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Gli appalti di CASAL DI PRINCIPE. Nome per nome, ditta per ditta, cifra per cifra, gara per gara, ecco tutti quelli che lavoravano in paese per volere di Nicola Schiavone e Dante Apicella

21 Settembre 2022 - 14:13

10% al figlio di Sandokan, Maurizio Capasso esentato per motivi di amicizia e tante altre cose ancora

CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) Nicola Schiavone figlio di Francesco Schiavone Sandokan si sbilancia e in uno dei primi interrogatori sostenuti all’indomani della sua scelta di diventare ufficialmente un collaboratore di giustizia, dimostra di ricordare anche le cifre delle gare di appalto, bandite dal comune di Casal di Principe, nonostante il fatto che queste riguardassero un tempo anteriore di almeno 10 anni rispetto a quello in cui – mese di luglio 2018 – il suo interrogatorio si svolgeva.

Nicola Schiavone elabora le dichiarazioni di cui già abbiamo scritto nei giorni scorsi, imperniate sulla figura di Dante Apicella, detto Dantuccio la damigiana o “furgione“, così come scopriamo dalle parole messe a verbale e che danno corpo allo stralcio da noi pubblicato oggi in calce a questo articolo.

A chi lo interroga, magistrati della Dda e carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta, fornisce una sorta di minuta, di resoconto, di inventario, lavoro per lavoro.

E così leggiamo che i “lavori di realizzazione dell’isola ecologica appalto da 500mila euro circa,” così afferma testualmente Nicola Schiavone, furono assegnati dal comune di Casal di Principe, stazione appaltante solo per modo di dire, visto che Nicola Schiavone afferma di essere stato sempre lui il pianificatore proprio insieme a Dante Apicella, il quale “oltre

ad occuparsi attraverso prestanomi dell’esecuzione dei lavori, si occupava della complessiva gestione della procedura amministrativa dell’aggiudicazione dei lavori”. In pratica, il dirigente dell’ufficio tecnico quando Apicella interveniva, anche in nome e per conto di Nicola Schiavone, si limitava ad obbedire.

Dantuccio a damigiana, dunque, svolgeva contemporaneamente il ruolo di dirigente dell’Utc del comune di Casal di Principe, di selezionatore delle imprese che avrebbero dovuto figurativamente, per finta, partecipare ad una gara, di cui già lui e Nicola Schiavone avevano deciso l’esito già prima di iniziare, e infine di selezionatore anche dell’imprenditore che, saldamente assicurato alla filiera camorristica, ne diventava in pratica prestanome o socio d’opera, accontentandosi di una parte dell’importo visto che dentro a quei lavori dovevano essere prelevati gli utili per Apicella ma soprattutto quel 10% di quota fissa che rappresentava la quota parte da corrispondere al clan dei casalesi e a Nicola Schiavone in particolare.

Nel caso di questi lavori, come già abbiamo scritto in un altro articolo, il prescelto fu Isidoro Schiavone, costruttore di Casal di Principe ma soprattutto fratello di quel Nicola Schiavone, omonimo del figlio di Sandokan il quale di mestiere faceva l’imprenditore, ma non poteva più comparire in considerazione delle accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso, piovute su di lui. Naturalmente, il 10% di 500mila euro fa 50mila euro e questa rappresenta la cifra che Nicola Schiavone di Francesco dichiara di aver incassato.


Veniamo ora ai lavori che il pentito definisce “di rifacimento della casa comunale“. In pratica, un secondo lotto che seguiva di qualche anno un primo lotto che Nicola Schiavone ricorda essere stato attribuito l’imprenditore Maurizio Capasso, definito un affiliato, da Francesco Schiavone cicciariello e Giuseppe Russo detto Peppe o padrino, tra il 2002 e il 2004, anni in cui aggiungiamo noi, effettivamente i due erano a piede libero, ci pare latitanti.

Il secondo lotto di cui parla Nicola Schiavone partiva da una base d’asta di 400mila euro. Ribassi, naturalmente, sempre modestissimi, perchè ribassi alti avrebbero ridotto la cifra e dunque anche le quote della ripartizione. In effetti Schiavone afferma che Maurizio Capasso non effettuò direttamente lui i lavori, ma testualmente dice che questi “li vendette a una ditta di suo riferimento”.


L’uso del termine “vendette” può essere una sorta di modo di dire, anche perchè un appalto pubblico per essere, a certe condizioni, subappaltato, ma non venduto come si fa con un credito aziendale. Comunque, Schiavone afferma di aver chiarito le modalità di questa operazione in un interrogatorio precedente, che però non è stato pubblicato nel corpo di questa ordinanza.


Il fatto interessante è costituito dal comportamento speciale che Nicola Schiavone ebbe nei confronti di Capasso che per l’occasione non versò i 40mila euro del canonico 10% al clan dei casalesi. Si trattò però di un fatto straordinario, di un’eccezione, di un’attenzione che Nicola Schiavone dice di aver usato a una persona che, oltre ad essere un fedelissimo del clan, era anche suo amico. I due infatti avevano familiarizzato negli anni in cui frequentavano da ragazzi lo stesso quartiere di Casal di Principe. Oltre alla sua fedeltà al clan, legata anche al fatto di essere il cugino dei fratelli Russo cioè dello stesso Peppe o padrino, di Massimo Russo e Corrado Russo.

