CLAN DEI CASALESI & VACCHE MAGRE. Così si arrangiavano i ras inventando l’estorsione all’estorsione e il cavallo di ritorno al cavallo di ritorno. E l’imprenditore di San Cipriano…

29 Maggio 2023 - 13:05

I capi di imputazione provvisoria che affrontiamo oggi sono più importanti per comprendere certe forme a dir poco anomale di rappresentazione di quello che è stato il clan più temuto d’Italia che per la valenza specifica dei fatti narrati. Va rimarcato, però, che in essi si registra spesso una commistione iniziale da parte di imprenditori o persone comuni che chiedono comunque un prestito a “questa gente”. In calce all’articolo lo stralcio dell’ordinanza

CASAL DI PRINCIPE – Non è che certi episodi che costituiscono parte della struttura della recente ordinanza su Mario Del Luca e altri ras “residuali” del clan dei Casalesi contribuiscano a definire il quadro di una criminalità realmente riorganizzata e in grado di rilanciare una sfida allo Stato.

Leggere di attività imperniate sul cosiddetto cavalli di ritorno, per di più farlocco, sul furto, avvenuto nel piazzale del centro commerciale Auchan di Giugliano, di una Renault Capture di proprietà di Daniele Fanfarillo e poi ancora di una Wolgwagen Touareg e insieme ad essa di una somma di denaro e di un un I Phone 5 di Giuseppe Costami.

Ciò evoca, al massimo, l idea di un manipolo di cani sciolti, i quali, non sapendo fare altro nella vita se non i criminali, si arrangiano acchiappando quello che si può in attività che il clan dei Casalesi di un tempo non avrebbe mai realizzato, essendo cose da criminalità comune e per giunta micro, ma proprio molto micro.

Gli episodi della Renault contentono due contestazioni di reato. Per quanto riguarda il furto avvenuto nel parcheggio dell’Auchan di Giugliano, è indagato per estorsione aggravata e ulteriormente aggravata dal 416 bis comma 1 ex articolo 7, Antonio Palumbo. È lui, infatti, ad avvicinare la vittima del furto e a chiedergli una somma di denaro di 3mila euro per la restituzione dell’auto.

Il capo G, cioè quello successivo, inserisce in scena Mario De Luca, Mario Raffaelel De Luca, Alessandro Pavone e Nicola Di Bona.

Quando abbiamo scritto prima di un cavallo di ritorno farlocco, ci riferivamo alla circostanza che nella vicenda la vittima si barcamena, tira fuori quattrini per diversi mesi dell’anno 2017, ma non ottiene mai la restituzione del veicolo rubato. Il quartetto di indagati di cui sopra si collega ad una attività estorsiva condotta nei riguardi della vittima del furto a cui viene intimato di restituire 3mila euro evidentemente prestatigli da Nicola Di Bona, in questo meccanismo un po’ usuraio e un po’ estersivo che porta Mario De Luca a chiedere quasi semore una sorta di commissione su questa e su atre iperazioni di recupero crediti, con importi variabili.

Per quanto riguarda, invece, il furto della Touareg, la coppia di capi di imputazione provvisori è quella contrassegnata dalle lettere H e I. Il capo H coinvolge come indagato Antonio Chiacchio, che si inserisce nella vicenda del furto della Touareg allo stesso modo con cui Antonio Palumbo si era inserito in quello della Renault Capture.

Chicchio chiede al proprietario dell’auto una somma di 2mila euro, dicendogli chiaro e tondo che o paga, oppure la sua auto sarà incendiata. Di questa somma riscuote, in prima battuta 500 euro e successivamente altri 900, sempre tranquillizzando la vittima sulla circostanza che in quel territorio era lui a comandare e dunque avrebbe potuto risolvere la questione.

Poi, esaminando il capo I, entra in scena il solito Giovanni Improda da Teverola, più che un uomo il prototipo del declino del clan che aveva terrorizzato l’Italia e che riesce a mettere a segno un’autentica prodezza, una sorta di unicum nella casistica in materia, cioè l’estorsione all’estorsione, il cavallo di ritorno del cavallo di ritorno. Una pirandelliana trasformazione di Nicola Di Bona da carnefice, da indagato, a parte offesa.

Come potrete leggere Improda intima a Chiacchio di consegnargli 1500 euro, che poi sarebbero i 3/4 dei 2mila euro che quest’ultimo aveva estorto al proprietario dell’auto.

Che ti va a pensare l’Improda: si appropria della vettura del figlio di Chiacchio, dicendo al padre che l’avrebbe restituito solo dopo aver ricevuto i soldi.

L’unico fatto di una certa entità, non tanto per il valore della somma estorta, ma per la reiterazione di uno schema di taglieggiamento, che, in altri tempi e a ben altri livelli criminali, ha realmente tenuto sotto scacco la gran parte del tessuto imprenditoriale dell’agro aversano e non solo, è quello che vede protagonista Mario De Luca e Vincenzo Chairolanza, indagati entrambi per estorsione aggravata per aver chiesto all’imprenditore Giuseppe Compagnone della “Cantieri Società cooperativa”. Va sottolineato, però, che comunque ci sarebbe a monte un’azione pericolosa compiuta dall’imprenditore, il quale tempo prima avrebbe chiesto un prestito proprio di 1400 euro a Chiarolanza.

L’intimazione sembra essere legata al fatto che siccome Chiarolanza era finito in carcere, non avrebbe mai ricevuto la restituzione del prestito fatto a Compagnone. Ora, essendo uscito di galera, dov’era andato proprio in quanto esponente del clan dei Casalesi, circostanza che De Luca rimarcava al cospetto dell’imprenditore il quale, peraltro, ne era ben consapevole già da prima, pretendeva la restituzione della somma.

Anche in questo caso De Luca applicava la sua “commissione”, pretendendo da Compagnone il pagamento extra di 100 euro.

Il resto, ogni dettaglio degli episodi illustrati, lo potete leggere dagli stralci integrali dell’ordinanza che pubblichiamo sotto a questo articolo.