Comune di AVERSA. Affidamento a sorpresa a Luigi Lagravanese. Esponiamo al sindaco Alfonso Golia e alla dirigente Accardo il 10% della montagna di accuse che Nicola Schiavone e tanti altri fanno nei suoi confronti

18 Febbraio 2022 - 18:17

La notizia che abbiamo dato ieri merita un ritorno dato che c’è qualcuno che ancora oggi afferma che tutto sommato l’affare dei servizi sociali targati Lagravanese da Casal di Principe e Pasquala Capriglione da Carinola-Falciano del Massico, sia solo una suggstione dei magsitrati della Dda che nel dicembre scorso hanno perquisito anche gli uffici dei politici, a partire da quello del neo indagato sindaco di Sparanise, Salvatore Martiello

 

CASAL DI PRINCIPE/AVERSA – (g.g.) La decisione della dirigente del comune di Aversa Gemma Accardo di assegnare, previa trattativa diretta e individuale, alla cooperativa Quadrifoglio, legata all’imprenditore, decisamente tra i più attivi negli ultimi venti anni e ancor più decisamente tra i più facoltosi nel settore dei servizi sociali Luigi Lagravanese, rende necessaria una nostra ulteriore iniziativa giornalistica che magari in questo momento avremo anche voluto evitare, perchè si tratta di un’indagine ancora in corso che però è già oggi corroborata da solidi elementi che rendono percorribile la strada verso una piena presa di coscienza, da parte dei magistrati della Dda, sulla possibile esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di Lagravanese, da inviare ad un giudice per le indagini preliminari in modo da verificare se esistano le condizioni per dare ulteriore riscontro fattuale all’attività che, fino ad oggi, si è sviluppata e di cui si è pubblicamente saputo nei primi giorni di dicembre, allorquando i magistrati dell’antimafia hanno ordinato una raffica di perquisizioni nelle sedi, nelle case e anche nei comuni in cui Luigi Lagravanese ma anche il suo antico e forse ancora suo socio di fatto, Pasquale

Capriglione.

Infastidisce, onestamente, da un lato la lentezza dell’autorità amministrativa, dell’autorità di governo, cioè della Prefettura di Caserta che non ha ancora creato le condizioni perchè cooperative come Quadrifoglio, soggetti economici riconducibili a Lagravanese, si vedano congelare la loro presenza negli elenchi del mercato eltetronico della pubblica amministrazione, o Mepa che dir si voglia; dall’altro lato, il fatto che un dirigente di un comune importante come Aversa vada a pizzicare proprio quella cooperativa nel Mepa, garantendole un ulteriore appalto di un mese e mezzo, da parte dell’Ambito sociale C6, di assistenza ai disabili (CLIKKA E LEGGI).

Infastidisce il criterio scelto dalla dirigente Accardo, arrivata ad Aversa per volontà esclusiva dell’ex consigliere regionale Stefano Graziano, che, pur non avendo compiuto, fino a prova contraria, niente di illegale, dà l’impressione di avere una sorta di sentiment, di attitudine proiettati sulle qualità di questa cooperativa e di questo imprenditore. Magari non è così, ma l’apparenza è questa.

E mò gliele spieghiamo, alla Accardo e al sindaco Golia, ancora meglio quali sono queste attitudini. Quando si parla di collaboratori di giustizia, i discorsi vanno presi sempre con le molle. La costruzione di un’accusa solo attraverso dichiarazioni di pentiti non è infatti, a nostro avviso, una procedura degna di uno stato di diritto.

Detto questo, però, se i collaboratori di giustizia, due, tre, quattro, insomma sono tanti quelli che accusano Lagravanese, convergono verso un’unica direzione, allora si può cominciare, sempre secondo il nostro avviso iper-garantista, a lavorarci attorno.

Di queste dichiarazioni dei pentiti, punto di partenza e non di arrivo di un’indagine, vanno presi secondo noi quei contenuti che si possono poi riscontrare attraverso l’elaborazione di fatti concreti, come sono gli atti amministrativi, come sono gli affidamenti, gli appalti poi effettivamente ottenuti. A questa categoria di dichiarazioni appartengono, sempre secondo noi che da 10 anni avremo letto duecentomila pagine di ordinanza, quelle rilasciate da Massimiliano Caterino detto Mastrone, uomo di fiducia di Michele Zagaria, da Luigi Tartarone che invece è testimone delle attività del gruppo Bidognetti e infine, qualche anno dopo, quelle da Nicola Schiavone, il quale, attenzione, non è il nostro pentito preferito, dato che in più occasioni abbiamo rimarcato le cose che non ci hanno convinti per nulla relativamente ai verbali riempiti con i suoi interrogatori.

Allora, nel 2011 Massimiliano Caterino afferma che Luigi Lagravanese era un imprenditore collegato direttamente al clan dei casalesi. Pagava delle percentuali sugli appalti ottenuti nei servizi sociali. Ma il clan lo aiutava ad ottenere gli affidamenti. Massimiliano Caterino afferma anche che le assunzioni fatte da Lagravanese nelle sue cooperative erano concordate spesso con i boss. Poi, declina con precisione le parentele di quest’ultimo. Intanto quella a lui stesso direttamente ascrivibile: la cui sorella ha sposato, come effettivamente ha sposato, Antonio Lagravanese, zio di primo grado di Luigi Lagravanese.

