CASERTA. IL. FOCUS. Lunedì il voto sul Bilancio. La Corte dei conti smaschera la “Totòtruffa” di Carlo Marino che ha nascosto 18 milioni di euro di debiti. Revisori dei conti complici oppure incapaci. La Martino? Bellissima donna

25 Maggio 2022 - 15:35

Ricordate quando l’anno scorso, in totale solitudine, vi descrivevamo la vera realtà dei conti del comune capoluogo e vi raccontavamo anche della vergognosa maniera con cui, attraverso la citazione di una sentenza della Corte dei conti del Molise che non ci azzeccava nulla, ma soprattutto grazie ad un compiacente parere del Ministero degli Interni, il sindaco eliminava a freddo tutti questi debiti, in modo tale da evitare l’obbligatoria dichiarazione di pre-dissesto e dunque l’ammissione, la confessione da parte sua di aver provocato una montagna di passività, con la necessità di approvare un pesantissimo piano di rientro in campagna elettorale?

Leggete cosa ha scritto la Corte dei conti calabrese (il testo integrale della delibera è in calce all’articolo), la quale, affermando ufficialmente che questo pronunciamento rappresenta la prima pietra miliare di giurisprudenza sull’argomento, ha escluso categoricamente che un piano di ammortamento di un’anticipazione di liquidità della CDP possa essere imputato alla Liquidazione del dissesto, così come, al contrario, ha fatto ed è stato consentito di fare a Marino e alla sua amministrazione

CASERTA (g.g.) – Esattamente dodici mesi fa scrivevamo diverse cose riguardanti la doppietta d’autore con cui Carlo Marino approvava pressoché contemporaneamente il bilancio di Previsione relativo all’anno 2021, dunque già nettamente in ritardo, e il conto Consuntivo del 2020. Uno di quegli articoli abbiamo deciso di utilizzarlo in maniera diversa rispetto al normale uso che facciamo del materiale di repertorio. Dunque, non attraverso un collegamento ipertestuale, un rimando di link, dedicato soprattutto quei pochi addetti ai lavori che, interessati alla materia della finanza pubblica locale e casertana in particolare, decidono di entrarvi attraverso il sistema ipertestuale suddetto.

Quel pezzo ve lo vogliamo, invece, proporre in questa occasione maniera diretta in home page, come elemento distinto ma logicamente, concettualmente, solidamente collegato a ciò che andremo a scrivere ora, ma anche a ciò che il consiglio comunale di Caserta sarà chiamato a deliberare nelle prossime ore, essendo nell’ordine del giorno della convocazione dell’assise di venerdì 28 (lunedì 30 maggio in seconda convocazione), l’approvazione del conto Consuntivo 2021.

PERCHE’ SIETE DEGLI STRONZI E NON E’ DIFFAMAZIONE

Noi di CasertaCE, con cognizione di causa e con la piena consapevolezza del valore dei termini che utilizziamo, scrivevamo di una truffa bella e buona consumata dal sindaco e dall’amministrazione comunali ai danni dei sedicenti cittadini che poi, qualche mese dopo, giustificando e dando pieno riscontro alle definizioni con quei li avevamo etichettati in quegli articoli, avrebbero di nuovo votato per chi, ogni giorno, diciamocela tutta, glielo mette “a quel servizio”.

E questa è la prima espressione forte che, ultime sentenze della Cassazione alla mano, deve essere argomentata con lo strumento della verità fattuale per superare la cosiddetta prova della continenza, requisito di base nella costruzione del reato di diffamazione a mezzo stampa.

Dicevamo della truffa di ieri e ancora oggi in atto. Oddio, questa parola l’abbiamo utilizzata anche in termini scherzosi, paragonando il sindaco Marino e il funzionario ad alta professionalità del settore Bilancio del comune di Caserta, Girolamo Santonastaso, a Totò e al suo complice Nino Taranto nel film Totòtruffa, noto quasi a tutti per la celeberrima scena della vendita della Fontana di Trevi. I truffati, invece, sono i casertani.

Truffati, ma felici, contenti e come abbiamo scritto nel titolo del paragrafo, indiscutibilmente stronzi. Sono talmente fuori, lontani dal dovere della cittadinanza da non rendersi conto che le buche, il traffico selvaggio, la monnezza per strada, i disagi di vario genere, insomma, la scarsa qualità della vita che si registra e che si tocca con mano giorno dopo giorno, in ogni centimetro quadrato della città capoluogo sono frutto di queste cose qui, che nessuno legge perché sono difficili da capire. E allora continuate a prenderlo a quel servizio, perché zero valete e zero continuerete a valere nei secoli dei secoli, consegnando a un destino triste  i vostri figli e i vostri nipoti.

I MANEGGI DI UN ANNO FA

Nel mese di maggio 2021, quasi impazzivamo nei nostri articoli per capire a quale diavoleria Marino sarebbe ricorso per coprire i debiti pesantissimi accumulati dal comune durante gli anni della sua amministrazione.

