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CARLO SAVOIA accusato di 416 bis, di turbativa d’asta e disastro ambientale. La connection con Carlo Marino per l’appaltone da 116 milioni e per il biodigestore

14 Novembre 2018 - 16:20

CASERTA(Gianluigi Guarino) “Hai capito, Carletto Savoia?” Lo conosciamo da più di 15 anni e di lui ricordavamo la funzione svolta di fedele rappresentante della politica all’interno delle stanze dei bottoni dei vari mondezzifici casertani e napoletani, nel primo decennio di questo secolo e anche in quello precedente dell’altro secolo.

Un ineccepibile e affidabile custode dei voleri dei vari Luigi Cesaro, in parte anche di Nicola Cosentino che però battè la testa, in quel di Mondragone, contro il muro di cemento armato, rappresentato da Giuseppe Valente, al tempo presidente del Consorzio rifiuti Ce4 che partecipava col 51% alla Eco4, operativamente gestita dai fratelli Sergio e Michele Orsi.

Valente non apprezzò l’intraprendenza di Carlo Savoia che facendosi forte dei padrinati politici, voleva imporre, pensate un pò, la propria legge in un posto dove i dirigenti, i padroni del vapore, cioè Valente e gli Orsi, erano dotati di una personalità fortissima e neppure avevano la necessità di piegarsi necessariamente ai desiderata di Cesaro, Cosentino, Landolfi e compagnia.

Savoia dovette lasciare la presidenza di Eco4 e da allora almeno per quanto ci riguarda, ne avevamo perso le tracce, visto che in prima linea era arrivato il fratello Giuseppe, per anni politico di punta del Pd. Peppe Savoia

fu sindaco di Sant’Arpino e fu anche candidato alle Regionali del 2005.

Ma Carletto navigava abilmente sotto traccia e costruiva un sistema fondato sul controllo degli appalti, in molti comuni delle province di Napoli e di Caserta.

L’abbiamo ritrovato come socio al 3% con la sua Xeco, sede al centro direzionale di Napoli, del consorzio Cite, al tempo in cui questo, correvano i mesi di febbraio e marzo scorsi, era entrato, a piedi giunti, nei grandi appalti della raccolta dei rifiuti, aggiudicandosi quello di Aversa (34 milioni di euro, auspice l’allora assessore Paolo Galluccio, anche lui indagato e pupillo di Giggino Cesaro) e quello di Castel Volturno, poi entrambi revocati perchè quando CasertaCe cominciò a scrivere inchieste su Savoia e sul Cite, saltò fuori, manco a dirlo, un peccatuccio che il Consorzio aveva fatto ad Orta di Atella, quando era stato revocato dal comune per inadempienza, perchè, non avendo pagato gli stipendi ai dipendenti, questi avevano incrociato le braccia lasciando per giorni e giorni la monnezza in mezzo alla strada.

Della gara d’appalto da 116 milioni di euro del comune di Caserta abbiamo scritto di tutto e di più. Basta consultare il nostro archivio anche attraverso i motori di ricerca. Si era notato subito che c’era qualche visione originale rispetto al passato: non più 5 anni, ma 7 e tante altre cose di quel capitolato che notammo e che ci portarono diritti alla idea che quando il comune capoluogo avrebbe finito di ristorare la Ecocar a colpi di proroghe, il Cite si sarebbe sicuramente aggiudicato il mega appalto.

Per cui non stupisce se nel decreto di perquisizione, firmato dai pubblici ministeri della dda di Napoli Fabrizio Vanorio, Maurizio Giordano e Gianfranco Scarfò, siano contenute proprio le operazione di acquisizione, anche attraverso la rottura di casseforti e altri sistemi di sicurezza, dei bandi di gara di Caserta e Aversa rispetto ai quali la dda la pensa esattamente come noi e cioè che Carlo Savoia, conoscitore vero di tutti i meandri della politica casertana che aveva battuto ai tempi della Forza Italia cosentiniana, si è mosso agilmente per mettere in piedi dei bandi che avrebbero portato all’aggiudicazione proprio a favore del Cite.

Ma Savoia, oltre al discorso Cite in cui è entrato evidentemente come uomo in grado di aprire “il mercato delle turbative d’asta” nei comuni della provincia di Caserta, aveva anche una sua attività autonoma. La svolgeva con la società Labgreen, amministrata formalmente dal suo dipendente Gennaro Cardone, mero prestanome. Casette per l’acqua dalle cui fontanelle miracolose, in verità, scorreva molto spesso anche oro colato.

In questa cordiale relazione con il comune di Caserta, Savoia si era garantito l’aggiudicazione dell’impianto e della gestione delle casette dell’acqua del capoluogo. Ma in questo settore aveva introitato affari pure nel comune di Casalnuovo.

Ulteriore elemento di penetrante presenza di Carlo Savoia, era quello riguardante l’altro grande business degli impianti di compostaggio. Con Marino e l’amministrazione comunale era entrato in contatto per quello di via Ponteselice. Probabilmente, puntava a vincere anche quella gara. Per cui, anche i documenti attinenti sono stati sequestrati e per questi documenti il sindaco Carlo Marino e Marcello Iovino, hanno aggiunto un ulteriore avviso di garanzia a quello già incassato per la gara d’appalto da 116 milioni di euro.

Sotto la lente d’ingrandimento della Dda, anche gli appalti per la raccolta rifiuti aggiudicati dai comuni di Sant’Arpino, quello in cui Savoia risiede, e di Cardito. Per quanto riguarda il compostaggio, una perquisizione è stata fatta anche al comune di Recale relativamente ai documenti riguardanti gli affidamenti per il trattamento della frazione organica umida. Dobbiamo ritenere, in un ulteriore impianto.

In questo caso, va ricordato che Recale è stato uno dei comuni che ha contestato la localizzazione in via Ponteselice dell’impianto di Caserta capoluogo. A suo tempo, scrivemmo che magari questo atteggiamento intransigente era dipeso forse anche dal fatto che Carlo Marino aveva rubato l’idea al comune di Recale.

Pensando alle attitudini di Carlo Savoia, non è improbabile che, in punto di diplomazia politica, si sia posto l’obiettivo di mettere pace tra Caserta, Recale, e gli altri comuni (San Nicola, San Marco e Casagiove) della contestazione.

Le ipotesi di reato formulate dai magistrati della dda nei confronti di Carlo Savoia sono gravissime: si va dall’associazione a delinquere di stampo camorristico, frutto anche dell’utilizzo dei nomi di Nicola Ferraro e dello stesso Cosentino che Savoia avrebbe fatto per imporre le sue aziende, alla turbativa d’asta, fino ad arrivare al disastro ambientale, aprendo, in questo ultimo caso, un ulteriore fronte, che ci piacerà approfondire: il rapporto stretto tra il faccendiere nostrano e un paio di imprenditori veneti, a partire da un tal Denis Baldan, titolare della Futura, società proprietaria di diversi impianti di trattamento dei rifiuti in cui sarebbero finiti illegalmente anche quelli che Carlo Savoia controllava in Campania.

Alla prossima.