CAVAIOLI & SIMPATIZZANTI. Vi spieghiamo perché Giovanni Zannini non è in buona fede con il suo sub-emendamento. Pro Luserta? Vedremo

31 Maggio 2021 - 18:31

Dopo l’articolo di ieri, ci siamo presi un po’ di tempo per leggere e metabolizzare bene le relazioni logico-giuridiche tra il testo del consigliere regionale, che per il momento l’ha ritirato dalla Commissione Bilancio, e la normativa esistente sull’argomento. Si è tentato di integrare una norma vintage e ampiamente superata di una legge di 36 anni fa

 

 

CASERTA – Cercheremo di capire, in questi giorni, che fine abbia fatto il sub emendamento presentato dal consigliere regionale Giovanni Zanni che, ricordiamo, era anche il presidente della Commissione Ambiente, con il quale, per motivi misteriosi, si è andato ad integrare un autentico ferro vecchio della legislazione regionale, datato addirittura 1985, tempo in cui Pippo Baudo aveva tutti i capelli neri ed Eros Ramazzotti sortiva nella sua borgata.

Conoscendo Zannini, figuriamoci se andava a scrivere una roba del genere perché colpito improvvisamente da una nobile fregola ambientalista.

Ecco perché, al di là, dell’analisi del testo di questo sub-emendamento, in tanti, compresi noi, abbiamo alzato le antenne, concentrando legittimamente e comprensibilmente la nostra attenzione sul fatto che Giovanni Zannini sia diventato da qualche anno l’amico del cuore di Antonio Luserta, uno dei maggiori imprenditori della cosiddetta cavicoltura in servizio in Campania.

Quando il consigliere regionale, così come ha fatto ieri comunicando il suo pensiero al sottoscritto attraverso Whatstapp, rivendica il carattere positivo della sua iniziativa, che lui commenta soffermandosi solo sulla parte relativa alla proibizione a cavare, gli vorremmo dire che ai nostri occhi non appare questo il tratto saliente al suo sub-emendamento.

Se infatti è, tutto sommato, abilmente fondata l’argomentazione di una specificazione in senso conservativo delle cosiddette aree contigue, rimaste senza perimetrazione dal 1991, cioè da quando una legge dello Stato aveva delegato le regioni a stabilire le misure di queste aree contigue a quelle protette, ad esempio contigue a un parco urbano, non è quella appena descritta l’unica espressione testuale del sub-emendamento.

D’altronde, se la Regione non aveva mai perimetrato le zone contigue, è perché tanta altra carne era finita sul fuoco, a partire dalla fondamentale approvazione del Piano Regionale delle Attività Estrattive o PRAE che dir si voglia.

Ed è stato il PRAE a stabilire, tra le altre cose, la perimetrazione delle aree in cui si poteva ancora cavare e quelle in cui non si poteva fare nulla, neppure quelle attività della cosiddetta riqualificazione che in realtà hanno nascosto anni e anni in cui si è continuato ad estrarre migliaia di tonnellate di sostanze di cava e a distruggere le montagne.

Altro che riqualificare.

Ed ecco perché riteniamo che, dando per assodata la buona fede di Zannini, l’aver tentato di inserire questa aggiunta alla lettera c del comma 1 dell’articolo 7 della legge regionale 54 del 1985, abbia rappresentato un esercizio ozioso.

Ripetiamo, dobbiamo dare per assodata la buona fede, all’interno della quale non si trova un’altra ragione per spiegare il motivo per cui Zannini non si sia reso conto che nel PRAE esistono delle norme che assorbono ampiamente la questione della perimetrazione delle aree di cava, e le loro eventuali relazioni con le aree contigue alle zone protette di alto significato paesaggistico-ambientale.

Al di fuori di ciò, ci sono solamente le deroghe, ben presenti e ben strutturate nel sub-emendamento, a cui Zannini non ha fatto alcun riferimento quando ha provato a spiegare al sottoscritto le sue ragioni.

“Sono fatti salvi i procedimenti per i quali non è stata rilasciata l’autorizzazione estrattiva ma sono stati acquisiti – alla data di entrata in vigore della presente legge – tutti i pareri, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, necessari a consentire la coltivazione della cava”.

Letta così, come fai a pensare che l’unica ragion d’essere sia stata quella ambientalista del voler impedire sic et simpliciter che si possa fare qualche attività all’interno delle aree contigue per questo motivo perimetrate con i 500 metri?

Non lo puoi pensare, non puoi ritenere, al contrario di quello che retoricamente abbiamo scritto prima, che ci sia buona fede.

Se leggete bene, infatti, la deroga non riguarda il titolare di un diritto, cioè chi possiede un autorizzazione estrattiva, bensì colui o coloro che hanno fatto tutte quelle strane e spesse disinvolte conferenze dei servizi, eccetera, ma non hanno ancora il titolo, l’autorizzazione a estrarre.

La deroga stabilisce che dentro al perimetro di 500 metri dalla zona protetta queste persone, che hanno esaurito la procedura propedeutica a una autorizzazione comunque non ricevuta, possono cavare.