IL FOCUS. Asl: nonostante l’infornata di 200 nuovi impiegati, ci sono ancora infermieri privilegiati negli uffici. La protesta dei sindacati e lo strano caso del presidente Gennaro Mona che si sente Cicerone

11 Aprile 2023 - 18:18

Vi raccontiamo una storia che, se affrontata con superficialità, appare dozzinale, ordinaria e non degna di approfondimento. In realtà, l’iniziativa delle sigle Nursing Up, Fials e Nursing e la reazione stravagante del presidente della guida dell’Ordine, a cui arrivò per effetto di un incredibile seggio elettorale aperto in pieno lockdown in un albergo di Aversa, fanno capire come funzionino certe cose nel comparto sanitario di questa provincia, abitato da personaggi che hanno sbarcato il lunario, a partire dallo stesso Mona, consigliere comunale tra i più influenti in quel di San Nicola la Strada e con la figlia, al tempo delle elezioni 18enne, oggi 20enne, paracadutata, in nome e per conto suo e del suo riferimento politico, che non potrebbe essere altri se non Giovanni Zannini, nel consiglio comunale della città capoluogo.

CASERTA (g.g.) Diavolo di un Gennarone Mona: meriterebbe di ricevere solenni bastonature, naturalmente metaforiche, ma in noi la sua persona suscita quel paradossale sentimento di simpatia umana che si può sviluppare solamente in una provincia come quella di Caserta, dove personaggi improbabili, che ben figurerebbero in una riedizione ed in una rappresentazione in pianta stabile dell’Armata Brancaleone, occupano posti di incredibile importanza.

Gennaro Mona è uno degli esempi più clamorosi al riguardo. E’ consigliere comunale a San Nicola la Strada, ci dicono con delega alla raccolta differenziata; con i suoi voti ha fatto eleggere nel consiglio comunale della città di Caserta, la figliola che ai tempi delle elezioni aveva 18 anni, oggi ne ha 21 e, in pratica, sta lì in nome e per conto di suo padre. Tutto ciò grazie ai tanti anni di militanza alla corte Fials di Salvatore

Stabile e quella furbizia bertoldesca che qui da noi, senza offesa per Bertoldo, personaggio tutto sommato non negativo, è un requisito che vale più di 10 lauree e di altrettante specializzazioni o master. Al culmine della sua militanza in Fials, Mona diventa il presidente provinciale dell’Ordine professionale degli infermieri, finalmente costituito come tale dopo i lunghi anni dell’Ipasvi (Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia), che, invece, era un collegio, non un Ordine. Lo è diventato pienamente, esecutivamente a conclusione di elezioni assolutamente surreali e sicuramente irregolari. Clamorosamente irregolari. Ma non per gli organismi nazionali dell’Ordine degli infermieri, i quali certificano la piena legittimità dell’elezione svoltasi, come già detto, in un albergo di Aversa, durante il periodo del lock down, con obblighi strettissimi e limitativi dei movimenti e, dunque, in un momento in cui la maggior parte degli aventi diritto, non fu materialmente in condizione di raggiungere il seggio elettorale, in quanto gli spostamenti da Caserta, da Teano, da Capua, da Marcianise, da Maddaloni, da Piedimonte Matese, fino ad Aversa (non si capisce poi perché non fu scelto il capoluogo per quell’elezione, vabbè, roba da Fials), erano semplicemente vietati o, quanto meno, complicatissimi, vincolati com’erano dalle non agevoli attività di autocertificazione che, peraltro, molti infermieri non vollero neppure fare, perché solo l’idea di dover andare a votare in un locale chiuso e affollato li atterriva letteralmente.

Siccome questa è l’Italia e non è la Germania, la Svizzera, gli Stati Uniti, la Francia, o un qualsiasi altro Paese se non civile, quantomeno normale, tutto fu regolarizzato e noi, a un certo punto, ci stancammo pure di denunciare il misfatto, anche perché questo Bertoldo del 21esimo secolo cominciava a starci simpatico, in quanto emblema di una provincia in cui le sue caratteristiche, del resto esposte sempre con una certa simpatia, tipizzavano tutto quello che serve, qui da noi, per andare avanti nella vita e per diventare classe dirigente.

Insomma, un bricconcello, una simpatica canaglia, che però si muove con l’abilità di un Bertoldo, per l’appunto, quando gestisce il potere rapportandolo alle esigenze di questa terra; meno, molto meno efficace, risulta, al contrario, quando vuole utilizzare la penna. Oddio, forse a lui non gira molto bene, mentre a noi gira benissimo, dato che ci scompisciamo dalle risate.

