CASERTA. “Un’estate al….stadio” ovvero “siamo una squadra scarsissimi”. Vi spieghiamo perchè i signori Carlo Marino, Casale, Iannucci, Biondi, Natale e compagnia sono nemici giurati della civiltà. E quel chiosco in zona Distinti…

20 Agosto 2020 - 12:08

Noi sappiamo di essere ridondanti ripetendo la solita lezioncina di educazione civica sulla differenza tra sfera privata e sfera pubblica, tra diritti del privato e funzioni. Ma statene certi che ce ne accorgeremo solo noi di averlo ripetuto mille volte. Eppure, una seria cultura democratica e liberale rendebbe possibile quello che si è organizzato nel Pinto il 15 agosto qualora venissero rispettate norme e procedure 

 

CASERTA (Gianluigi Guarino) Chiariamo subito un punto: i tifosi della Casertana vanno elogiati per la pazienza che hanno avuto, negli ultimi anni, nel sopportare tutto quello che è successo, tra gestioni complicate della società, stagioni sportive fallimentari, seguito agghiacciante di inutili americanate estive. Ciò non vuol dire, però, che il tifoso della Casertana proprio perchè afflitto e deluso, possa godere di privilegi che agli altri cittadini non sono consentiti, possa essere risarcito, ristorato con la concessione di una sorta di zona franca che gli permetta di vivere al di fuori del Diritto e delle leggi.

Noi non escludiamo assolutamente a priori che i tifosi possano sviluppare un’attività associativa e anche ricreativa all’interno dello stadio Pinto. O che, addirittura possano lecitamente organizzare una mega tavolata di Ferragosto e una organizzata balneazione in bagnarola. Ma una condizione va posta,senza se e senza ma: occorre rispettare la legge. O meglio, la poniamo noi perchè chi dovrebbe essere tutore dello stato di Diritto, riempie, in questa città e in questa provincia, la sua vita di una miriade di sè e di una stiva ancor più corposa di ma, finanche di fronte agli articoli della Costituzione.

Sembra l’asserzione di una banalità ma qui da noi si configura costantemente come un richiamo rispetto ad una realtà che va tutta o quasi tutta, sistematicamente, da un’altra parte.

Partiamo da un punto fondamentale che introduciamo con un paio di domande retoriche, ma riteniamo efficaci per capire quale sia il nostro punto di vista: quelle stanze, quegli ambienti, quei locali, quegli spogliatoi dello stadio Pinto, sono, per caso, di proprietà dell’avvocato Carlo Marino? Oppure, sempre per caso, sono di proprietà del signor Emiliano Casale? Oppure ancora del signor Gianluca Iannucci?

Se la risposta è affermativa, va bene, abbiamo scherzato, abbiamo preso una cantonata e tutto ciò che si vede nelle fotografie da noi mostrate nell’articolo di ieri (CLIKKA QUI PER LEGGERLO E PER PRENDERE VISIONE DI QUELLE IMMAGINI), non solo è lecito, ma è una manifestazione sacrale attraverso cui il diritto alla proprietà privata e tutte le potestà che da questo derivano, si propongono con finalità esemplare all’attenzione di chi, alle immagini in questione, si interessa.

Insomma, un esempio di scuola attraverso cui si comprende la piena facoltà di un proprietario di qualcosa, di fare di quel qualcosa, ciò che meglio gli aggrada, fino al limite di un possibile danno inferto al diritto altrui. Insomma, se lo stadio Pinto è proprietà privata dei suddetti signori, il caso andrà donato alla cattedra di Diritto Privato della facoltà di giurisprudenza dell’Università Luigi Vanvitelli in modo che, magari, il mio amico Raffaele Picaro, professore associato a quella cattedra, possa farci sopra un seminario.

Se, invece, per puro caso, quelle stanze, quegli spogliatoi, quegli uffici in cui si è consumato l’antico rito tribale della tinozza, in definitiva, quello stadio non appartengono alla proprietà privata dell’avvocato Carlo Marino, del signor Emiliano Casale, del signor Gianluca Iannucci o di qualsiasi altro signore che esercita la funzione di governo o di indirizzo al comune di Caserta, allora il discorso cambia radicalmente.

Qual è, infatti, la differenza tra il signor Carlo Marino, il signor Emiliano Casale, il signor Gianluca Iannucci che hanno, da proprietari privati, le chiavi di un immobile per accedervi e il sindaco Carlo Marino, l’assessore Casale e il consigliere comunale Iannucci, i quali possono ugualmente essere in possesso delle chiavi di un immobile che non è ad appannaggio della proprietà privata personale?