Successivamente Caterino sottolinea gli ottimi rapporti tra l’imprenditore dei servizi sociali, con la famiglia Russo, cioè con la famiglia di Peppe o padrino, legata a triplo filo agli Schiavone e con la famiglia Bidognetti, a cui si relazionava attraverso un contatto amichevole con Luigi Tartarone ed Emilio Di Caterino, divenuti entrambi poi collaboratori di giustizia.

Ed è proprio Tartarone a dare riscontro sempre nel 2011 alle dichiarazioni di Caterino. Al tempo, la Dda crede in questa indagine, visto e considerato che va da Tartarone, citato da o mastrone, una settimana dopo l’interrogatorio di quest’ultimo. Il 25 maggio, infatti, l’ex esponente del gruppo Bidognetti precisa meglio la natura del rapporto tra Lagravanese e la famiglia di Peppe o padrino, spiegando che Massimo Russo, alias Paperino, a sua volta più volte arrestato, aveva sposato una cugina di Luigi Lagravanese.

Per quanto riguarda gli appalti e le cifre da riconoscere al clan, la famiglia Russo si impegnò direttamente cioè ai suoi massimi livelli, per trovare un punto di intesa con i Bidognetti, in modo da praticare a Lagravanese un trattamento di favore. Ad incontrarsi con Corrado Russo fratello di Massimo e di Peppe Russo o padrino è lo stesso Tartarone che dunque, racconta un episodio di cui è stato direttamente protagonista. In effetti, i Bidognetti facevano meno sconti all’imprenditore, tanto è vero che Tartarone racconta di essere andato, insieme a Massimo Alfiero, uno degli sparatori-killer di Peppe Setola, a chiedere a Lagravanese una estorsione per un appalto vinto a Mondragone.

E veniamo infine, in questo primo blocco di collaboratori di giustizia che parlano di quello che al tempo era socio in Agape di Pasquale Capriglione, a Nicola Schiavone che di Lagravanese parla il 30 novembre e il 18 dicembre 2018. L’imprenditore, secondo Schiavone, era un socio di fatto dei Casalesi, dato che in diverse circostanze si spartivano i proventi degli appalti al 50%. Schiavone afferma questo collegando i fatti al periodo che va fino al 2004 cioè fino alla conclusione, dovuta all’arresto in Polonia, della reggenza di suo zio Francesco Schiavone Cicciariello e successivamente al 2004 quando è lui stesso ad assumere le redini che tiene fino al suo di arresto, avvenuto nel 2010.

Naturalmente, Schiavone sottolinea che alcuni degli affidamenti ottenuti da Lagravanese erano frutto dell’intervento diretto che i boss facevano sui funzionari e sui dirigenti dei comuni a loro disposizione. Schiavone nomina anche due avvocati, presumibilmente di Casal di Principe. Il primo che era anche un politico locale, avrebbe svolto un’attività di mediazione in modo che Lagravanese ottenesse appalti ai tempi della sindacatura di Cipriano Cristiano; il secondo affiancava, insieme al suo collega, Ginotto Lagravanese, così lo chiama Nicola Schiavone utilizzando dunque un diminutivo-vezzegiativo del suo nome di battesimo Luigi, nell’attività di trasporto di disabili.

Peraltro, Nicola Schiavone all’indomani del matrimonio di suo fratello Carmine, si pone il problema di garantire a quest’ultimo un lavoro, almeno formalmente, e dice di averlo affiancato al terzetto appena citato, cioè quello dei due avvocati e di Ginotto Lagravanese.

Ora, è chiaro che oggi certe affermazioni, soprattutto quella relativa agli affidamenti che in un certo anno, in un certo momento, e previo l’intervento dell’avvocato-politico, vadano riscontrate. Ma qualora il riscontro ci fosse, è anche chiaro che Lagravanese, premiato alcuni giorni fa dal comune di Aversa, con il già menzionato affidamento di 36mila euro e rotti, rischierebbe di ripetere l’esperienza di qualche anno fa, quando fu raggiunto da una misura cautelare limitativa della libertà personale.

Questo per iniziare e per segnalare al signor sindaco di Aversa Alfonso Golia, che poi si arrabbia quando noi gli scriviamo che suo suocero Emilio Chianese è pesantemente invischiato in una indagine di camorra, dicendo cose inenarrabili nelle intercettazioni, da noi ampiamente pubblicate di questa indagine. Si arrabbia, il sindaco Golia come se Chianese fosse nostro suocero e non suo suocero.

Ecco perchè dovrebbe stare particolarmente attento ad operazioni come quella realizzata qualche giorno fa dalla dirigente Gemma Accardo, la quale, a 24 ore dalla nomina del nuovo coordinatore dell’Ambito C6, ha consegnato 36mila euro e passa a Luigi Lagravanese per un mese e mezzo di assistenza.

Alla prossima puntata.