Un appalto di importo più cospicuo è quello relativo allo scavo e posa in opera dell’impianto idrico del comune di Casal di Principe, con una basa d’asta che Nicola Schiavone ricorda fissata “in circa 2 milioni e mezzo di euro“. Questo appalto fu aggiudicato ai due imprenditori Dionigi Giusto e Michelangelo Madonna, che dovrebbe essere la stessa persona che per anni ha svolto la funzione di consigliere provinciale in quota Forza Italia.

Essendo un lavoro con un importo di due milioni e mezzo di euro il ribasso non poteva essere di troppo inferiore al 30%. In questo caso però la porzione del 10% viene consegnata dai due imprenditori a Nicola Schiavone, quindi 250 mila euro. Di questi soldi, 220 mila euro vengono utilizzati per alimentare le casse del clan e per fronteggiare le esigenze dei detenuti e delle loro famiglie, altri 30mila euro, e qui Nicola Schiavone sorprende ancora con l’utilizzo di una parola nota soprattutto ai giuristi e ai notai, finiscono a Pasquale Vargas come “liberalità nei suoi confronti, in quanto cugino dei Madonna”. In poche parole aggiungiamo noi, una donazione volontaria, libera e liberale.

Giusti e Madonna realizzarono i lavori associandosi formalmente in Ati con un’impresa napoletana. Circostanza che, spiega Nicola Schiavone, gli fu riferita proprio da Dante Apicella, il quale evidentemente sovrintendeva anche alle procedure relative all’assegnazione dell’appalto e alla sua esecuzione. Il figlio di Sandokan dichiara di non aver mai conosciuto gli imprenditori napoletani, mentre afferma dia aver incontrato Madonna e Dionigi Giusti nel loro deposito di Casal di Principe, dove si trovava dietro ad un altro deposito, quello di materiale edile dei fratelli Zara.


Su questi tre lavori si sofferma Nicola Schiavone non fornendo invece altri particolari sull’appalto riguardante la riqualificazione urbana di Casal di Principe, importo 7 milioni e mezzo di euro di cui invece aveva detto in un altro interrogatorio (CLIKKA E LEGGI).


Successivamente il pentito viene impegnato da chi lo interroga nel riconoscimento di alcune immagini fotografiche. Ha qualche difficoltà a riconoscere Carmine Schiavone, perchè, dice che si tratta di un’immagine molto recente e che dunque questa persona aveva visto modificarsi sensibilmente negli anni la propria fisionomia. Poi ricorda e dichiara che Carmine Schiavone, è il cugino di Vincenzo Schiavone o petillo, personaggio molto noto, soprattutto per le vicende riguardanti Santa Maria Capua Vetere e l’omicidio di Sebastiano Caterino.

Carmine Schiavone di cui poi vi torneremo a parlare in relazione ad altre vicende e ad altre ordinanze in cui è stato coinvolto, era destinatario di una interdittiva antimafia ma nonostante questo,al fianco del suo amico stretto Apicella, continuava a a lavorare e ad incassare. Il trait d’union tra Carmine Schiavone e i vertice del clan , cioè Nicola Schiavone era stato garantito proprio da Vincenzo Schiavone petillo e, all’indomani dell’arresto di quest’ultimo da Rodolfo Corvino.

Carmine Schiavone era considerato uno di famiglia e non solo per la parentela con Vincenzo o petillo. Nicola Schiavone ricorda che era parente della ex fidanzata di suo fratello Walter.

Un altro imprenditore appartenente alla cerchia di Dante Apicella viene riconosciuto in foto da Nicola Schiavone in Diamondo o Diamante Aversano, anch’e lui protagonista di questa enorme saga familiare degli Schiavone, in quanto “è il cognato di Franco Letizia detto mucione in quanto ne ha sposato la sorella che a sua volta cognata di mio fratello Carmine in quanto ha sposato il fratello di Italia detta Tania, moglie di mio fratello.” Di Aversano, il pentito ricorda vagamente di un intervento fatto su un Comune si cui non ricorda però il nome, chiestogli proprio da questo costruttore che operava, ripetiamo, nella cerchia di Dante Apicella.


Con Vincenzo Apicella fratello maggiore di Dante Apicella, Nicola Schiavone afferma di non aver avuto alcun rapporto e dunque il riconoscimento fotografico è solamente frutto di una conoscenza fisica. Lo stesso non si può dire per Bernardo Apicella detto la roccia, figlio di Dante e personaggio significativo, che secondo Nicola Schiavone era ben consapevole di come e perchè suo zio Dante Apicella conquistava tutti quegli appalti, tutti quei lavori in cui lui era poi coinvolto come imprenditore.

D’altronde, ricorda ancora Schiavone, era successo qualche volta di discutere in presenza con Dante Apicella alla presenza del nipote Bernardo. Inoltre, il boss utilizzava proprio i nipoti di Dante Apicella come tramite per mettere in cantiere gli appuntamenti. I nipoti, ma non solo, visto che a questa mansione poteva sovraintendere anche un tal “Giustino delle motociclette ovvero di Corvino Motors.

Sempre per quanto riguarda la famiglia di Dante Apicella, a Nicola Schiavone viene fatta vedere la foto di Pietro, che lui riconosce come fratello di Dante e Vincenzo, non uno molto capace, non uno molto scaltro e che per questi motivi probabilmente fu avviato da poco più che 20enne all’esercizio di attività politica durante la sindacatura di Cipriano Cristiano quando Pietro Apicella fu eletto in consiglio comunale.

L’ultimo riconoscimento riguarda Mario Barbato detto “cicchione”. Ma anche di questa persona, che pure abbiamo incrociato i altri passi di altre ordinanze vi diremo nei prossimi giorni.

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ ORDINANZA