Forti dell’impunità, De Rosa, Lusini e Barbato strafanno: in spregio al capitolato affidamento diretto da 150 mila euro ad un’impresa di CASAL DI PRINCIPE per colpire Roberto Vitale

5 Luglio 2022 - 12:52

Siamo costretti, nostro malgrado, a tornare a parlare delle vicende di questo imprenditore che, a tre anni dai gravissimi attentati subiti, non conosce ancora l’esito delle indagini

TEVEROLA (g.g.) – Pensate un po’ che Marcello De Rosa, sindaco di Casapesenna e consigliere provinciale delegato alla Viabilità, in forza di una decisione del presidente Giorgio Magliocca il quale, dovrà anche preservare gli equilibri della sua maggioranza, ma, come si dice, quando di esagera, si esagera, ha proposto il nome di suo fratello, Raffaele Lello De Rosa, architetto, per sostituire il direttore generale della Provincia, Gerardo Palmieri che, secondo il De Rosa (e possiamo capire il perché), rappresenterebbe un freno alle sue idee per gli appalti provinciali.

Una proposta compiuta con sommo sprezzo del ridicolo ma anche, tornando alla struttura letterale di questo modo di dire, con sommo sprezzo del pericolo, perché, con tutto quello che sta succedendo nel comune di Teverola, soprattutto per quel che riguarda la delicatissima e inquietantissima vicenda dell’imprenditore Roberto Vitale, occorre veramente essere disancorati dalla realtà, occorre sentirsi premiati da un senso di impunità, tutto sommato non infondato, visti i passi timidi, tenui di una magistratura che solo raramente riesce a cogliere fatti costituiti da una somma di reati che restano lì, che nessuno smentisce e che nessuno sottopone alla dovuta azione penale, per pensare che ci possano essere condizioni di agibilità, con tutto il rispetto dell’amor di fratellanza, affinché

possa diventare direttore generale dell’amministrazione provinciale di Caserta Raffaele De Rosa, detto Lello, già a sua volta vicesindaco di Casapesenna quando, in quota Lorenzo Diana, stipulò un’intesa con Fortunato Zagaria, esponente di Forza Italia ma soprattutto esponente della gens più importante, più influente di quel paese, una sorta di dinastia con lo stesso cognome di quel sindaco e con lo stesso cognome dell’allora super latitante Michele Zagaria.

Dicevamo di Roberto Vitale. Guardate, non è che noi siamo fissati nella narrazione dei fatti riguardanti il durissimo scontro che oppone questo imprenditore, titolare dell’affidamento della gestione e della manutenzione della pubblica illuminazione a Teverola. Se siamo ancora qui a scriverne è solo e solamente perché la presenza di un giornale come il nostro diventa per l’ennesima volta in questa provincia l’unico modo per tenere vive questioni che riguardano l’offesa del diritto, l’offesa materiale e morale di una persona, della sua famiglia, dell’imprenditore. Se, ripetiamo, ancora stamattina scriviamo su Roberto Vitale è perché lo Stato, la Repubblica Italiana non ci ha ancora detto il nome e il cognome dei colpevoli dei due gravi attentati subiti dall’imprenditore più di 3 anni fa. Sono trascorsi 38 mesi dal primo e circa 32 dal secondo.

Il 23 maggio 2019, anniversario della strage di Capaci, ignoti, perché questo sono rimasti, devastarono con brutalità la cappella cimiteriale di famiglia che ospitava ed ospita la memoria più cara dei Vitale, a partire dalle spoglie dei genitori. Sei mesi dopo un attentato incendiario distrusse totalmente gli uffici di Vitale nella zona industriale, al confine tra Teverola e Carinaro. Era il 20 novembre 2019, ed erano trascorsi sei mesi non solo dal primo attentato, ma anche dalle elezioni comunali, svoltesi tre giorni dopo il vile blitzdel cimitero.

Quelle elezioni videro vincitore il trio Stefano Graziano-Gennaro Caserta-Tommaso Barbato, grazie ad una trasfusione di voti dell’ultim’ora da parte del predecessore, Biagio Lusini, il quale, accortosi di non essere capace lui di vincere questa tornata, spostò preferenze sul terzetto di cui sopra, in modo da evitare che a vincere fosse Dario Di Matteo, che all’ex sindaco non avrebbe consentito di fare di più del semplice consigliere di opposizione, ridimensionando, nel contempo, il potere e il peso specifico di Raffaele De Rosa, pur non potendolo congedare in quanto proprio Lusini, proprio il giorno precedente la scadenza del suo mandato da primo cittadino, 24 ore prima di lasciare in pratica, l’aveva gratificato come dirigente a tempo indeterminato, naturalmente ad esito di un concorso che vabbé, che lo diciamo a fare, una selezione che ci portò a scrivere che De Rosa fu nominato da Lusini.

La dimostrazione che proprio Lusini svolse un ruolo decisivo nella vittoria di Barbato, avvenne subito o quasi subito dopo le elezioni. In un momento in cui Stefano Graziano era ancora in grande spolvero, l’ex sindaco doveva parlare con lui e non con Barbato. Quando, invece, Graziano ha perso potere e ha perso anche la poltrona di consigliere regionale, il “povero” Barbato è diventato un attendente, poco meno o poco più, del Lusini, accompagnandolo anche in qualche visita particolare resa al grande amico Ferdinando Canciello, imprenditore importato da Frattamaggiore che, grazie alla complicità politica amministrativa dell’ASI Caserta, è divenuto una sorta di imperatore del cemento. Va da sé che Raffaele De Rosa, pur togliendosi dalle botte delle aree Lavori Pubblici e Urbanistica, in modo da evitare (così pensa lui) problemi su lottizzazione Schiavone e dintorni, è rimasto il dirigente più influente del comune di Teverola. Una condizione che ha conservato anche dopo la ritirata strategica di Biagio Lusini, il quale, percependo qualcosa da lontano, che magari rendeva utile un suo passo indietro, si è dimesso da consigliere comunale, spostando però il suo ufficio dalle stanze alla piazza sottostante il municipio.

E d’altronde, la cartina al tornasole che indica a tutti quanto conti ancora oggi Biagio Lusini è rappresentata dallo spregiudicato assalto che in pratica ogni giorno Lello De Rosa porta all’indirizzo di Roberto Vitale, in nome e per conto dello stesso Lusini. Perché a voler distruggere questo imprenditore, com’è dimostrabile in mille modi, è il solo Lusini, di cui De Rosa si fa braccio armato.

L’architetto di Casapesenna ha potuto valutare e calcolare in questi anni quale sia il divario, lo spazio che può intercorrere tra un atto amministrativo, cioè una determina, un decreto, quandanche assunto, quandanche manifestamente illegittimo o addirittura illegale, e un intervento da parte della magistratura. Possono passare addirittura anni, dentro ai quali lo Stato del non diritto italiano consente che un cittadino non immischiato venga colpito pressoché quotidianamente dagli effetti della rivisitazione di questa addizione aritmetica.

Uno più uno fa tre e, siccome lo dico io che mi chiamo Raffaele De Rosa, fa 3. Ovviamente il Vitale guarda alla Repubblica Italiana, perché ritiene che la Repubblica Italiana dovrebbe tutelare chi, per non scendere a compromessi con certi mondi, subisce quello che ha subito lui. Ma la Repubblica Italiana ha i suoi tempi. La giustizia in provincia di Caserta non sa che pesci pigliare e neppure sa da dove cominciare, visto che è molto più facile colpire un reato amministrativo a Cremona, dove la corruzione esiste lo stesso, ma che si sviluppa su una percentuale massimo del 25% degli atti di potestà, che qui a Caserta dove, scriviamo ormai da decenni, il 95% degli appalti, dei concorsi, delle procedure finalizzate alle assunzione di personale sono tutti truccati con esito già determinato prima dell’inizio delle citate procedure.

Per cui, qui da noi, dove ti giri giri sono reati. E forse per questo la magistratura locale avrebbe bisogno di rafforzare gli organici delle sezioni, trasformandoli in veri e propri pool nelle procure, che si occupano dei reati di corruzione nella pubblica amministrazione, siano aggravati o meno dal fattore camorristico.

