CENTRALE UNICA DEL MALAFFARE. Ecco come il dirigente Sposito consigliava “i mariuoli” del comune su come buggerare l’Anac di Raffaele Cantone

3 Gennaio 2020 - 12:52

LUSCIANO(g.g.) Scriviamo e diciamo poco, perchè stavolta il commento del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Aversa-Napoli nord, che si è visto riconoscere ieri dai suoi colleghi del Riesame di Napoli, che hanno confermato gli arresti domiciliari per Nicola Tamburrino e Salvatore Nicchiniello, la bontà del suo lavoro, è chiaro, preciso, comprensibile. Le tre intercettazioni offrono uno spaccato d quella che è la nostra provincia:: un alto funzionario dello stato Vincenzo Sposito, architetto di Maddaloni, briga con un assessore di Lusciano, cioè Nicola Grimaldi, un dirigente dell’ufficio tecnico che è Anastasia Russo, e con l’altro impiegato Riccardi, per fronteggiare l’affondo dell’Autority nazionale anticorruzione che in una sua lettera al comune ha in pratica demolito il progetto della rete fognaria da quasi 13 milioni di euro riconoscendo tra le altre cose, dei vizi, delle irregolarità che appartenevano già a quelle del 2002, riproposto sotto le “illegali spoglie” di un adeguamento farlocco.

Vincenzo Sposito, al tempo responsabile della stazione unica appaltante, si ingegna per trovare il modo di pagare i conti dell’Anac, salvando l’impianto tecnicamente criminale dell’intera procedura messa nero su bianco dall’amministrazione comunale di Lusciano, attraverso la dirigente Anastasia Russo. E’ lì Sposito, è perfettamente consapevole di partecipare alla riunione finalizzata a salvare un progetto illegale, funzionale all’ottenimento di un mega finanziamento che Sposito sa bene che rappresenta una vera e propria truffa. E’ lui che dà i consigli “giusti”, le dritte.

Rimandandovi alla lettura delle intercettazioni, ma soprattutto della sintesi didascalica del giudice Antonella Terzi, ribadiamo il concetto, abbiamo il difetto della vanità. Almeno, lasciateci quella, dato che avete rubato tutto il resto, anche i portafiori, anche gli oggetti che si mettono sotto i tavoli per non farli dondolare.

Concedeteci la vanità di riaffermare oggi quello che già dicevamo nell’estate e nell’autunno del 2012, quando un aborto di Stazione Unica Appaltante prendeva ufficialmente le mosse da una firma congiunta apposta dall’allora prefetto Carmela Pagano e dal provveditore interregionale alle opere pubbliche di Napoli e Campobasso. Quella firma metteva in opera una struttura fatta solo da burocrati casertani e campani che avrebbero dovuto essere i controllori draconiani, i custodi della legalità nell’ambito delle procedure degli appalti più importanti.

La Stazione Unica Appaltante era nata in altro modo, con un’altra conformazione. All’interno dovevano starci i comandanti provinciali dei carabinieri e della guardia di finanza e i loro rappresentanti, il questore o un suo rappresentante e consecutivamente anche dei magistrati. Quel giorno veniva battezzata, invece, la Stazione Unica Appaltante di Vincenzo Sposito che ha gestito negli anni centinaia di appalti. Siccome abbiamo visto da questa ordinanza, ma anche da altre, quale sia stato il suo grado di contraddizione con le amministrazioni comunali, con i grandi maneggioni degli appalti truccati, possiamo ben immaginare quante di queste gare sono state truccate dallo stato italiano.

Scrivevamo al tempo testualmente: “La Stazione Unica Appaltante di Caserta, così com’è stata concepita, rappresenterà un modo per trasferire la turbativa d’asta dagli uffici comunali a quelli del provveditorato alle opere pubbliche“. Ovviamente quelle posizioni di CasertaCe sono state snobbate, cloroformizzate dalla disattenzione delle istituzioni e di chi doveva vigilare. I tempi della giustizia come sempre sono stati lentissimi e quella fosca previsione di CasertaCe si è tradotta in un regime, in una situazione anche peggiore rispetto a quella che era la nostra asserzione inaugurale.

Stazione Unica del malaffare col copyright di Caserta, con lo Sposito gran sacerdote, come potete rendervi conto dal contenuto delle intercettazioni, ma con la complicità colposa della sottovalutazione da parte di istituzioni territoriali a dir poco indolenti.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA