Biagio Lusini si presenta con una delega senza timbro notarile. Ecco perché le dimissioni dei consiglieri per far cadere Di Matteo non sono valide. Sulle surroghe…

17 Agosto 2018 - 11:31

TEVEROLA(g.g.) Di Biagio Lusini, abbiamo scritto tantissimo in questi anni. Ritrovarcelo baldanzoso in comune con in mano un foglio contenente le firme di 9 consiglieri comunali con le quali si pone fine all’amministrazione di Dario Di Matteo, non è certo un gran vedere. Biagio Lusini ha pienamente diritto a far politica, a ripresentarsi a sindaco, perchè non ha mai subito una condanna, nè un provvedimento restrittivo della libertà personale.

Ma siccome lo stato italiano attraverso la magistratura inquirente e requirente, considera Antonio Iovine detto o’ninn un collaboratore di giustizia credibile, al punto da costituire capi d’accusa anche per effetto delle sue dichiarazioni, allora non è che lo possiamo considerare diversamente a intermittenza, in base alla convenienza.

Di Biagio Lusini, lui ed altri pentiti hanno detto cose che se non hanno un rilievo tale da giustificare provvedimenti giudiziari, rendono questa persona impresentabile dal punto di vista politico, a nostro avviso. Non stiamo qui a ripetere le stesse cose e gli stessi passaggi di ordinanza in cui Lusini viene chiamato in causa, magari ritornando alla famosa video testimonianza diretta in cui o’ninn parlò anche di lui, rispondendo alle domande del pm Ardituro nel corso del processo sulle connessioni tra camorra e amministrazione comunale di Villa Literno.

Ci fa specie che persone che consideriamo serie, quali Gennaro Caserta, si siano unite a Lusini in questa operazione dell firme. La speranza è che si sia trattato solo di un espediente tecnico-politico per chiudere la stagione amministrativa di un effettivamente deludente Dario Di Matteo, da cui ci si aspettava senz’altro di più.

Detto questo, il fatto che Biagio Lusini, nella sua vita abbia pensato alle cose pratiche, agli appalti, prima da imprenditore, poi da sindaco, è dimostrato dal modo con cui si è presentato alle 8 e 20 del mattino, al cospetto della segretaria comunale di Teverola. Con un foglio contenente le firme dei consiglieri dimissionari, ma senza avere in mano una delega, correttamente eseguita dal notaio in quanto mancante di timbro. La delega perfettamente redatta è la condicio sine qua non per rendere valido il procedimento: la contestualità, la contemporaneità dell’apposizione di queste firme, avvenuta probabilmente all’interno di uno studio natarile.

In pratica è successo quello che in parte succedette a Caserta capoluogo, quando un paio di consiglieri comunali dimissionari si recarono in comune, in quel caso senza proprio averlo il foglio della delega e per questo motivo la prefettura dichiarò non valide quelle dimissioni.

D’altronde il ragionamento è semplice: c’è un notaio che attesta la contestualità delle firme poste e nel momento in cui le attesta, questa manifestazione di garanzia notarile deve essere riportata dentro alla documentazione che si presenta al segretario comunale e dunque allo stato italiano. Nel caso di Caserta, i consiglieri comunali tornarono dallo stesso notaio, riapposero le loro firme e stavolta il professionista casertano, di cui non ricordiamo il nome, per evitare problemi, mandò, la mattina dopo, un proprio addetto in comune, con tanto di delega firmata e super timbrata.

Insomma, succede che il comune di Teverola e la prefettura hanno in mano un foglio in cui vengono attestate le dimissioni dei 9 consiglieri, ma non il documento redatto secondo la legge, che attesti la contestualità, perchè solo la contestualità vanifica la possibilità che un sindaco ha di procedere alle surroghe di chi si dimette.

A proposito di surroghe, a Caserta, l’allora sindaco Pio Del Gaudio ci provò. Molti dei candidati non eletti nelle varie liste si presentarono in comune di mattina. Ma si trattava di un’assurdità, visto e considerato che l’assenza della delega aveva annullato tutta la procedura e dunque nessun consigliere risultava più formalmente dimissionario. E non essendo tale, non poteva neppure essere surrogato.

Quindi, l’unica speranza che Di Matteo ha è quella di convincere qualcuno di quelli che hanno firmato a non tornare a farlo. In caso contrario, sulla scorta del marchiano errore compiuto sia dal notaio, sia da Lusini, che ha fatto una magra figura, la delega comparirà e renderà tutto valido al secondo tentativo.

Per quanto riguarda, la presenza sui documenti della data 11 agosto 1974, è evidente che si tratti di un errore che non dovrebbe però inficiare l’autenticità della manifestazione di volotà dei consiglieri. Quella c’è, manca la secondo irrinunciabile condizione: che venga espressa contemporaneamente.

Questo, secondo noi. Poi vedremo la prefettura come si pronuncerà.