discute.

Il testo di questa canzone, intitolata “Na Dummeneca a matina” è, come si suol dire, evocativo. Pino Cantone ha avuto un padre latitante che è stato arrestato, non sappiamo se di domenica o di lunedì. Ma, oltre a questo, ha vissuto dentro ad un contesto valoriale che gli ha impresso l’idea che la cattura di un latitante, evidentemente usuale nelle aree in cui ha vissuto fino al giorno dell’arresto, rappresenti un atto di ingiustizia.

Badate bene: non abbiamo usato casualmente e a casaccio la parola “ingiustizia”, perchè, nel mondo di Pino Cantone, come vedremo è un mondo sorprendentemente vasto nelle aree in cui questi vive, il collegamento tra la percezione di quello che è giusto rispetto a quello che è ingiusto, avviene su una lunghezza d’onda lontana anni luce da quella disegnata dallo ius gentium, cioè dal diritto. 

Qual è la differenza, allora, tra il neomelodismo spinto in voga nell’agro aversano e nel nord napoletano rispetto ai medesimi fenomeni di consenso che si registrano altrove verso questo genere musicale? Perchè la famosissima canzone di un neomelodico d’annata, Gianni Celeste che fece discutere l’Italia intera con “Nu latitante” (CLICCA QUI PER ASCOLTARE) è diversa dalla canzone interpreta da Pino Cantone? La differenza non risiede nella parte attiva, cioè nella costruzione di un testo, di una melodia, di un arrangiamento rudimentali, ma nella parte passiva, cioè nella cifra di percezione e di gradimento di una roba come questa. 

A Casal di Principe, a Trentola Ducenta, a San Marcellino, a Giugliano, a San Cipriano, Parete eccetera il neomelodismo spinto, quello che appunto si sviluppa attraverso testi che arrivano fino alla considerazione dell’arresto di un pluriomicida come un’ingiustizia, non è confinato dentro al perimetro delle palazzine Iacp, delle case popolari, dei quartieri degradati come capita altrove. Quel tipo di musica e quel tipo di parole non furoreggiano solo nelle case di persone che hanno costruito la loro ricchezza affermando l’ignoranza della delinquenza, la prevaricazione, una roba che esiste in tutto il mondo, e che poi quando muoiono organizzano i funerali con la banda che suona il tema del padrino. A Casal di Principe, a San Cipriano, a Casapesenna, come scrivevamo già qualche anno fa, il perimetro è molto più ampio e attraversa invece la borghesia locale. Non solo gli arricchiti dell’indotto camorristico, i colletti bianchi al soldo dei boss, ma anche i ragazzi diplomati, quelli che hanno frequentato e frequentano l’università, e che dovrebbero essere, qui o altrove, la classe dirigente, motore di questa terra e del nostro Paese. Appartengono a famiglie che, tutto sommato, “si fanno i fatti loro”, ma con la camorra non hanno mai avuto a che fare.

Può capitare che un diplomato o un laureato ascolti questa musica. Il che, di per sè, non è un fatto negativo, degno di biasimo; il problema è che il laureato e il diplomato la ascolta nell’auto sparata a duemila decibel, insieme al figlio del camorrista, il quale ha, sotto di se, una Porsche Cayenne, una Bmw, una Mercedes, che non ha comprato grazie ad un lavoro onesto, ma facendo estorsioni, vendendo droga e chi più ne ha più ne metta.

Siamo tornati oggi, dunque, a parlare di cose di cui avevamo deciso di non parlare più, tanto in agro aversano non sarebbero sufficienti neppure le guardie rosse che Mao Zedong utilizzò per decimare tutti i suoi nemici interni con la cosiddetta rivoluzione culturale e neppure i Kmer rossi di Pol-Pot che in 5 anni ammazzarono due milioni di loro connazionali perchè ritenevano che la purezza del comunismo dovesse ripartire dalla decimazione di tutti coloro che comunisti non erano stati e che avevano vissuto dentro ad altri sistemi politici, soprattutto in quello del principe Sihanouk, rispetto al quale c’era una devozione politico-religiosa, tipica dei popoli dell’Oriente e del cosiddetto Sud Est Asiatico.

Ci siamo tornati perchè abbiamo ascoltato questa canzone e abbiamo cercato di far capire, come invano tentammo di fare all’epoca, che il problema non è la canzone in sè e per sè e, oseremmo dire, neppure il testo che, francamente, qualche risata la strappa; il problema non è la canzone di Pino Cantone in quanto causa, ma è la canzone di Pino Cantone in quanto effetto, come conseguenza di un sentire culturale ampio e non confinato solamente dentro alle palazzine della famiglia Casamonica, come succede ad Ostia. Esistono un consenso e un gusto diffusi che vanno molto al di la dei confini soliti di un mondo pasoliniano e che riguarda, ripetiamo, settori della classe dirigente, finanche docenti e dirigenti di scuole medie superiori. Ed è questo che differenzia le aree del clan dei casalesi e di certi clan della zona di Napoli nord, da tutti gli altri posti in cui si ascoltano e si cantano i brani neomelodici.