Impazzivamo perché in quei mesi si trattava di una necessità cogente per lui, ma soprattutto per le sue prospettive elettorali. Nell’articolo che potrete leggere (CLICCANDO COMUNQUE QUI)

, ma principalmente pubblicato ex novo in home page, scrivevamo in che modo, a partire dal primo euro speso o incassato dopo la dichiarazione del secondo dissesto, ripetiamo, a partire dal primo euro di un bilancio rinnovato e che quella dichiarazione di dissesto aveva ripulito, partendo zero a zero, il comune di Caserta era stato ulteriormente indebitato per una cifra che noi, rompendoci il mazzo e scrivendo un trattatiello sulla contabilità del capoluogo, avevamo quantificato in circa 25, se non addirittura 30 milioni di euro, spiegato in pallosissime, noiosissime, responsabilissime cento righe di articolo.

Se Marino avesse assolto al dovere minimo a cui dovrebbe assolvere ogni titolare di pubblica funzione e a cui dovrebbe assolvere anche ogni cittadino e pure ogni persona fisica nel suo privato, avrebbe dovuto dichiarare, ai sensi del Testo Unico sugli enti locali, il pre-dissesto con contestuale approvazione di un piano di riequilibrio pluriennale. E l’avrebbe dovuto fare subito, assolvendo all’obbligo dell’articolo 188 del Tuel, che collega il rispetto del dovere alla tenuta dei conti e all’indicazione vincolante, nella dimensione dello spazio e in quella del tempo, delle modalità di rientro dei debiti inflitti al bilancio prima della conclusione del suo mandato.

Occorreva allora fare un inguacchio. E allora nella rinomata, rinomatissima cucina degli orrori del comune di Caserta, fu raccattato un pronunciamento della Corte dei conti del Molise che, occupandosi di una cosa assolutamente differente da quella riguardante il capoluogo, dava una sorta di via libera all’imputazione del rimborso dell’anticipazione di liquidità con Cassa Depositi e Prestiti alla contabilità dell’Organismo straordinario di liquidazione, cioè alla gestione del dissesto.

Ma Marino si rese ben conto che questo riferimento della Corte ci entrava con i cavoli a merenda rispetto al suo caso e quindi chiese, e provvidenzialmente ricevette, un parere dal Ministero degli Interni, secondo il quale era possibile compiere questa operazione e quindi spostare nella contabilità della commissione liquidatrice insediata a Palazzo Castropignano i circa 18 milioni di euro che l’amministrazione comunale di Caserta, ovviamente non a costo zero, aveva attinto dalla Cassa Depositi e Prestiti, sfruttando la possibilità sopravvenuta attraverso un rafforzamento della normativa nel decreto Salva Imprese, finalizzata ad anticipare il pagamento ai fornitori di beni e servizi degli enti locali.

Noi ci ribellammo, citammo un milione di leggi e chiedemmo il nome e cognome di questo funzionario del settore Autonomie Locali del Ministero che aveva firmato il documento folle ed errato, ma come sempre non supportati da un’opinione pubblica dislessica, se non addirittura inesistente, dovemmo – per il momento – issare bandiera bianca.

Quei soldi, cioè quel piano di ammortamento, fu prelevato a freddo, letteralmente rimosso dal bilancio del comune e trasferito all’Osl che, udite udite, da una parte si trovava ad utilizzare il denaro della Cassa Depositi e Prestiti per le transazioni sulla massa passiva, così come queste sono regolate per legge, e dall’altra metteva sul proprio comodino questo soprammobile di una CDP che contemporaneamente assumeva la funzione di creditore rispetto ad una modalità di mutuo totalmente differente da quella relativa per finanziare il rientro dal dissesto. Ci avete capito qualcosa? No. Ed è giusto che sia così perchè questa è roba da matti, roba da camicia di forza.

IL VERO MOTIVO DELL’OPERAZIONE

Attenzione, però, il comune di Caserta ha continuato a versare, attingendo dalle proprie casse (ecco perché l’abbiamo chiamato soprammobile) le rate alla Cassa Depositi e Prestiti. E allora, a cosa cazzo è servita questa operazione? Ma allora, a cosa cazzo è servito unire una decisione della Corte dei conti del Molise che non ci azzeccava nulla all’operazione di chiedere e prodigiosamente ricevere, secondo i propri desiderata, il parere ministeriale? Tutto ‘sto bordello per continuare a corrispondere le rate?

E no. Quel bilancio Consuntivo, con la complicità e non solo la connivenza dei Revisori dei conti, si liberò del piano di ammortamento, dopo aver cancellato i debiti correnti per circa 18 milioni di euro che Carlo Marino aveva fatto nell’anno 2020 e che stavano dentro ad una narrazione di gestione insana e partita fin dal primo attimo successivo la seconda dichiarazione di dissesto. Marino ha sempre mascherato i numeri, ma state certi non c’è stato un solo esercizio disponibile a cui non abbia appioppato nuovi debiti sulle spalle dei poveri stronzi casertani che, pagando le tasse più alte d’Italia, oltre che stronzi sono anche fessi.

“Il tempo è galantuomo”. Il detto casca a fagiuolo. Finalmente la Corte dei conti, in questo caso la sezione calabrese, interrogata sull’argomento specifico da un comune di quella regione, ha fatto chiarezza, dando ragione a tutto quello che noi abbiamo scritto e denunciato.

Intanto, per tagliare la testa al toro, la corte calabrese afferma che questa materia specifica dell’imputabilità dei piani di rientro riguardanti le anticipazioni di liquidità della Cassa Depositi e Prestiti non era stata mai affrontata finora. Dunque, zero giurisprudenza. Ma soprattutto un’affermazione che chiariva una cosa fondamentale: quel pronunciamento della Corte dei conti del Molise non ci azzeccava nulla, altrimenti i giudici calabresi l’avrebbero quantomeno citato, magari confutandolo, magari creando una giurisprudenza conflittuale. E invece nulla. Sull’argomento non c’è giurisprudenza e i giudici della Corte dei conti della Calabria sono i primi ad affermarlo.

COSI’ SCRIVE LA CORTE DEI CONTI, OVVERO L’INCAPACITA’ O LA COMPLICITA’ DEI REVISORI

I magistrati di Catanzaro mettono immediatamente nero su bianco che il caso di specie rientra nelle previsioni del articolo 255 del Tuel: “non compete all’organo straordinario di liquidazione l’amministrazione delle anticipazioni di tesoreria di cui all’articolo 222 e dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese, nonché l’amministrazione dei debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di pagamenti di cui all’articolo 206“. E cui ci potremmo già fermare.

Perché la dinamica di un finanziamento, di un’anticipazione da parte della Cassa Depositi e Prestiti impegna direttamente la capacità della banca tesoriera del comune, che è chiamata, secondo l’art. 1, commi 11 e 13 del d.l. 35/2013, ad effettuare il pagamento mediante addebito automatico. Per capirci, una sorta di RID che consente a Cassa Depositi e Prestiti di prendersi direttamente i soldi della rata del piano di ammortamento, senza dover avvertire né il comune e né la tesoreria.

Ripetiamo, ci potremmo fermare anche qui per dire ai Revisori dei conti – i quali hanno dato il loro parere positivo a questo Consuntivo che trascina con sé la truffa compiuta lo scorso anno, una truffa per truccare i conti del comune alla vigilia delle elezioni, in modo da non dover ricorrere al pre-disessto – cosa pensiamo noi di loro: incapaci, non all’altezza del loro compito, fermo restando la qualità delle persone che non discutiamo, tutto sommato il presidente Giuseppe Fattopace è un buon conoscente. Dicevamo, incapaci, oppure in malafede, complici, schiacciati sul livello politico, in aperta violazione dell’essenza, dell’identità fondativa di un organo di controllo qual è quello di cui fanno parte. Incapaci o complici, non si scappa. Una terza ragione non c’è

La competenza dell’Ente – scrivono ancora i giudici contabili calabresi – dunque, si evince anche dalla natura dell’anticipazione di liquidità che non dà luogo a debito, ma a un “prestito di cassa rectius linea di cassa” che ha la funzione di fornire una provvista di cassa in grado di far fronte a debiti certi liquidi ed esigibili che hanno copertura finanziaria, ma che non possono essere pagati per un deficit di cassa. In conseguenza a tutto ciò, l’istituto dell’anticipazione non può “essere utilizzato come entrata per la copertura di pregressi disavanzi o spese diverse”, scrive la Corte, rispetto ai motivi per cui è stato erogato, comportando così una violazione del divieto di indebitamento per il pagamento di spese correnti.
Esattamente, è proprio così, aggiungiamo: violazione del divieto di indebitamento per il pagamento di spese correnti.
Capito? Attraverso un bilancio truccato, sono stati nascosti alla contabilità ufficiale, al bilancio, questi debiti per spese correnti che, se fossero stati nelle aree del bilancio così come previsto dalla legge, avrebbero reso obbligatori (lo diciamo per l’ennesima volta perché questo è il punto focale della storia) l’adozione degli strumenti del pre-dissesto e dunque, in piena campagna elettorale, l’ammissione da parte del signor Carlo Marino, di aver riempito a sua volta di debiti la città, come già fece da assessore ai Lavori Pubblici di Forza Italia assieme al sindaco Gigi Falco, come ha continuato poi Nicodemo Petteruti e come ha fatto, dal momento in cui l’assessore al Bilancio Nello Spirito è stato costretto alle dimissioni, l’allora sindaco Pio Del Gaudio.

UNA CONCLUSIONE IN…BELLEZZA

Attenzione, qualcuno potrebbe chiederci ora per quale motivo non abbiamo citato neanche una volta in questo articolo l’assessora al Bilancio Gerardina Martino. Bellissima donna, non c’è che dire.
E ora il primo che si permette di tacciarci di sessismo si becca un pugno – ovviamente dialettico – che gli stamperemo direttamente sul suo naso.

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