CASALESI & ESTORSIONI. Niente pena più mite per Giuliano Martino, cognato di Massimo Russo “Paperino”

15 Giugno 2020 - 17:03

La corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il 47enne al pagamento delle spese processuali

CASAL DI PRINCIPE (red.cro.) – Il concetto della continuazione del reato è applicabile nel caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee e può portare ad una diminuzione del computo della pena stessa. Su questa interpretazione si è basato il ricorso di Giuliano Martino, cognato di Massimo Russo detto Paperino, elemento di spicco del clan dei Casalesi. L’uomo ha ricevuto due condanne della corte di Appello di Napoli, divenute irrevocabili, datate luglio 2017 e gennaio 2014. Quella più recente, lo ha visto ritenuto responsabile di associazione per delinquere di tipo camorristico, mentre, ormai 6 anni, la pena gli fu comminata per estorsione. In questi giorni è stata resa nota la sentenza con cui la prima sezione Penale della corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di Martino che, attraverso l’istituto della continuazione, tentava in pratica di ricevere uno sconto di pena. Infatti, secondo i legali del 47enne, Martino dal 2000, data della sua affiliazione nel clan dei Casalesi e nella fazione legata al capo Giuseppe Russo O’Padrin,

si è sempre occupato di estorsioni, come dimostrerebbe, per la difesa, la prima sentenza di condanna.

Per i giudici, però, la decisione presa dalla corte napoletana è stata corretta, senza vizi logici, poiché non ci sarebbero prove di una programmazione, al momento dell’affiliazione al Clan, datata  2000, del delitto di estorsione commesso da Martino circa dieci anni dopo. Il ricorso, quindi, è stato ritenuto inammissibile, confermando di fatto la decisione presa in secondo grado di giudizio.