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CLAN DEI CASALESI. Fazione Schiavone, dalle speculazioni immobiliari miliardarie ai cavalli di ritorno targati Giovanni Della Corte e Raffaele Caterino, “Accira puorc”

18 Febbraio 2023 - 13:58

Stiamo continuando ad indugiare sulla sezione dell’ordinanza eseguita lo scorso 22 novembre imperniata proprio sulla figura del Della Corte, perché, pagina dopo pagina ci accorgiamo che un analisi seria non può prescindere da considerazioni valutative riguardanti i faraonici progetti da realizzare nei grandi appalti, nel settore dei rifiuti e rispolverando addirittura una “vecchia gloria” come Pasquale Pirolo, nell’ambito della distribuzione e della commercializzazione dei carburanti e il dato di fatto della loro totale non realizzazione. E se poi, al netto dei castelli in aria, irrompono nel racconto i furti di auto e i cavalli di ritorno le citate considerazioni finiscono per rafforzare il loro senso.

CASAL DI PRINCIPE – Le ordinanze di camorra bisogna leggerle bene se si vuole evitare di intrupparsi nel catalogo dei luoghi comuni, delle frasi fatte, dei titoli giornalistici stereotipati. Il clan dei casalesi, oggi, almeno per quanto riguarda le fazioni rimaste senza la guida di uno qualsiasi dei componenti della famiglia di Francesco Schiavone Sandokan, è una cosa ben diversa dal clan dei casalesi operativo fino a 10 e forse anche 5 anni fa. Ci sono passaggi, infatti, incastrati in un mare di pagine, che si rischia di sottovalutare, ma che al contrario, risultano forse ancora più importanti de fatto in se rappresentato dall’emissione di uno o più provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di chi cerca di riorganizzare le attività di malavita.

Più importanti per chi, come noi, ravvisa la necessità di andare al di là della notizia, in quanto la notizia somiglia ad altre mille declinate da ogni giornale attraverso la pubblicazione delle strutture informative fondamentali, costituite dai comunicati stampa.

E allora, chi segue i nostri approfondimenti abitualmente già sa che con lo spirito un po’ sardonico e dissacratorio che ci ritroviamo, abbiamo mosso qualche dubbio sull’attitudine e sulla potenzialità di Giovanni Della Corte di diventare realmente un reggente, un boss, che rinverdisce “i fatti” di Sandokan, dei Panaro, dei Venosa, di Nicola Schiavone etc.

Non che Giovanni Della Corte fosse un pincopallino qualsiasi visto che l’ordinanza dimostra che erano in diversi a rapportarsi a lui per elaborare, per riprovare a pianificare un’attività criminale organizzata.

Gli esiti, però, gli effetti di questo ruolo non hanno prodotto l’obiettivo da far rinascere, dalle ceneri della famiglia Schiavone, una fazione realmente temuta in quanto strategicamente attiva sia nel processo di reclutamento di nuovi soldati di camorra, in pratica inesistente, sia nella realizzazione di atti criminali che ne determinassero quella sorta di riconoscimento multistrato sia da parte di chi ha fatto il camorrista o avrebbe comunque l’attitudine a farlo, sia da parte di chi sta dall’altra parte della barricata e può essere oggetto delle intimidazione come a partire dagli imprenditori taglieggiati.

Nelle precedenti puntate di questo lungo focus abbiamo squadernato l’elenco delle grandi ambizioni che percorrevano i pensieri di Giovanni Della Corte. Abbiamo scritto delle decine e decine di milioni di euro che intravedeva intorno agli affari del collettore fognario di Napoli Nord-Orta di Atella (CLICCA E LEGGI); abbiamo scritto di altre cifre da capogiro che il Della Corte riteneva già acquisiti, ovviamente a chiacchiere, e che sarebbero dovute derivare dalle estorsioni realizzate sugli appalti dei rifiuti partendo da quelli aggiudicati da ECOCE di Frignano, per altro colpita ultimamente da interdittiva antimafia. E se mettiamo dentro pure la chiamata a Casal di Principe di una “vecchia gloria” dell’imprenditoria intranea al clan, l’intramontabile Pasquale Pirolo, residente in quel di Barcellona, con il quale si sarebbe dovuto, ovviamente sempre a chiacchiere, costruire il business del settore della distribuzione e della commercializzazione dei carburanti, il Della Corte in teoria avrebbe ricostruito l’impero economico del clan dei casalesi ma questa ordinanza ci fa capire che nessuna di queste operazioni è stata, neppure in una parte, realizzata.