Gennaro Mona, il nuovo Cicerone di Caserta

Beh, stavolta ha voluto proprio impugnarla la penna, misurandosi con un terreno che non li è, come detto, propriamente congeniale e non si è risparmiato, concedendosi anche una citazione in latino. E che citazione, visto che Cicerone , quando pronunciò questa frase, attaccò lo scadimento morale dell’antica civiltà di Roma. Senza menarla troppo per le lunghe, Gennaro Mona diventa (oggi lui) un fustigatore, un valutatore dei costumi morali in decadenza. O tempora, o mores, che sta per “che tempi, che costumi”, aggiungiamo noi con dieci punti esclamativi in una traduzione divenuta, nei secoli, adagio, esclamazione di indignazione, di compatimento e altro ancora.

Beh, vederlo scritto da Gennaro Mona che a un certo punto della storia, dopo essersi fatto le ossa e anche tanto altro nella Fials, ha mollato questo sindacato, manco a dirlo dopo i pesanti guai giudiziari attraversati dalla famiglia Stabile, andando a piantare le proprie tende nella Cgil dove ha portato con sé, i vari Giannini, Franco Conte e anche il famoso Ferrandino, coinvolto pesantemente nella stessa indagine, nella stessa ordinanza in cui è rimasta invischiata la Fials con l’arresto del figlio di Salvatore Stabile e tanto devoto agli Stabile da candidarsi in una delle liste, se non ricordiamo male proprio quella di Forza Italia, che nel 2019 appoggiò, al primo turno, la candidatura a sindaco dell’eterno, inossidabile Peppe Stabile, fratello di Salvatore e zio diletto di Stabile jr, il cui arresto abbiamo appena citato. Ovviamente, la prosa e le citazioni contenute nella lettera di Mona ci fanno sorridere e alleggeriscono, almeno per qualche momento, anche un po’ il clima di conflitto che impera nelle strutture amministrative e principali della sanità casertana.

Il documento dei tre sindacati sugli infermieri imboscati negli uffici

In sintesi tre sigle sindacali, cioè Nursing Up, la stessa Fials al netto di Mona e Nursing hanno scritto una normalissima lettera al direttore generale dell’Asl di Caserta, Amedeo Blasotti, ponendo una questione sacrosanta: non è possibile che uno o una, i quali hanno studiato per diventare infermieri, vadano a fare, a meno che non ci sia un’abilità conclamata e certificata al lavoro in corsia o in laboratorio, gli impiegati amministrativi.

A dimostrazione della bontà e della genuinità del problema posto dalle tre sigle sindacali, c’è proprio la missiva di risposta che il direttore generale, a cui va dato atto, in questa circostanza, di non essersi sottratto al confronto, che riconosce la piena ragione alla posizione espressa dalle tre sigle e, impugnando, a sua volta, carta e penna, scrive con protocollo datato 13 marzo 2023, una ulteriore lettera da recapitare a ognuno dei dirigenti dei distretti e dei presidi ospedalieri che operano sotto la potestà dell’Asl di Caserta.

Blasotti valida, in pratica, l’assunto, d’altronde inconfutabile, delle tre sigle sindacali, le quali non è che si sono svegliate una mattina e, in una situazione di stazionarietà delle piante organiche, hanno posto questo problema. Lo hanno fatto, invece, all’indomani della più imponente infornata di impiegati amministrativi (ormai siamo a circa 170) che la storia delle Usl e poi della doppia Asl, cioè la Ce1 di Caserta e la Ce2 di Santa Maria Capua Vetere-Aversa, e poi ancora dell’Asl unica, ricordi. Non c’è nulla di trasgressivo, anzi è doveroso fotografare, così come hanno fatto questi tre sindacati (magari la Fials comincia a fare qualche opera di bene riparatoria e si redime) una situazione rimasta statica, nonostante l’avvento di questo autentico plotone di nuovi impiegati amministrativi. In poche parole, in questo mese i tanti infermieri messi negli uffici delle direzioni o in quelli delle strutture di servizio – l’esempio più clamoroso tra tanti è quello della signora Rosa Lomascolo nella sala operativa del 118, non ne parliamo proprio dell’ormai arcinoto Generoso De Santis – hanno continuato a rimanere al proprio posto nonostante non esistesse più nessun problema di carenza del personale amministrativo, così come hanno fatto notare i 3 sindacati.

