LA NOTA MARCIANISE. Chapeau al Velardi cronista, ma lui la Lea l’ha chiusa solo perchè è stato costretto a farlo

26 Ottobre 2018 - 12:24

 

MARCIANISE(g.g.) Questa volta il cronista Antonello Velardi è stato ineccepibile. Nel suo primo post di giornata, alle 7 e 11 di stamattina, ha descritto, con semplicità e precisione, ciò che stava accadendo alla Lea, ormai consumata dalle fiamme e totalmente distrutta.

Sicuramente vera anche la notazione sul fatto che sia stato lui a chiudere questo deposito. Però, si sa, quando un cronista o un giornale, qual è oggi Il Mattino, scelgono di dover parlare di se stessi, scelgono di far cronaca su se stessi, è chiaro che l’obiettivo viene raggiunto solo parzialmente.

Perchè se è vero che Velardi ha chiuso la Lea, è anche vero che ciò è avvenuto solo tecnicamente. Perchè il sindaco di Marcianise l’ordinanza l’ha fatta dopo mesi e mesi, conoscendo, lui e i dirigenti, sin dal settembre 2017 la situazione in cui versava la citata azienda; l’ha fatto dopo aver inscenato una esibizione felliniana, surreale in cui lui, da sindaco, protestava contro la potenziale bomba ecologica costituita dalla Lea.

E lo faceva con un presidio con tanto di ombrellone, viveri e partite a carte, ovviamente tutte immortalate dalle tv e dai giornali amici. Ma contro chi protestava il sindaco Velardi? Contro la Lea senz’altro. Ma quando uno organizza un presidio o una manifestazione per strada, ha, come si suol dire, anche una piattaforma di rivendicazione, cioè un obiettivo.

Quello di Velardi, almeno a quanto lui diceva in quei giorni, consisteva nel determinare la chiusura dell’attività. E qui sulla scena irrompe il grande genio romagnolo della celluloide, accompagnato a braccetto (i due stanno molto meglio insieme) dal premio nobel Pirandello. Mondo onirico e mondo del paradosso si sposano meravigliosamente in un caso come questo.

Velardi chiedeva la chiusura della Lea ma dimenticava di indicare chi fosse il destinatario di questa richiesta. Lo dimenticava oppure faceva finta, perchè l’unica autorità che aveva in mano la potestà per chiudere, con un provvedimento amministrativo, quell’impresa, era il sindaco pro tempore di Marcianise, cioè lui stesso.

A rinfrescargli le idee evidentemente rese confuse dal sol leone di quei giorni, ci pensò l’avvocato Adinolfi che, rappresentando gli interessi della Impresud di Francesco Iavazzi, diffidò il sindaco pro tempore di Marcianise a produrre immediatamente un’ordinanza di chiusura.

E fu solo dopo la notifica di quest’atto che Velardi produsse quel provvedimento a cui fa cenno laconicamente nell’asciutta cronaca mattutina.  Tutto ciò solo per amor di verità.

Resta comunque aperto il dilemma: perchè il comune di Marcianise, pur conoscendo, da settembre, così come noi abbiamo dimostrato in diversi articoli pubblicati in quel periodo, le condizioni in cui versava la Lea non ha mosso un dito? Perchè il sindaco Velardi cedendo per l’ennesima volta la sua dipendenza da passerella, da palcoscenico, da one man show, ha sfruttato come vero uomo di spettacolo il problema Lea, guardandosi bene, però, dal mettere quella sacrosanta firma che avrebbe chiuso la faccenda in due minuti?

Per caso, perchè ciò avrebbe impedito la realizzazione dello show? Può darsi. Conoscendo il personaggio, può darsi. Ma può darsi anche che c’entri il fatto che dentro alla Lea lavoravano decine di marcianisani, assunti lì su indicazione, perorazione, raccomandazione dei politici locali, degli assessori comunali e dei consiglieri di maggioranza. Può darsi.