E allora in attesa di diventare il nuovo boss dei boss, sempre Della Corte, così come ci racconta questo brevissimo passaggio che abbiamo scovato nell’ordinanza eseguita il 22 novembre scorso, si accontentava dei cavalli di ritorno.

Si, avete letto bene. Il clan dei casalesi, almeno per quel che riguarda questi gruppetti dispersi nella fazione Schiavone cercava di beccare quattrini con un’attività da sempre riservata alla cosiddetta microdelinquenza o comune alla delinquenza comune. Le auto venivano rubate altrove, mai a Casal di Principe, mai a San Cipriano, mai a Casapesenna mai a Villa di Briano perché Sandokan e i suoi immediati successori ma anche Michele Zagaria, Antonio Iovine, Giuseppe Caterino, insomma tutti i capi storici del clan hanno cercato sempre il consenso dei loro concittadini, formulando questo ragionamento aberrante: “Sì è vero, noi siamo camorristi, noi ammazziamo, noi chiediamo il pizzo, noi monopolizziamo le gare d’appalto, ma voi compaesani di Casale, di San Cipriano, di Casapesenna, di Villa Literno non avrete mai il problema di subire un furto nella vostra casa o di vedere la vostra auto sparire. Nessuno verrà qui a fare queste cose e se qualcuno ci proverà, se la vedrà con noi, con un epilogo facilmente immaginabile.”

Difficile pensare, allora, cha i tempi dei boss reali potesse esistere un soggetto come Raffaele Caterino. O meglio un Raffaele Caterino poteva esserci, ma sicuramente non avrebbe potuto diventare una sorta di dominus del cavallo di ritorno, del furto delle auto anche in nime e per conto del clan dei casalesi, che non avevano certo bisogno di queste cose per finanziarsi e invece nello stralcio che pubblichiamo in calce all’articolo troverete un’intercettazione ambientale che da conto di un incontro tra il Della Corte e il citato Raffele Caterino detto “Accira puorc”. Della Corte autorizza il Caterino a rubare le auto per “fare i cavalli di ritorno”.

Sempre Raffaele Caterino pronuncia una frase di evidente significato: “se tu mi dai il lascia passare non ho nessun problema, te lo posso far fare”. Questa intesa trova riscontro nelle dichiarazioni, rese ai magistrati della Dda, da Mario Iavarazzo, che come ben sanno i lettori di CasertaCe è stato realmente un esponente di spicco del clan dei casalesi vicinissimo a Nicola Schiavone, di cui è stato anche autista e che pentito è diventato all’indomani dell’arresto, ordinato pochi anni fa da un gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Dda ad epilogo della nota indagine sugli interessi del clan dei casalesi nella gestione delle mega affissioni, a partire da quelle del Centro Commerciale Jambo di Trentola Ducenta, ancora terreno di caccia del clan anche dopo l’insediamento dell’amministratore giudiziario.

Iavarazzo, nell’interrogatorio del 14.07.2020, afferma che Raffaele Caterino era soggetto “specializzato” nei furti di auto e nei cavalli di ritorno “attività che gestiva sia in proprio che su disposizione dei capozona del suo rione e, tra i soggetti per conto dei quali aveva operato. Al riguardo sempre Iavarazzo fa i nomi dello stesso Giovanni Della Corte ma anche quello di Romolo Corvino.