Il dg Asl Blasotti scrive, ma poi non fa

Amedeo Blasotti che ha tanti difetti, ma non è certo uno stupido, non ha potuto contestare il merito della lettera inviatagli e, conseguentemente, ha ribadito a tutti i direttori dei distretti, dei presidi ospedalieri Asl, dei dipartimenti di Prevenzione, di Salute mentale, della Dipendenza e dei Servizi centrali, che tutti i dipendenti “devono essere utilizzati nella mansione relativa alla qualifica di appartenenza”.

Oddio, Blasotti ci ha tenuto a sottolineare quella che sarebbe stata la sua attività di sollecito nel momento in cui scrive: “(…) richiamando pertanto le varie note già emanate nel tempo…”. E, beh, direttore Blasotti, lei le note le fa e fa anche bene a scriverle e a inviarle. Ma una nota, per non essere un pezzo di carta senza significato, senza efficacia, una mail, una pec destinate alla lunga a riempire i cestini informatici o, addirittura le spam, deve essere seguita da un’azione di riscontro, di verifica dell’effettiva attuazione della direttiva impartita. E ciò non può non partire da una conoscenza dettagliata, formale e stanziale che la direzione strategica, in qusto caso due terzi della stessa, cioè lei e il suo direttore amministrativo Giuseppe Tarantino, deve possedere in ogni momento. Direttore, una domanda: per cui, lei, direttore Blasotti, conosce esattamente il numero di infermieri che, diciamola questa parola, sono imboscati negli uffici, da anni e anni, a far poco o nulla e a dedicarsi, ad esempio, in maniera scorretta al proselitismo sindacale? Se lei e Tarantino non avete a disposizione elenchi precisi, ufficio per ufficio, infermiere per infermiere, come pensate di far rispettare queste direttive? E’ ovvio a questo punto che lei, senza il supporto di questa attività di verifica, ne potrà spedire anche 100 di lettere, il suo rimarrà uno sterile esercizio di moral o di immoral suasion.

Facciamo una cosa: tra un mese noi scriveremo un altro articolo. Veda lei se ritiene di farci arrivare qualche segnale di un intervento concreto, che non si limiti ad una semplice missiva di sollecito.

Il gran finale dedicato a Mona e al suo “complesso” ragionamento

Finiamo con Mona. Qualche giorno dopo, Mona ha mostrato segni di nervosismo, dovuti, probabilmente, al fatto che nella lettera spedita a Blasotti dai sindacati, si faceva anche riferimento a ciò che in proposito l’Ordine degli infermieri di Caserta aveva scritto sullo stesso argomento all’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, allineandosi, di fatto proprio alle posizioni espresse dalle tre sigle sindacali. Di qui, il presidente dell’Ordine degli infermieri redige una lettera sconclusionata, ma anche divertente.

E allora, per capire bene come siano andate le cose, bisogna, necessariamente, recarsi a casa del Bertoldo sannicolese: il presidente di un ordine non dovrebbe mai strumentalizzare i principi. E’ vero che all’ospedale di Caserta Gennaro Bertoldo Mona si è accodato ai sindacati perché lì la carenza riguardava gli Operatori socio sanitari, con la conseguenza di un utilizzo ugualmente improprio, irregolare di infermieri professionali nelle mansioni Oss, ma è anche vero che, seppure in una modalità differente, non è che la questione posta per l’utilizzo improprio e irregolare degli infermieri nei ranghi amministrativi dell’Asl, sia tanto diversa dalla prima. Il principio è lo stesso, ma la comodità è ben diversa. Nel senso che gli infermieri che vanno in un ufficio a fare gli impiegati sono contenti del privilegio avuto, mentre, per citare un vecchio duetto tra Crozza e Checco Zalone, non sono contenti se devono andare “a spalare la merda” nei reparti. Ma questa è faccenda differente, è una contingenza che un presidente di un ordine professionale con 6mila iscritti e con una competenza da diploma alla scuola media inferiore, non dovrebbe mai permettersi di affrontare.

Cio, con buona pace di Cicerone, non è terreno adatto alle attitudini di Gennaro Bertoldo Mona. Lui è un “magnifico” puledro di razza dell’attuale politica casertana, nella quale le scale dell’affermazione e del successo non si salgono certo attraverso l’affermazione di strutture meritocratiche, fondate su competenze e preparazione tecnico-professionale.

Al riguardo, indovinate un poco a chi è aggregato politicamente, Gennaro Bertoldo Mona? Ma naturalmente a Giovanni Zannini. Non poteva essere che così. E che politica fa Giovanni Zannini? Una politica adattissima alla sub cultura istituzionale, sociale casertana. Troppo severo questo giudizio per la popolazione indigena? Ok. E allora spiegatemi e spiegateci come è potuto succedere che in pochi anni Zannini sia passato da 2mila a quasi 22mila voti.