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Il clan dei CASALESI aveva a disposizione due specialisti professionisti, per guardare e chiudere le buste delle gare di appalto svoltesi nei comuni casertani

20 Settembre 2022 - 14:29

Altri stralci degli interrogatori del collaboratore di giustizia di più alta cifra criminale. Saltano fuori i nomi di altri imprenditori di Casal di Principe, totalmente a disposizione del clan e…

CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) Il rapporto tra Nicola Schiavone figlio di Francesco Schiavone Sandokan quando questi era il capo, il reggente del clan dei casalesi, e l’imprenditore Dante Apicella, Dantuccio la damigiana per gli amici, sono stati spiegati dallo Schiavone già a partire dalle prime battute della sua collaborazione. Quelli che pubblichiamo in calce, sono infatti stralci di interrogatori risalenti al luglio, massimo settembre del fatidico anno 2018, quando proprio nei primi giorni di quel luglio, il suo status di collaboratore di giustizia fu ufficializzato.

Vi rimandiamo alla lettura del documento in calce e vi diciamo solamente che Nicola Schiavone descrive il rapporto tra Apicella e l’amministrazione di Casal di Principe, in questo modo: “In pratica aveva le chiavi del comune”.

Insomma, dal 2006 fino alla cattura di Nicola Schiavone, Apicella come plenipotenziario assoluto del capo del clan dei casalesi, prendeva tutti gli appalti che riteneva di dover prendere: non solo quello di 7 milioni e mezzo di euro riguardante la riqualificazione urbana di Casal di Principe, ma anche quelli dell’illuminazione del campo sportivo, della costruzione dei marciapiedi di via Vaticale, di diversi lotti per scavo e posa in opera di fognature.

Nicola Schiavone cita anche due nomi di imprenditori, appartenenti alla filiera di Dante Apicella. Questi non poteva comparire direttamente, e neanche indirettamente visto che su di lui gravava una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso ai sensi dell’articolo 416 bis pronunciata dal collegio presieduto al tempo da un giovane Raffaello Magi, nel maxi processo denominato Spartacus.

Non è che si capisca tanto bene dalle dichiarazioni di Nicola Schiavone dove finisse la funzione di prestanome di rispetto agli interessi di Apicella e dove iniziasse lo status di autonomia limitata. Per cui non possiamo stabilire, alla luce delle dichiarazioni del pentito, in quale cluster inserire Isidoro Schiavone con la Modrer Sas a cui vengono aggiudicati i lavori per l’isola ecologica e Maurizio Capasso che invece effettua quelli di rifacimento della casa comunale di Casal di Principe.

Sempre rimanendo alle dichiarazioni di Schiavone ribadiamo quello che abbiamo già trattato e cioè la narrazione riguardante la speciale capacità di Dante Apicella di rapportarsi agli altri clan attivi in Campania: ai Graziano e Cava, peraltro duramente contrapposti e ricordati per la famosa strage delle donne avvenuta durante una festa patronale proprio nel comune di Lauro, i Pagnozzi nella Valle Caudina del Beneventano e Avellinese, Rotondi, Montesarchio e San Martino Valle Caudina, i Fabbrocino del vesuviano, ma soprattutto i confinanti esponenti del clan Moccia, attivi ed egemoni a Frattamaggiore, Frattaminore, comuni in pratica attaccati fisicamente a quelli di Orta di Atella, di Succivo, ricompresi nella provincia di Caserta e storicamente sotto l’egemonia delle famiglie Schiavone e Russo.

Tra questi personaggi va annoverato il nome di Luigi Belardo, imprenditore ma soprattutto fratello di Domenico Belardi, ucciso nel corso di una faida tra la camorra marcianisana e i gruppi confinanti di Crispano. Belardo che lascia in pratica l’eredità imprenditoriale e non solo al fratello Luigi, era stato anche titolare della Porfido Atellana, azienda in grande rapporto con Apicella al punto che questi convince Schiavone ad assegnarli l’incarico di costruzione una zoccolatura nel cortile di casa sua.

In conclusione il fatto più tragicomico di questa vicenda: Nicola Schiavone racconta che c’erano due ragazzi di Torre Annunziata arruolati da Apicella, autentici ed ineguagliabili specialisti nell’attività di apertura delle buste, contenenti le offerte per le gare di appalto dei lavori pubblici. In poche parole, camorristi e tecnici si rivolgevano a loro affinchè aprissero consentissero di guardare e poi richiudessero in modo da perfetto non lasciando alcuna traccia della manipolazione.

Non è che si tratti di una novità, soprattutto ai tempi in cui le gare si definivano solamente attraverso l’offerta economica, al tempo in ci soprattutto a Casale, come racconta Schiavone, le gare venivano aggiudicate con il ribasso minor rispetto a tutti i ribassi che si effettuavano in provincia di Caserta e in Campania, visto e considerato che gente come Dante Apicella, non solo decideva l’identità dell’impresa vincitrice, ma apparecchiava tutta la sceneggiatura coinvolgendo come autentici figuranti, anche le imprese che fintamente a quella gara partecipavano.

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA