Lo scandalo della casa Nonna Anna. La figlia del boss Perreca e i comodi scomputi sugli oneri che hanno fatto risparmiare ai proprietari amici di Carlo Marino una barca di soldi. Più studiamo le carte e più questa storia puzza, ma proprio tanto

30 Settembre 2024 - 13:55

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Erano ultra-morosi con l’imprenditore Tarabuso, proprietario della vecchia sede di via Tescione, ma poi hanno costruito un immobile che vale milioni di euro in via Amendola. Poi a settembre arriva la commissione d’accesso e Franco Biondi che solo due mesi prima era stato liberato dagli arresti domiciliari, firma l’accreditamento, perché lui continua a comandare al Comune di Caserta, mentre gli assessori sono stati fatti tutti fuori, a una società con 1000 euro di capitale sociale, un solo socio e lavandaio. Ora, che facciamo, abbiamo paura delle conseguenze se scriviamo se alla luce di tutte le cose che abbiamo riportato in questo e nel primo articolo diciamo che il giovanotto di Casagiove è solo un prestanome?

CASERTA (g.g.) – Stavolta lo diciamo in maniera brutale e non scrivendo un articolo faticoso, denso di dettagli e suddiviso in paragrafi come quello dell’altro giorno.

Il signor Franco Biondi, evidentemente su dritta del sindaco Carlo Marino e in una delle sue molteplici vesti, stavolta quella di dirigente dei servizi sociali “si è fidato”, lo scorso 11 settembre, di accreditare, per la gestione della casa albergo “Nonna Anna” struttura con decine di dipendenti e molte più decine di ospiti della terza età, una roba che fattura soldi “con la pala”: leggete bene, una società a responsabilità limitata, semplificata con 1000 euro di capitale sociale, in pratica un nulla totale o total, come dice la Angelina Mango.

Questa società, chiamiamola così giusto per dire, è formata da un solo componente, il signor Antimo Gerardo Marino di Casagiove, domiciliato a Casapulla, lavorativamente reduce da un esperienza in una lavanderia e che nella Anima srls è oltre che unico socio, anche amministratore unico e legale rappresentante.

Ciò Franco Biondi lo ha fatto a un paio di mesi di distanza dalla sua liberazione dagli arresti domiciliari. Guardate, se noi affermiamo che lui, Marino ed altri del Comune di Caserta hanno la faccia come il culo, ci diranno che noi non usiamo espressioni continenti.

Per cui siamo soggetti anche a subire una condanna per diffamazione a mezzo stampa.

Però, stavolta, ci piacerebbe per davvero ricevere una querela, perché ci piacerebbe declinare la biografia di Biondi e Marino, accompagnata da migliaia di pagine documentali riguardanti le inchieste giudiziarie che le hanno toccate e che, al di là dei loro esiti, evidenziano una relazione tra la funzione svolta e gli atti erogati a dir poco spavalda, sfrontata e strafottente come lo può essere solo quella di chi si ritiene un intoccabile.

Questa sarebbe la nostra difesa allo scopo di rientrare e di essere assolti dall’eventuale accusa di essere stati incontinenti con le parole.

D’altronde culo è un termine usato ormai abitualmente anche in contesti pubblici in cui partecipano minori.

La rinomata cantante del gruppo la rappresentante di Lista è stata censurata solo da un numero limitato di radio, ma neppure sul palco di Sanremo, quintessenza del linguaggio parlato nazionale in cui il culo è stato dunque definitivamente sdoganato con la canzone a molti nota.

Faccia come il culo. Perché tu l’11 settembre prendi una società costituita due mesi e mezzo prima e la metti a capo di una struttura che fattura milioni e milioni di euro all’anno. E allora ciò non può non essere spiegato dalle attenzioni che il governo, il ministero dell’Interno sta ponendo sulle cose del Comune di Caserta attraverso la commissione d’accesso che vi opera da fine agosto.

La società fantasma del lavandaio casagiovese sostituisce la società reale, La Cattolica Srl (prima ancora la Nonna Anna Srl) anch’essa però con tante ombre e diverse connotazioni equivoche. Società con un unico socio ma non come capita spesso, per effetto delle sue micro-dimensioni.

No, unico socio, che è anche legale rappresentante, che sottoscrive un capitale di 350mila euro.

A un certo punto si ha fretta di nasconderla, come se questo socio che di nome fa Antonino Cipriano avesse qualcosa da nascondere. Più di un testimone ci racconta che Cipriano continua a stare nella struttura e a dispensare ordini. Pensate che si sono anche scordati di togliere il suo nome dal sito della casa albergo, dove risulta ancora esser il responsabile del trattamento dei dati personali.

Carlo Marino dirà che come tutte le superstar non può star lì a verificare chi si fa fotografare con lui. Per cui dirà pure che non è stata certo una sua iniziativa quella di scattare una foto insieme al citato Antonino Cipriano, ma anche insieme a Mena Perreca, figlia di uno dei boss più sanguinari della camorra casertana, quell’Antimo Perreca di Recale, che sicuramente, in una scala di valore criminale si attesta tra i 10 capicamorra più conosciuti nella storia della criminalità organizzata a Caserta.