L’ultima volta in cui Raffaele De Rosa detto Lello ha messo nero su bianco che 1+1=3 è stato quando, recentemente, ha effettuato un affidamento diretto da 150 mila euro, frutto di leggi dello Stato nate durante la pandemia covid e che permettono a gente come De Rosa di vivere momenti di pura euforia, potendo utilizzare una potestà mai vista in passato, utilizzando fino all’ultimo euro, visto che il limite messo dal governo sugli affidamenti diretti è proprio di 150 mila euro.

L’impresa toccata da cotanta grazia è una società di Casal Di Principe, la Aqua Italia srl che, come diverse altre aziende di quella zona, ha localizzato la sua sede a Telese Terme che, però, sfortunatamente per loro, è anche la casa del sottoscritto, autoctono e non immigrato. Per cui, questa storia delle imprese di Casal di Principe, Casapesenna eccetera la conosco come le mie tasche, sin dai primi tempi in cui si sviluppò, cioè durante un’amministrazione comunale capeggiata da un sindaco molto intelligente, molto aperto, però, a tante cose e che, non a caso, era diventato un pupillo di Antonio Gava.

Allora, questi 150 mila euro sono serviti a realizzare un impianto di illuminazione pubblica in via Cupa e via Salzano a Teverola. Avete letto bene, i lavori li hanno già fatto, nonostante che nel capitolato che a suo tempo attuò l’aggiudicazione alla Vitale One prevedeva che tutti i lavori di ordinari, straordinari o di ampliamento (leggete bene, ampiamento) sarebbero stati nelle possibilità della ditta di Vitale, a meno che questi non si rifiutasse, declinando l’invito o nel caso in cui l’imprenditore non avesse risposto nei sessanta giorni dalla richiesta.

Ora, De Rosa ha molti limiti, ma non è uno stupido. Sa bene di aver violato il capitolato. Sa bene che un’istanza di Vitale con cui richiede una risoluzione del contratto per gravi inadempimenti dell’ente appaltante avrebbe grande possibilità di successo, con grave disastro per le casse comunali e la prospettiva certa di dover dichiarare il dissesto.

Però De Rosa è De Rosa. L’etica della responsabilità, il senso dello Stato sono degli illustri sconosciuti nella sua vita e nella vita di tantissimi soggetti che fanno politica, che fanno i professionisti a Caserta, nella sua provincia e soprattutto in agro Aversano. Pensa, dunque, quando succederà, io magari sono già altrove o in pensione e se poi su questi fatti dovesse intervenire anche la corte dei Conti ce ne occuperemo al momento opportuno. Chi non ha etica ragiona giorno per giorno e non si fa certo impressionare dai pericoli che si corrono, svolgendo la propria attività amministrativa nel modo in cui la svolge Lello De Rosa.

Per cui, sapete cosa ha fatto? Dinanzi alle rimostranze di Vitale, alle diffide ufficiali presentate, De Rosa ha messo in mezzo la storia di presunte inadempienze, presunte mancanze della Vitale One che provocherebbero sanzioni e penali pecuniarie. Se diciamo “ha messo in mezzo” è perché, sempre al grido di 1+1=3, anche in questo caso nulla è stato notificato in proposito all’impresa di Roberto Vitale, in modo da consentirgli di partecipare come convenuto ad un procedimento che prevede espressamente il formale contraddittorio tra l’amministrazione appaltante, che contesta a verbale le presunte inadempienze, e la stessa impresa che fisicamente deve essere presente al tavolo e ugualmente a verbale replica e controdeduce. Ciò per fornire poi, eventualmente anche al Tar, argomenti che consentano una valutazione più rapida che porti alla conferma o alla revoca delle penali.

Dunque, l’unica cosa concreta che De Rosa ha fatto è stata quella di far correre il soldo ad un’impresa di Casal di Principe. Lui va avanti e andrà avanti, continuando a dire che uno più uno fa tre perché non è assolutamente preoccupato, perché non è affar suo il problema che graverà su tutti i cittadini di Teverola quando, alla fine di questa storia, le casse del paese rimarranno devastate per i danni patiti e per quelli patenti.

Ecco perché diciamo che i ritardi della giustizia, al di là dei diritti delle persone coinvolte, producono spesso pesanti danni collaterali che si diffondono a scapito della collettività e delle popolazioni.