CAMORRA E SERVIZI SOCIALI. Maittone, Ciripì e Ginotto. Non è un cartoon, ma un affare del clan dei Casalesi con l’imprenditore scelto dalla dirigente Accardo del comune di AVERSA

19 Febbraio 2022 - 11:48

Veramente più leggiamo le tonnellate di atti giudiziari che ci sciroppiamo quotidianamente e più rimaniamo basiti rispetto a quello che è successo nel comune normanno e si è potuto verificare anche perché Luigi Lagravanese anche abita ancora tranquillamente nel registro ministeriale del Mepa (Mercato elettronico della pubblica amministrazione

CASAL DI PRINCIPE (g.g.) – Come avevamo annunciato ieri sera, una determina firmata dalla dirigente del comune di Aversa, Gemma Accardo ha agitato i nostri ormoni.

Parliamo dell’atto amministrativo che ha attribuito previa trattativa diretta alla coop. Il Quadrifoglio di Luigi Lagravanese un affidamento di servizi sociali erogati dall’ambito C6 (di cui il comune di Aversa è capofila) di importo superiore ai 36 mila euro per un periodo di un mese e mezzo, da metà febbraio alla fine di marzo. A nostro avviso, c’è tutto il brutto della pubblica amministrazione in questa vicenda che ci è apparsa immediatamente emblematica di quanto lo Stato e le sue diramazioni territoriali di potestà ci mettano del proprio per fare in modo che chi ha costruito patrimoni e ricchezze enormi anche e soprattutto grazie al rapporto con cellule piccole/medie/grandi della criminalità organizzata possa continuare a sviluppare le proprie attività, evitando una doverosa sospensione delle stesse, attraverso l’uso di strumenti del diritto amministrativo, interdittiva antimafia in primis, mette a disposizione del governo, che ne delega le fasi istruttorie alle prefetture, campa

cavallo che l’erba cresce.

Se è potuto succedere, se la dirigente del comune di Aversa Accardo ha deciso, nel rispetto della legge, perché in questo caso la legge le ha dato la possibilità di farlo, di gratificare Quadrifoglio, cioè una cooperativa pesantissimamente indagata per reati di camorra e che fa riferimento al ben noto Luigi Lagravanese, è perché l’assist l’è stato fornito dal governo italiano, da cui dipendono i contenuti di questo maledetto-benedetto Mepa, in cui un’impresa sta fin quando none esistono le situazioni (e in questo caso ci sono tutte) che prevedano l’interdittiva antimafia che, ripetiamo, non è una condanna, ma una sospensione finché non si chiariscano le vicende giudiziarie non leggere le quali, nel caso specifico, vedono questo imprenditori accusato da una montagna di pentiti del clan del Casalesi di essere stato, quando facevano il boss, un loro socio di fatto.

Tra questi collaboratori di giustizia c’è Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, il capo assoluto del clan dei Casalesi. Ieri abbiamo scritto un primo articolo contenenti le dichiarazioni di Massimiliano Caterino O’ Mastrone, autentico braccio destro di Michele Zagaria, di Luigi Tartarone, personaggio di spicco del gruppo Bidognetti, e in parte dello stesso Nicola Schiavone. Sui racconti di quest’ultimo durante l’anno 2018 ci sono ancora di rilevare un paio di affermazioni. La prima che coinvolge Marcello Schiavone, noto soprattutto alle cronache della politica di Casal di Principe e dintorni, essendo stato più volte candidato al comune e all’amministrazione provinciale ad esempio per il Partito Repubblicano nel 2005.

Nicola Schiavone dice di aver incaricato suo cugino Marcello di sovraintendere, in nome e per conto suo, a tutte le gare relative al trasporto dei disabili, settore in cui aveva inserito anche il fratello Carmine (Schiavone), aggregandolo a Luigi Lagravanese, anzi, Ginotto, così come lo chiama confidenzialmente Nicola Schiavone, e agli ormai almeno per noi famosi due avvocati, il cui nome naturalmente è stato omissato. Uno dei quali titolare anche di funzioni politiche, secondo il racconto di Nicola Schiavone.

La seconda affermazione riguarda, invece, riguarda la struttura del rapporto tra il clan dei Casalesi e l’imprenditore dei servizi sociali. In questo caso, il confine tra pizzo e contratto societario viene totalmente rimosso perché Schiavone jr. racconta che il clan e Ginotto facevano, in pratica, fifty-fifty, cioè 50e50 sui proventi degli appalti che, sempre secondo Nicola Schiavone, il clan dei Casalesi faceva vincere a Lagravanese e alle sue cooperative. 

Non sappiamo se al tempo già esisteva Quadrifoglio, ma questo non è più di tanto rilevante. I soldi venivano consegnati a Mario Schiavone Marittone, zio di Nicola e persona legata da fraterna amicizia a Ginotto Lagravanese. In caso di impossibilità di Mario Schiavone, subentrava Gennaro Mastrominico detto Ciripì, forse e probabilmente citando la famosa réclame di una notissima marca di macchine fotografiche.

Questo è stato il quadro dipinto dai pentiti che, come scritto ieri, non possiedono la verità rilevata, ma offrono il destro alla funzione inquirente di analizzare in maniera concreta chi si aggiudicasse gli appalti, soprattutto sulla gestione dei disabili, a Casal di Principe e anche negli altri comuni dell’Agro aversano. In questi comuni e anche oltre, visto che abbiamo potuto notare come Lagravanese spaziava e spazi in tutto il perimetro della provincia di Caserta, con un’abilità di penetrazione in molti comuni della provincia di Napoli, area nord anche grazie all’attività di cui abbiamo letto con interesse dell’ex moglie Sofia Flauto, con cui è rimasta in splendidi rapporti anche professionali, tra le altre cose, grande amica dell’assessora regionale Lucia Fortini, nonché pupilla del presidente della regione De Luca, oltre al comune capoluogo, cioè Caserta, come indica l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex assessora Maria Giovanna Sparago.

Alla prossima.