VIOLENZE NEL CARCERE DI S.MARIA. Respinta anche l’eccezione di incostituzionalità, ora il dibattimento inizia “sul serio”

1 Febbraio 2023 - 13:44

S.MARIA C.V. (G.G.) – La questione giuridica è complessa e per dare un senso, per comprendere bene la notizia che vi andiamo a dare, consigliamo di leggerla QUI.


Anche solamente sintetizzarla costituirebbe infatti un preambolo troppo lungo. Il tema è quello del processo nei confronti dei 105 (in verità 107, ma 2 hanno chiesto ed ottenuto il rito abbreviato) tra agenti della polizia penitenziaria del carcere di S.Maria C.V., dirigenti della stessa casa circondariale, ed altri ancora appartenenti alla direzione del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) a partire dall’ormai ex direttore regionale.
Sono accusati, a vario titolo e in vario modo, per le violenze perpetrate ai danni di diversi detenuti nei primi giorni di aprile del 2020, quando nel carcere di S.Maria, come del resto in tutti gli altri, la tensione salì a mille a causa della pandemia.
Stamattina, possiamo dire che il processo sia iniziato per davvero, avendo il collegio giudicante, presieduto da Roberto Donatiello, a latere Alessandro De Santis che, tra le altre cose, di qui a poco abbandonerà il processo per raggiungere il suo nuovo posto di giudice della Corte dei Conti, frutto di un concorso a cui ha partecipato con successo.
Il processo entra nel vivo perché, come avevamo annunciato, oggi i giudici della Corte d’Assise avrebbero dato il proprio responso alle diverse eccezioni presentate dagli avvocati difensori.
Tra

queste, quella largamente più interessante recava la firma dell’avvocato Giuseppe Stellato ed è proprio il fatto processuale di cui abbiamo trattato nel nostro articolo segnalatovi all’inizio.


La pubblica accusa, titolare dell’inchiesta l’allora procuratore aggiunto Alessandro Milita, non aveva riversato nel fascicolo messo, in ossequio della legge, a disposizione delle parti, in sede di notifica dei decreti di chiusura delle indagini preliminari, diversi documenti, mezzi di prova, che dunque non hanno potuto costituire strutture in grado di determinare le scelte strategiche e di economia processuale dei difensori.
Questo indusse l’avvocato Stellato a presentare un’eccezione con la quale chiedeva la retrocessione del procedimento allo stadio iniziale.
Quindi, niente più processo almeno per ora e ri-notifica degli atti di chiusura delle indagini preliminari.
Di fronte al diniego argomentato del collegio giudicante, il quale affermò che tutta questa documentazione inserita in ritardo dal Pm e dunque non messa a disposizione dei difensori, sarebbe stata comunque espunta dal fascicolo processuale e non più costituente un’arma a disposizione della pubblica accusa, l’avvocato Stellato ha presentato una ulteriore eccezione.
Ha ribadito che l’impossibilità di accedere sin dalla notifica dei decreti di conclusione delle indagini a quegli elementi di prova, si trattava di filmati presi dalle telecamere del carcere e relativi al giorno prima dei fatti contestati, avrebbe leso il diritto di difesa e per questo motivo l’eccezione è stata riformulata come fatto incostituzionale.


La tesi di Stellato fu confutata dal principale avvocato di parte civile, Francesco Piccirillo, che rappresenta il garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello, con le motivazioni che abbiamo ampiamente trattato nell’articolo che vi reinvitiamo a leggere. Stamattina, il giudice Roberto Donatiello ha reso nota la sua decisione e ha respinto l’ulteriore eccezione presentata dall’avvocato Stellato, entrando maggiormente nel merito relativo al valore processuale di quelle immagini e di quei mezzi di prova iniettati in ritardo nel fascicolo dal Pm.


Secondo il giudice non si tratta di cose fondamentali o comunque di cose di valore di cifra tale da determinare una lesione del diritto di difesa, come invece sarebbe accaduto nel caso in cui mezzi di prova più importanti e concreti fossero stati inseriti con uno speculare ritardo.
Di qui, la decisione di respingere l’eccezione in quanto secondo il giudice, nel comportamento della pubblica accusa non c’è lesione della Costituzione, anche perché questo ritardo trova già evidente sanzione nel momento in cui il collegio le considera carta straccia, non potendo il pubblico ministero utilizzarli in nessuna fase dibattimentale.