CASERTA. Carlo Marino, Biondi e compagnia brindando al Coronavirus: mega-rinegoziazione dei mutui e altri 10 milioni di euro di debiti che ricadranno sui figli e sui nipoti dei casertani

28 Maggio 2020 - 18:26

Non c’è niente da fare. Anche i castighi epocali colpiscono solo le persone e gli stupidi, sempre preda della potestà dei furbastri

CASERTA (g.g.) – Una novità, legata al recente Decreto Rilancio, vergato dal Consiglio dei ministri, potrebbe avere conseguenze importanti a breve termine per Caserta, ma con il rischio che nel lungo periodo possano rivelarsi terrificanti. Lo scorso aprile, la Cassa Depositi e Prestiti, istituzione finanziaria italiana, controllata per l’83% da parte Ministero dell’economia e delle finanze e per il 17% da diverse fondazioni bancarie, si è dichiarata disponibile alla rinegoziazione dei prestiti attualmente concessi ai Comuni, compresi anche quelli che già sono stati rinegoziati tra Cdp e l’ente. Ed è questo il caso che coinvolge il comune di Caserta.

Una circolare della Cdp, quella del 23 aprile 2020, aveva previsto la possibilità di rinegoziare i mutui da parte degli Enti Locali, previa approvazione del bilancio di previsione, con delibera di Consiglio Comunale e parere del Collegio dei revisori. In pratica veniva confermato l’iter previsto dal Testo unico per gli Enti locali. In seguito al bassissimo numero di adesioni, il Governo è intervenuto con l’art.113 del decreto Rilancio, disponendo la possibilità di aderire a qualsiasi tipo di rinegoziazione, cioè cambiare le condizioni del mutuo,

attraverso deliberazione dell’organo esecutivo, quindi per i comuni la giunta, e anche nel corso dell’esercizio provvisorio, cioè senza che venga approvato il bilancio di previsione. Attenzione, però, le due “semplificazioni” devono essere lette disgiuntamente: l’ente potrà procedere mediante delibera di giunta e potrà farlo anche nel corso dell’esercizio provvisorio, senza aver approvato il bilancio di previsione 2020- 2022, come scritto, la cui scadenza è stata fino al prossimo 31 luglio. Quindi, gli enti, contravvenendo a quelle che sono le prerogative del Consiglio comunale, possono, con una semplice delibera di giunta e addirittura senza il parere del Collegio dei revisori, rinegoziare i mutui alle condizioni stabilite. Ed è proprio questo che è stato deciso con la delibera numero 52 del 26 maggio, con cui la giunta del comune di Caserta ha dato il via alle operazioni per la rinegoziazione e di cui il testo trovate nel link in basso.

E fin qui, potremmo dire che solo le conseguenze importanti. Ora spostiamoci sul versante di quelle “terrificanti”: il governo ha dato ampio spazio di manovra agli enti locali, specificando che le risorse liberate dalla rinegoziazione potessero essere usate a piacimento, ad esempio, di un comune. E se un comune diventa il comune di Caserta, la faccenda si complica.

Considerata la gestione clientelare della cosa pubblica, che in Caserta ha una delle sue massime espressioni nel sindaco Carlo Marino e nel fidato Franco Biondi, è rapido il pensiero su come questi fondi potranno essere utilizzati “a piacimento” dell’ente, anzi, potremmo dire a piacimento di chi gestisce l’ente pubblico come se fosse suo. Liberare questi fondi in una città che vede sopravvivere quelle che sembrano relazioni innaturali tra chi rappresenta il potere politico e chi ha il potere economico, preoccupa già di suo, ma per metterci proverbiale “carico” dobbiamo aggiungere che l’aumento del costo di questi mutui, cioè i tassi d’interesse, salirà fino a 9 milioni, che graveranno tutti sulle spalle dei casertani che saranno contribuenti domani, sui giovani della movida e su quelli che l’età per la movida non l’hanno ancora raggiunta.

Dottor Fattopace, presidente del collegio dei revisori della città di Caserta, ma lei ritiene davvero di conoscere bene il suo collega di partito (PD) Carlo Marino? Lei, Fattopace, da sindaco di Capodrise, l’avrebbe fatto? Avrebbe chiesto di modificare le condizioni di un mutuo, parliamo di 34 milioni 701.151,40 euro tra capitale e interessi, così come ha deciso in questi giorni l’amministrazione comunale del capoluogo, allungando la scadenza al 2043 e gravando il bilancio della città con una spesa pesantissima in conto interessi, aggravata di ben 9 milioni di euro in più, rispetto alla configurazione iniziale del mutuo?

Ma tanto che importanza ha. I casertani, come abbiamo scritto più volte, sono dei cretini, senza se e senza ma. Cretini senza se e senza ma perché questi 10 milioni di euro di costi aggiuntivi sul mutuo graveranno sui loro figli e sui figli dei figli. E attenzione, ribadiamo il concetto: il coronavirus ha fatto il male di tanti e ha selezionato il bene, collocandolo nel solito girone dei furbastri. Come pure abbiamo già scritto prima, eliminare ogni vincolo di virtuosa destinazione d’uso di queste risorse aggiuntive in un comune amministrato da Carlo Marino e da Franco Biondi significa finanziare il benessere delle lobbies affaristiche dei soliti noti della mangiatoia. Perché i due appena nominati, il concetto politico-filosofico del bene comune, che il PD ostenta a chiacchiere quando invece ha una classe dirigente di impresentabili, i Carlo Marino e i Franco Biondi non lo posseggono nel loro Dna, concependo la politica come un circuito stretto, munito e rigorosamente perimetrato in cui abitano le proprie necessità, le proprie ambizioni personali, una serie di soggetti gregari nutriti parassitariamente affinché si mettano al servizio del raggiungimento del “bene individuale”.

Qui, il fondo perduto da utilizzare per ristorare le casse dei cittadini esausti non c’entra nulla. Nascondersi dietro al coronavirus, lo Stato fa i suoi affari, andando ad aumentare il ricavo per interessi e lasciando ai sindaci come Marino e ai dirigenti come Biondi licenza di cancellare, per l’ennesima volta, ogni traccia del patto di convivenza civile.

DELIBERA G.C. N. 52-2020