TUTTI I NOMI. DROGA IN PROVINCIA. Tutte le condanne sullo spaccio tra Marcianise, Maddaloni, Portico e Macerata
3 Giugno 2025 - 09:39

CASERTA – La Corte di Cassazione ha confermato in via definitiva le condanne nei confronti di sette persone coinvolte in una vasta operazione antidroga, che aveva portato alla luce un’articolata rete di spaccio collegata al clan Belforte e attiva tra le province di Napoli e Caserta.
L’indagine, condotta tra aprile 2017 e aprile 2018, ha permesso di smantellare tre distinte organizzazioni criminali dedite al traffico di cocaina. Una operava tra Maddaloni, Santa Maria a Vico, Cervino e Recale; un’altra agiva nel “Parco Verde” di Caivano e nei comuni limitrofi di Cardito e Crispano; la terza, infine, era attiva tra Marcianise, Capodrise, Portico di Caserta e Macerata Campania. A ciascuno degli imputati è stato riconosciuto un ruolo specifico all’interno di queste strutture criminali.
I giudici della Quarta Sezione penale, presieduti da Lucia Vignale, hanno rigettato i ricorsi presentati dalla maggior parte degli imputati, confermando quanto già stabilito in appello dalla Corte di Napoli. Solo per uno di loro, Antonio D’Agostino, è stato disposto un nuovo esame da parte dei giudici di merito, a causa di un errore nella determinazione della pena legato all’applicazione del principio del reato continuato.
Le condanne confermate riguardano, tra gli altri, Paolo Iuliano, appartenente alla famiglia Iuliano-Carnevale di Marcianise, condannato a 13 anni e 8 mesi di reclusione. Con lui, anche la madre Maria Carnevale, a cui sono stati inflitti 4 anni e 5 mesi di carcere, e lo zio Donato Carnevale, condannato a 6 anni.
Pesanti le pene anche per Domenico Russo, che dovrà scontare 7 anni e 6 mesi, e per Gaetano Setola, a cui sono stati inflitti 6 anni e 10 mesi. A Marianna Nuvoletta sono stati comminati 6 anni, mentre Rosario Mandato sconterà 4 anni di reclusione.
I ricorsi respinti dalla Cassazione si fondavano su presunti vizi di motivazione e contestazioni circa il calcolo delle pene, ma i giudici hanno ritenuto le obiezioni infondate o carenti dal punto di vista giuridico. L’unica eccezione è rappresentata, come detto, da Antonio D’Agostino, la cui pena – pari a 6 anni e 6 mesi – dovrà essere ricalcolata da una diversa sezione della Corte d’Appello.