IL FOCUS. Consorzio di Bonifica: 26 milioni di nuovi appalti, 240 milioni annunciati. Scusate, cosa c’entra ciò con quello che la norma consente ad un Commissario Straordinario?

18 Marzo 2021 - 13:16

QUARTA PUNTATA. “Interessante” il recente carteggio tra l’assessore regionale Nicola Caputo e Carlo Maisto. Rimaniamo a disposizione di tutti, però le domande sono queste e anche i presupposti, i quali non sono frutto di un nostro arbitrio ma della banale citazione letterale di norme vigenti e radicalmente violate senza che alcuna autorità preposta al presidio e alla vigilanza, da anni, se lo faccia passare nemmeno per l’anticamera del cervello

 

 

CASERTA (G.G.) – Molte delle nostre perplessità, e la circostanza non può che farci piacere, sulle cose del Consorzio di Bonifica del Basso Volturno, sono evidentemente condivise dall’assessore regionale pro tempore all’agricoltura, direttamente competente nella materia specifica, il teverolese Nicola Caputo.

Non è la prima volta che un casertano ricopre questa importantissima carica regionale. Siccome, mentre Caputo era in ben altre faccende affaccendato, noi eravamo qui, dove siamo ancora, a raccontare le nefandezze del Consorzio di Bonifica, negli ultimi due anni della legislatura di Stefano Caldoro, la speranza è che gli appelli che noi formuleremo a lui in quanto assessore (e, perché no, in quanto assessore casertano) non facciano la stessa fine degli appelli che parimenti formulammo all’allora assessora all’agricoltura, la ugualmente casertana Daniela Nugnes da Mondragone.

Assessora che fu a dir poco evanescente, se non impalpabile, nei tempi in cui Claudio Schiavone, ma non solo, sarebbe meglio dire lui e la lunga teoria di imprese di un certo tipo, dettavano legge aggiudicandosi alla buona, in applicazione di un Codice degli Appalti vigente solamente nella sede di via Roma del Consorzio di Bonifica, lavori per decine di milioni di euro, sotto l’egida tecnico amministrativa del signor Camillo Mastracchio, continuatore di una scuola di pensiero che aveva nel suocero Domenico Pignata di Casal di Principe, detto Mimì, un vero e proprio artefice, nonché punto di riferimento.

Nicola Caputo, in maniera molto ortodossa (aggettivo neutro, questo, che attiene al rispetto sic et simpliciter della funzione svolta), ha inviato una lettera formale, nei mesi scorsi, di cui ci ha fatto cenno, nella quale ha in pratica invocato una sorta di due diligence al commissario Carlo Maisto, su cui, da questo momento in poi, non scherzeremo più, per evitare che il lettore si distragga.

In sintesi, Caputo cerca di rimettere le cose in ordine, a partire dalla principale e anche formale mission che un Commissario Straordinario deve avere come suo unico punto di riferimento.
Ricognizioni per elaborare bilanci autentici, operazioni verità da effettuare in tempi limitati, in modo che l’ordinaria amministrazione, unico perimetro di azione di un qualsiasi tipo di commissario, non vada ad influire sui processi evolutivi di un Consorzio che, essendo tale, è sottoposto al regime del diritto civile per quel che riguarda la formazione della governance. A quanto ci risulta, il commissario Maisto ha risposto alla formale sollecitazione dell’assessore con uno scritto che non è quello di un commissario, ma quello di un procuratore della Corte dei Conti che inaugura l’anno giudiziario:

“Queste sono le criticità ma io ho fatto tanto, ho risolto i problemi dell’irrigazione, i lavori, il contenzioso…”

Non ce ne voglia il Maisto, ma è uscito fuori tema, perché l’amministrazione attiva, che lui riconosce di aver svolto nella risposta che magari la manina generosa di “Don Camillo” gli ha messo a disposizione, va al di là, esubera, tracima, direbbero gli avvocati amministrativisti o i giudici di un Tar o del Consiglio di Stato, diviene eccesso di potere.

Siamo curiosi, magari glielo domanderemo, di cosa Caputo pensi della risposta che sembra scritta dal presidente di un consiglio di amministrazione, pienamente legittimato da un voto assembleare, e non da un commissario le cui competenze sono stabilite dalle norme, sia da quelle primarie di fonte legislativa, sia da quelle regionali, precisamente dalla legge 4 del 2003, per regolare la materia, creando però una ambiguità tipica dei furboni dei nostri politici nel momento in cui, all’articolo 32 comma 3, si prevede che il decreto di nomina di un commissario non possa superare i 360 giorni.

