L’ODISSEA. Vergogna Regione e Asl: per una donna casertana mammografia “vietata”. Assistenza sanitaria distrutta e cancellata

6 Febbraio 2022 - 13:29

CASERTA – Peggio, sempre peggio. L’assistenza diretta, basilare architrave del welfare italiano, è in pesantissima crisi in Campania. Casertace ha più volte affrontato la questione gravissima della sospensione delle prestazioni in convenzione in laboratori, in centri di diagnostica per immagini, eccetera. Ma la situazione peggiora giorno per giorno e il caso che raccontiamo oggi ne è chiara dimostrazione.

Una sconcertata ed incollerita lettrice si è rivolta a Casertace.net per lamentare una sua peripezia con l’ASL casertana, che ha dell’increscioso e dell’incredibile e che se costituisse un fatto generalizzato inaugurerebbe una nuova sanità territoriale, la SANITA’ DELLA RIFFA, dopo quella dei badget, già di per sè inconcepibile negando il fondamentale diritto alla salute. E specie se ci si mette a paragone con le altre regioni dove persino le cure e l’assistenza domiciliari – altro che quelle di base – sono una realtà consolidata, a fronte del nostro nulla.

È accaduto che la signora, dovendo eseguire una radiografia mammaria di protocollo – e non stiamo qui a spiegare il perché ed il percome talmente sono intuibili – a metà di gennaio è andata al suo abituale laboratorio convenzionato, con tanto di prescrizione medica. Lì veniva informata che gli esami come il suo erano bloccati su disposizione regionale per l’esaurimento del budget delle prestazioni. Si verificava, cioè, quello che generalmente già avveniva negli altri anni dai mesi da settembre a dicembre. Con la novità, come le sarebbe stato detto, che per quest’anno tale misura di sospensione delle prestazioni sarà applicate su base mensile. Ossia le erogazioni in regime di convenzione opereranno solo sino alla seconda decade di ogni mese.

Ciò stante, la donna, armatasi di santa pazienza, si disponeva ad aspettare il mese di febbraio. Per cui, nel primo pomeriggio dell’altro ieri – così ci ha raccontato – è tornata al laboratorio. Fatta la sua bella fila di una buona mezz’ora – all’esterno ed in piedi, com’è ormai di prammatica quasi ovunque, per nessun’altra ragione che l’insipienza organizzativa che ci contraddistingue – è andata allo sportello dell’accettazione . E qui, sorpresa delle sorprese, alla sua richiesta si è sentita rispondere pressappoco  così: “…signora, ci dispiace, non dipende da noi, ma ci hanno telefonato e dalle ore 12 le convenzioni sono nuovamente sospese e dunque l’esame è a pagamento…”. Alla allibita lettrice non è rimasto altro da fare che andarsene così com’era arrivata, senza praticare la radiografia e senza peraltro sapere quando e come riuscirà a farla.

Questo è, nella realtà, lo stato pietoso della sanità pubblica da queste parti. Poi sul piano retorico possiamo continuare a vantarci di eccellenze ospedaliere varie, quando esse sono piuttosto dei singoli professionisti che si distinguono per la loro propria scienza medica, la loro capacità e dedizione, che non del governo politico amministrativo della salute pubblica.

Ora azzardiamo, rispetto a questi fatti eloquenti, una sola considerazione di buon senso.

Si comprende che la regione voglia economizzare sul proprio bilancio sanitario – che viene detto non congruo e non essendo il massimo sul piano della pianificazione finanziaria. Ed in questa prospettiva già operano dei filtri organizzativi che vigilano sull’appropriatezza ed adeguatezza prescrittiva dei farmaci e delle prestazioni sanitarie.

Ma che razionalità ha un’operazione così concepita, la quale, considerando che la domanda di cure e sostanzialmente incomprimibile, avrà l’effetto prevedibilissimo di costringere gli ammalati,  senza risolvere il problema, a concentrare le richieste di prestazioni negli stessi e più ridotti periodi del mese in cui esse vengono assicurate in convenzione. Con il caos e la confusione ancora maggiori di quelli che già normalmente regnano.

Mai come in questa materia occorrerebbe la massima chiarezza verso l’utenza dei pazienti, che –salvo sparuti fenomeni di ipocondria o di comparaggio penalmente rilevanti con strutture sanitarie o farmaceutiche – nella loro preponderante maggioranza farebbe volentieri a meno di correre tra medici e ambulatori. In queste ore pare che le menti della sanità campana, l’assessore al bilancio Ettore Cinque ed il consigliere di De Luca Diego Venanzoni, raggiunti da proteste di tutti i tipi, si starebbero interrogando – bontà loro – su questo disastroso sistema dei tetti di spesa sanitaria, mensili od annuali che siano. Ma pare che prima di aprile (sic!) non se ne parli, per la serie “…mentre il medico studia, l’ammalato se ne muore”.

L’ASL di Caserta bene farebbe, intanto, anziché lasciar correre i si dice e le voci più strane su di un tema tanto rilevante come questo, a spiegare per bene e con chiarezza come stanno le cose.