Ma noi non a caso abbiamo scritto della fotografia di Carlo Marino con la Perreca a fine articolo. Perché quella fotografia, che di per sé, su questo Marino ha ragione, non significa niente, inserita nel contesto opaco delle gestioni di quella che è la Rsa più importante e produttiva di Caserta e dintorni, qualche significato può assumerlo.

Una società barzelletta, accreditata da Biondi per gestire una casa albergo remunerata dal servizio sanitario regionale con lautissimi trasferimenti finanziari in convenzione.

Prima del lavandaio di Casagiove, Antonino Cipriano, a sua volta socio unico che verso però 350mila euro.

Ora, è vero che suo papà ha fatto l’imprenditore edile a Caserta, ma il suo curriculum è pressoché nullo, pieno di toccate e fughe dal settore delle grandi affissioni, dalle organizzazioni di matrimoni e non meglio precisati incontri, dallo “sbrigamento” di carte e documenti a favore degli anziani.

E poi c’è la questione della sede. L’imprenditore Tarabuso non ha il coraggio di sfrattare Cipriano e i dipendenti di Nonna Anna, tra cui anche la figlia del boss, e crea le condizioni per liberarsi di soggetti che non pagavano il canone da una vita, facendosela in pratica sequestrare dal Tribunale.

Però, questi soggetti che non pagavano il canone a Tarabuso costruiscono in via Amendola, già all’interno del perimetro della frazione di Puccianiello, quella dove abita Carlo Marino, una sede enorme, bellissima, sontuosa.

Per cui i soldi per pagare il canone a Tarabuso non li avevano, ma i milioni di euro occorsi per costruire a via Amendola c’erano.

E se una banca apre i cordoni della borsa, ci deve essere una garanzia solida, importante, indiscutibile. E questo potrebbe essere materia di analisi e indagine da parte dell’autorità giudiziaria.

Qualcuno è ritornato con la mente alle procedure del Comune di Caserta grazie alle quali questa sede è venuta su.

Rimane nella storia, ad esempio, un “fantastico” scomputo degli oneri di urbanizzazione: ben 80mila euro scomputati, cioè soldi che nelle casse del Comune non sono entrati, in cambio della realizzazione del marciapiede che, carte alla mano, caro Biondi e caro Marino, doveva contenere anche una pista ciclabile mai vista, proprio antistante la struttura di Nonna Anna.

E sapete quanto è lungo il marciapiede costruito dalla società di gestione di allora, ossia quella di Cipriano?

100 metri di lunghezza e un solo metro di larghezza. Se non credete alle cose che abbiamo raccontato, vi favoriamo, a fine articolo, lo screenshot che queste cose dimostra, un documento attinto direttamente dall’albo pretorio del tempo.

Sopra ci sono scritti i costi stimati dal Comune. Prezzi a dir poco allegri per le opere di abbattimento delle barriere architettoniche. Una cosa che risale a 3 anni fa. 720 metri quadrati per meno di 30mila euro.

Che dite, la casa albergo Nonna Anna ha ricevuto dal Comune di Caserta un trattamento equo come quello riservato ad un costruttore senza santi in paradiso, pardon, senza santi nella cucina degli orrori di Palazzo Castropignano?

Assolutamente no. Questi dati non fanno che accrescere i dubbi su cointeressenze mascherate nella proprietà di questa struttura.

Vedete, noi abbiamo il dannato vizio e difetto di voler essere più realisti del re.

Vogliamo dimostrare, vogliamo rendere la realtà che raccontiamo inoppugnabile e ci mettiamo a percorrere certi sentieri amministrativi giungendo alle sorgenti sconosciute ai più e puntando a dimostrare le cose fino all’ennesima potenza aritmetica.

Certe volte sbagliamo, come in questa circostanza. Basterebbe, infatti, attaccare al muro del racconto chiaro, semplice, lapalissiano, la storia del lavandaio casagiovese, la storia della srl semplicata con 1000 euro di capitale sociale nata il 30 maggio e che il giorno 11 settembre diventa in pratica proprietaria o anche azienda di gestione al 100% di una struttura sanitaria che tra immobile e giro d’affari viaggia verso i 40-50 milioni di euro.

E allora anche quella fotografia con la figlia di Perreca conta e conta molto.

Allora anche la normale spiegazione, il normale salvataggio in corner, attuato da molti politici tra cui Carlo Marino nel momento in cui non possono chiedere la carta d’intentità delle persone che si fanno fotografare con loro diventa una spiegazione molto più debole.

Indagheremo molto perché quella foto…vabbè, non vogliamo scoprire le nostre carte avendo ormai la totale convinzione che dall’altra parte, a confrontarsi e scontrarsi con noi, non ci sia gente onesta né intellettualmente e né, purtroppo, materialmente.

Questi sono i costi stimati dal comune (quindi prezzi sicuramente “allegri”) per le opere di abbattimento barriere architettoniche di 3 anni fa. 720 mq, meno di 30mila euro