Ad Script

ORDINE DEGLI AVVOCATI. Doppio ricorso della Del Vecchio. Ecco quando ci sarà la decisione e gli scenari possibili

16 Febbraio 2019 - 18:22

SANTA MARIA CAPUA VETERE (gianluigi guarino) – Non è semplice stare appresso alle complesse procedure, delineate da una giurisdizione di cui non ci occupiamo quasi mai, ponendoci il problema solo quando si svolge quel rodeo folle, costituito dalle elezioni degli organismi dell’avvocatura del foro di Santa Maria Capua Vetere.

Come abbiamo raccontato ai nostri lettori, seguendo con puntualità gli avvenimenti complicati che hanno segnato di tensioni, sia la fase precedente all’apertura delle urne, sia i giorni in cui più di 2600  avvocati sono andati a votare, la candidata indubbiamente più forte, cioè Angela Del Vecchio è stata esclusa dalle liste, insieme ad altri due candidati, cioè Antonio Mirra, omonimo dell’attuale sindaco di Santa Maria Capua Vetere e Patrizia Manna, in forza dell’applicazione combinata e parimenti retroattiva della legge Falanga del 2012, che riordina strutturalmente l’avvocatura, e della legge 127 del 2017 che disciplina le modalità di voto per il rinnovo dei consigli dell’ordine.

Rispetto a quella decisione, assunta peraltro a sole 48 ore di distanza dall’apertura delle urne con una coda ovvia di polemiche e veleni, Angela Del Vecchio, Manna e Mirra hanno presentato ricorso, assistiti dal noto avvocato amministrativista Renato Labriola.

Ora se qualcuno è interessato al dettaglio più profondo di questa vicenda, può tranquillamente accedere al nostro archivio cercando, con parole chiave di facile deduzione, tutto ciò che abbiamo spiegato sul primo ricorso al Tar e sul pronunciamento di quest’ultimo riguardo al dovere del consiglio nazionale forense di esaminare il ricorso della Del Vecchio.

L’operazione orchestrata dall’ex presidente reggente Franco Buco di decidere l’esclusione della Del Vecchio solo 48 ore prima dell’apertura del seggio, non ha consentito, comprimendo chirurgicamente i tempi, al consiglio nazionale forense di pronunciarsi prima delle elezioni.

Probabilmente, quest’atto di furbizia è stato pagato nell’urna da Buco e dai suoi, che, dall’essere stati, nonostante lo strappo con la stessa Del Vecchio, maggioranza durante tutta l’ultima consiliatura, dunque controllori e controllanti dell’ordine degli avvocati, si sono trovati incredibilmente fuori dal consiglio con zero eletti.

I tempi però sono maturati e il consiglio nazionale forense si è riunito ieri mattina, venerdì, a Roma per iniziare la discussione sul ricorso. L’avvocato Labriola ha preliminarmente chiesto l’unificazione del ricorso originario, quello avverso all’esclusione dei tre avvocati con quello presentato dopo le elezioni e che chiede l’annullamento della proclamazione degli eletti. Un atto dovuto, o meglio sarebbe dire, dovuto rispetto ad un professionista di rango e di esperienza, qual è indubbiamente Renato Labriola.

Dovranno ora trascorrere una decina di giorni affinché il secondo ricorso possa diventare oggetto di discussione e dibattimento. A quel punto, avverrà l’unificazione dei due fascicoli, rispetto alla quale il consiglio nazionale forense ha dato, ieri, parere positivo.

Queste le news. Per quanto riguarda il problema giuridico scricto sensu, è complesso e occorre fare uno sforzo per presentarlo ai nostri lettori in parole povere e comprensibili. Tutto si basa a questo punto, sulla reiterazione del vincolo dei due mandati, cioè quello che ha determinato l’esclusione di Angela Del Vecchio, di Antonio Mirra e Patrizia Manna, avvenuta in maniera sicuramente confusa (e il perché ve lo spiegheremo nei prossimi giorni ) con il decreto legge n.2 del 2019, approvato dal Governo nei primissimi giorni del nuovo anno. E proprio sulla decretazione d’urgenza ha espresso dubbi il procuratore generale della Corte di Cassazione che è parte processuale all’interno dei procedimenti del consiglio nazionale forense. Perplessità che investono anche il perimetro della dubbia costituzionalità (art. 77 e il casotto del decreto del Governo trasformato in ddl pochi giorni dopo contribuisce alla consistenza di questo dubbio) di questa reiterazione. Il tutto, però, va confrontato con il ben noto (ai nostri lettori) pronunciamento della stessa Corte di Cassazione a sezioni riunite, che ha validato la retroattività della legge 127 del 2017 e che ha rappresentato la base dell’appena mensionato decreto 2 del 2019.

Insomma un vero e proprio garbuglio. La decisione del consiglio nazionale forense che ha come giudice d’appello proprio la corte di cassazione, è prevista entro marzo.