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“Estranei al gruppo di spaccio”. Ma i giudici non credono alla loro versione. Restano in carcere 50enne e il nipote del ras della droga

11 Ottobre 2022 - 10:49

Si tratta di due dei trentasette arrestati lo scorso aprile in un blitz antidroga che, partendo dalla Valle di Suessola, ha fatto emergere un’attività di spaccio che si è allargata alla provincia di Caserta, ma anche nell’area di Napoli intorno al comune di San Felice a Cancello

SAN FELICE A CANCELLO – Secondo i giudici della corte di Cassazione Antonio Piscitelli, 34 anni, detto O’ Nano, e Gennaro Iannone, 50enne devono restare in carcere, così come deciso dal tribunale del riesame di Napoli nel maggio scorso.

La scelta della corte partenopea era legata al provvedimento del 20 aprile 2022, con il quale il giudice per le indagini preliminari dello stesso tribunale aveva disposto l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti tra gli altri di Piscitelli e Iannone, accusati di far parte dell’associazione di spaccio di marijuana, hashish e cocaina, diretta da Filippo Piscitelli, detto O’ Cervinar, operante nell’area della Valle di Suessola, ovvero tra Arienzo, Cervino, San Felice a Cancello, Santa Maria a Vico, ma secondo gli inquirenti capace di portare il suo mercato anche in centri vicini della provincia di Caserta e di Napoli.

Antonio Piscitelli e Gennaro Iannone avevano presentato ricorso in Cassazione contro la conferma dell’arresto e della custodia in carcere decisa dal tribunale di Napoli.

Tra i motivi del ricorso se ne segnarono due molto simili per entrambi. Ad esempio, O’ Nano, attraverso i suoi legali, afferma che lui non faceva parte dell’organizzazione criminale, avendo ricevuto la droga fornita direttamente dallo zio Filippo. La sua attività di spaccio, poi, era legata ad un breve arco temporale nel quale il trentenne stava cercando lavoro.

Per quanto riguarda Iannone, invece, lo stesso si dichiara estraneo al gruppo di spaccio del ras della droga della Valle di Suessola.

I legali specificano che la sua attività di spaccio era infatti personale, autonoma, non collegata ad operazione in gruppo e quindi, in termini di gravità rispetto alla custodia cautelare e ad un eventuale processo, meno pesante rispetto alla circostanza in cui la vendita di sostanze stupefacenti avviene attraverso lo sviluppo di un’attività criminale messa in piedi di concerto tra più persone.

Le loro doglianze non sono state ritenute valide dalla corte di Cassazione che ha rigettato i due ricorsi e confermando, quindi, il carcere per i due.

La gestione della loro attività di spaccio come esterna, rispetto a quella del capo Filippo Piscitelli, non è stata ritenuta credibile dai giudici.

Nella sentenza, che potete trovare completa in calcio all’articolo, infatti, la Cassazione cita dei casi emersi all’ordinanza in cui sembrerebbe fondata la teoria che sia Piscitelli, sia Iannone hanno operato per conto del capo dell’organizzazione.