IL CASO scabroso del consigliere regionale Marco Nonno. Abbiamo studiato (molto) e qualche piccolo dubbio sulla decadenza matematica si è palesato

30 Maggio 2023 - 17:56

Ragioniamo intorno ai contenuti dell’articolo 624 comma 1 del Cpp e sul deliberato della sentenza sentenza di Cassazione Sez. I 21.2.2013 n. 15459

CASERTA (G.G.) – Ci siamo appassionati alla vicenda della decadenza-non decadenza, del reintegro-non reintegro del consigliere regionale sospeso di Fratelli d’Italia Marco Nonno.

Stiamo ragionando sull’istituto del cosiddetto “giudicato parziale”.


Nel lavoro di ricerca compiuto in queste ore abbiamo focalizzato la nostra attenzione su due elementi propulsori di diritto: l’articolo 624 comma 1 del Codice di Procedura Penale, dunque una fonte normativa, e la sentenza di Cassazione, Prima Sezione Penale del 21.2.2013 n. 15459, in questo caso una fonte giurisprudenziale.

Recita l’articolo 624 comma 1 del Cpp: “Se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata“.
Questo articolo del Cpp lascia, dunque, un solo dubbio rispetto al caso di Marco Nonno: i due anni di reclusione rimediati in Corte di Appello per i reati di danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale in concorso, hanno o meno una “connessione essenziale” con la parte della sentenza per la quale la Cassazione ha disposto l’annullamento con rinvio, in accoglimento al ricorso presentato dalla pubblica accusa su una sola parte della sentenza di appello?
Esiste

una connessione essenziale tra la condanna a due anni e quella assoluzione annullata dalla Cassazione e che ora dovrà tornare in Corte di Appello con il rischio che Nonno si veda ripristinare una condanna pesante, magari simile a quella subita a suo tempo dal Tribunale di Napoli ad epilogo del primo grado di giudizio anche per il reato di devastazione ai sensi dell’articolo 419 del Codice Penale?
Gli 8 anni e 6 mesi di reclusione incubavano sicuramente anche la pena dovuta alla condanna per l’altro capo d’imputazione, danneggiamenti e resistenza a pubblico ufficiale, sopravvissuta in Corte di Appello che, da un lato ha assolto Marco Nonno per il reato di devastazione, dall’altro lo ha condannato a due anni di reclusione per i reati di danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale in concorso.


Non c’è ombra di dubbio sul fatto che l’unico ricorso presentato contro la sentenza di condanna si sia risolto con un nulla di fatto e con un pesante e negativo riscontro per l’imputato nel momento in cui i giudici della Suprema Corte hanno definito come “totalmente inammissibile” l’impugnazione messa nero su bianco dagli avvocati difensori. Dall’altro lato la Procura Generale aveva presentato ricorso solo contro l’assoluzione, perché aveva ed ha ancora oggi l’obiettivo di far condannare Marco Nonno anche per il reato più grave di devastazione.

Questo ricorso è stato accolto con il conseguente annullamento del verdetto di assoluzione e contestuale rinvio degli atti processuali alla Corte di Appello di Napoli, che dovrà rifare il processo impegnando naturalmente una sezione diversa da quella che ha sentenziato l’assoluzione parziale, oggi cancellata, di Nonno.


Ma qui stiamo parlando di giudicato, cioè di una struttura giuridica che attiva l’esecuzione di una sentenza.
I due anni, dunque, rappresentano o meno un giudicato parziale?
Costituiranno o meno corpo della trasmissione dei suoi giudicati che la Cassazione è chiamata sempre ad operare alle Procure della Repubblica competenti nel territorio in cui si è realizzato in prima battuta il processo?

In modo che la Procura determini la fase esecutiva, cioè l’esecuzione in un modo o nell’altro dei due anni di reclusione che, magari, se la pena è stata sospesa in Corte d’Appello, non produrranno l’arresto di Marco Nonno e neppure l’applicazione di una pena alternativa al carcere, ma solo quella “condizionale” che sarebbe cancellata se Nonno subisse un’altra condanna definitiva.

Stando al disposto dell’articolo 624 Cpp la situazione apparirebbe, dunque, meno certa e chiara rispetto a ciò che era sembrato in un primo momento. Ciò perché perché occorrerebbe stabilire, e lo dovrebbe fare la Cassazione, se la condanna a due anni è un fatto a se stante e dunque su di essa si può determinare quel giudicato parziale, che in applicazione della legge Severino, causerebbe la decadenza di Nonno dalla sua carica di consigliere regionale.


Se, infatti, i due anni di reclusione per danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale fossero, al contrario, ritenuti comunque connessi all’altra parte della sentenza, cioè all’assoluzione annullata, allora probabilmente sussisterebbe qualche dubbio sul fatto che i due anni siano non solo una condanna, ma anche un giudicato parziale.
Fin qui la fonte normativa del 624 del Cpp.

LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE


Trasferiamoci adesso nel testo della fonte giurisprudenziale più precisa e centrata che abbiamo trovato nelle nostre ricerche, cioè la già citata sentenza di Cassazione Sez. I 21.2.2013 n. 15459: “Atteso il principio di formazione progressiva del giudicato, la sentenza di condanna deve essere immediatamente posta in esecuzione quando essa sia irrevocabile in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per alcune delle fattispecie contestate e contenga già l’indicazione della pena da applicare per le stesse, anche se la Corte di Cassazione abbia disposto l’annullamento con rinvio per altre ipotesi di reato che il giudice di merito aveva ritenuto unificate alle prime dal vincolo della continuazione”.


E allora si capisce anche il motivo per il quale, quandanche a dirla tutta in maniera piuttosto rudimentale, il presidente della Giunta per le elezioni del Consiglio Regionale Gennaro Oliviero, abbia chiesto lumi sia alla Corte di Appello di Napoli, che a suo tempo trasmise il dispositivo sentenza di condanna a due anni di Nonno alla Prefettura e attraverso questa alla presidenza del Consiglio Regionale in modo che si procedesse alla sospensione dalla carica ai sensi della legge Severino, sia alla stessa Corte di Cassazione attraverso i giudici di secondo grado.
Quando parliamo di modalità rudimentale ci riferiamo al fatto che il testo spedito dalla Regione alle Corti di Appello e Cassazione non fa alcun riferimento né all’articolo 624 comma 1 del Cpp né alla sentenza di Cassazione Sez. I 21.2.2013 n. 15459.
La citazione di queste due fonti giuridiche sarebbe stata, invece, importante in quanto sia l’una che l’altra stabiliscono dei vincoli all’applicazione dell’istituto del giudicato parziale.
L’articolo 624 lo collega alla circostanza che è evidentemente la stessa Corte di Cassazione a dover stabilire l’esistenza o la non esistenza di una connessione essenziale con la parte della sentenza che, al contrario della prima, viene annullata.
La seconda, cioè la sentenza del 2013 della Suprema Corte, definisce una procedura chiara di riconoscibilità validante di un giudicato parziale, che deve essere “immediatamente posto in esecuzione quando esso sia irrevocabile in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per alcune delle fattispecie contestate e contenga già l’indicazione della pena da applicare per le stesse, anche se la Corte di Cassazione abbia disposto l’annullamento con rinvio per altre ipotesi di reato che il giudice di merito aveva ritenuto unificate alle prime dal vincolo della continuazione”.

Per cui la domanda arriva di conseguenza: la Cassazione ha già provveduto, per Marco Nonno, a comunicare alla Procura della Repubblica di Napoli il giudicato sulla condanna a due anni?
Anche questo costituirebbe un elemento utile per comprendere la direzione che dovrà imboccare questa vicenda in funzione della composizione del plenum del Consiglio Regionale della Campania.
Attenzione, noi stiamo parlando solo ed esclusivamente di aspetti giuridici e non di tipo politico.

Comunque andrà sarà…una brutta figura


Se in Campania Fratelli d’Italia continuerà a candidare certa gente e a utilizzare modalità di reclutamento della classe dirigente alla Michele Schiano, una buona fine non farà, ammesso e non concesso che i due anni di condanna avuti da Marco Nonno non siano ancora tecnicamente un giudicato, ciò sarebbe dovuto solo ed esclusivamente al fatto che la Corte di Cassazione ha stabilito che l’assoluzione per il reato di devastazione ottenuta in Corte di Appello è frutto di una sentenza sbagliata e probabilmente ingiusta.

Significa che, secondo i giudici supremi, Marco Nonno meritava una condanna definitiva che comprendesse anche il reato maggiore e dunque fosse più dura rispetto a quella (due anni) ricevuta per i reati di danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale.
Solo per questo stiamo ancora qui a parlare di una vicenda veramente poco edificante per l’istituzione regionale e anche per il partito del presidente del consiglio Giorgia Meloni.


Se il giudicato parziale dei due anni non ci fosse, lo status dei carichi pendenti di Marco Nonno sarebbe il seguente: condanna ad 8 anni e mezzo di reclusione pronunciata dal Tribunale di Napoli nel primo grado di giudizio.


Per cui, non essendo quelli di devastazione, di danneggiamento e di resistenza a pubblico ufficiale reati compresi nel cluster definito dalla legge Severino dei reati contro la pubblica amministrazione, dall’art. 314 del Codice Penale in poi, per i quali la sospensione dalla carica opera subito dopo una condanna ricevuta già in primo grado di giudizio, Marco Nonno, incredibile ma vero, con i due anni – magari non definitivi solo per un cavillo, per una minuzia, in quanto ancora oggetto di calcolo della sentenza nella sua interezza – tornerebbe in consiglio regionale.
Diciamo che sarebbe una vergogna?
E che lo diciamo a fare.