Ecco, in questo risiede il punto nevralgico della valutazione sui fatti successi il giorno di Ferragosto. Perchè, se l’avvocato Marino o il signor Casale possiedono le chiavi di casa propria, questo fatto rappresenta una prerogativa tipica che dà contenuto al loro status di proprietari privati; se invece il sindaco Marino o l’assessore Casale o il consigliere Iannucci o chiunque altro eserciti una funzione nella giunta, in consiglio comunale, negli uffici della burocrazia, ha in dotazione le chiavi, vuol dire che le sta gestendo in forza di un mandato elettorale, inserito all’interno di un sistema democratico, in nome e per conto di tutti i cittadini di Caserta.

Qualsiasi cittadino potrebbe chiedere conto, allora, del modo con cui le chiavi vengono utilizzate e conseguentemente del modo con cui vengono sfruttati gli spazi interni ad una proprietà non privata, ma induscitibilmente pubblica.

Vedete, in tutti gli anni della vita di questo giornale, siamo stati costretti, sempre più faticosamente, ma instancabilmente, cocciutamente, indomabilmente a ripetere questo discorsetto banale che dovrebbe essere assimilato già in quinta elementare grazie a normali lezioni di educazione civica e che riguarda la distinzione netta, inequivocabile, indiscutibile tra la persona fisica, cioè definita dal diritto civile e la funzione pubblica, che è regolata dal diritto pubblico alla cui famiglia appartiene il diritto amministrativo, e non dal diritto privato che questa persona ricopre per mandato elettorale di rappresentanza.

Lo ripetiamo, sapendo bene che, ancora una volta non servirà a casusa di un problema di ignoranza, un pò perchè non sentirci da questo orecchio conviene allo scopo di coltivare la gestione privatistica delle pubbliche funzioni, ma soprattutto perchè manca completamente, come predichiamo da anni, a Caserta un corpo di cittadinanza capace di farsi rispettare, di far ascoltare la propria voce.

Insomma, anche quest’altra lezioncina di banale educazione civica che in un altro posto verrebbe accolta tra i sorrisi per quanto è ovvia, non sarà recepita.

Ovviamente, noi non allarghiamo ulteriormente il discorso, come abbiamo pur fatto nel passato, in tanti articoli, alla matrice storica, antropologica e sociologica di questa particolarissima condizione.

Ci siamo anche un pò stufati di predicare nel deserto e dunque ci limitiamo a presentare gli effetti di questo sfacelo.

E allora, ritorniamo al pratico: se un gruppo, un’associazione di tifosi intende organizzare una festa di Ferragosto al Pinto, può, anzi, deve presentare per tempo una formale richiesta agli uffici del Comune. Questi, valutati, qualora esistano in quanto regolati da convenzione, che l’istanza non è in contrasto con i diritti di altri soggetti privati usufruenti l’impianto, acquisiti tutti gli altri placet soprattutto sanitari e interagendo con i richiedenti, perchè tutta la procedura si svolga speditamente, potrà dare o potrà negare l’autorizzazione.

Ma lo farà pubblicamente, assumendosi la responsabilità di aver esercitato legittimamente la funzione amministrativa, frutto di un mandato attribuito dalla maggioranza dei casertani, al cospetto dei quali, quella decisione di dare o non dare il Pinto ai tifosi, dovrà essere portata in modo che il popolo sovrano, al momento delle elezioni, possa inserirla nella rubrica delle sue valutazioni, attribuendo un giudizio positivo oppure negativo al modo con cui il Comune l’ha gestita, fino all’assunzione di una decisione amministrativa e, dunque, pubblica, discutibile finchè si vuole, ma assolutamente legittima.

E lo stesso discorso vale, dato che ci troviamo, lo diciamo, anche per quelle piccole attività commerciali che qualche tifoso o capo tifoso ha messo in piedi durante le partite. Per carità, i chioschi possono funzionare e vanno anche sostenuti, ma nel rispetto di ogni regola.

Questo si chiama civiltà, cari signor Marino (a questo punto, anche l’appellativo di avvocato le va, almeno per quanto riguarda CasertaCe, tolto) caro signor Emiliano Casale, ci pare assessore allo sport, caro consigliere Iannucci, cari tutti gli altri consiglieri, caro signor Biondi (per noi, questo qui non è ingegnere da anni e anni), caro signor Giovanni Natale. Esattamente quella civiltà che voi, come dimostrano quelle foto tragicomiche della festicciola nelle viscere del Pinto, non contribuite a diffondere nella città che pessimamente amministrate.