Attenzione, non la funzione commissariale, ma il decreto di nomina. Il che apre la strada alle proroghe di fatto, ma mascherate dietro alla firma di nuovi decreti di nomina, come è successo nel caso di Maisto.
In poche parole la Regione, colpevolmente e furbescamente, non fissa un termine per la ricostituzione delle regole del diritto civile rispetto alla società consortile, potendo, col giochino lessicale appena descritto, confezionare all’infinito decreti di nomina.

Ma questo articolo 32 non è proprio tutta una porcheria, perché contiene anche qualcosa di serio, d’altronde inevitabile perché se avesse scritto diversamente si sarebbe messa in contrasto con norme nazionali gerarchicamente superiori.

“(…) Il Commissario Straordinario convoca l’assemblea dei Consorziati per l’elezione del nuovo consiglio dei delegati e cura l’ordinaria amministrazione fino all’insediamento del nuovo consiglio”.

Dunque, ricollegandoci a quanto detto prima, dopo cinque anni di commissariamento, che dice, assessore Caputo, forse è arrivato il tempo di convocarla, questa assemblea? O no?

Guardi, non si tratta di un nostro desiderio, ma qui bisogna finirla di scrivere le leggi e poi percularle dopo un minuto.

Insomma, oggi annunciamo che da questo momento in poi ci piacerà dialogare su questi fatti specifici con l’assessore, rimanendo a disposizione, come amano dire i conduttori di “Striscia la Notizia” in appendice alle cazzutissime inchieste realizzare sai suoi inviati, di chiunque volesse esprimere una posizione difforme, diversa, dalla nostra.
Al riguardo, non sappiamo se l’elaborazione politico-filosofica di Voltaire fosse in qualche modo evocativa di una o più persone nel momento in cui parlava del suo “maggior nemico”.
Dal canto nostro, non abbiamo difficoltà a riproporre quella nobilissima costruzione, vero fondamento del pensiero liberale, facendo i nomi e i cognomi.
Dunque, se Maisto, Mastracchio, Di Giovanni, Claudio Schiavone o chiunque altro si senta toccato dai nostri articoli, voglia dire la sua, noi siamo qui.

È molto importante aver fatto questa premessa perché il tempo della satira, della goliardia, è finito. C’è passata la voglia di scherzare nel momento in cui abbiamo pubblicato la notizia che un avvocato (nel cui studio lavorava o lavora il figlio di colui che per anni è stato dirigente degli Affari Legali, divenendo poi anche Direttore Generale) ha incassato nel giro di tre o quattro mesi, ripetiamo già incassato, circa 860mila euro, con altri 130mila e rotti che entreranno nelle sue tasche di professionista, ma anche nelle casse del suo studio legale, costituitosi separatamente dalla persona fisica (CLICCA QUI).

Perché nonostante ne abbiamo viste tante, è veramente la prima volta che con una procedura concretamente innescata lo scorso 1 luglio, un solo creditore abbia intascato 1 milione di euro anche grazie alla botta di culo (?) che gli ha consentito di utilizzare l’articolo 511 del CPC grazie al quale ha potuto dire al Consorzio, come nell’antica canzone delle Sorelle Bandiera, “fatti più in là”, perché “i 605mila euro netti che l’Enel ti deve dare per un credito di qualche tempo fa, me li prendo io, che ti sostituisco come creditore in quanto tu sei mio debitore”, così come consente di fare l’articolo 511.
No, non scherziamo più ed è giusto che una guardatina alla relazione che il commissario Maisto ha scritto da presidente del Consorzio, rispondendo all’assessore Caputo, diventi a sua volta argomento di discussione.

Il commissario segnala all’assessore Caputo che ha ottenuto il finanziamento e ha appaltato circa 16 milioni di euro in opere. Inoltre, sempre secondo quel che sostiene il commissario, il Consorzio avrebbe ottenuto il finanziamento per la realizzazione di altri due progetti per 10 milioni di euro complessivi.

Vi facciamo sconto dei propositi enunciati su programmazioni fantasmagoriche da 240 milioni di euro, con sole spese di progettazione pari a 2 milioni.

Vogliamo essere composti fino in fondo. Non possiamo entrare nel merito di questi appalti o di questi propositi perché, utilizziamo di nuovo un termine giuridico, esiste una evidenza di inammissibilità che a monte non consente ad un commissario straordinario di operare come e in maniera ancor più ampia di un’amministrazione ordinaria.

Come si suol dire, il problema del merito non si pone.

Questi progetti possono essere bellissimi, onestissimi; queste gare possono essere state il risultato di una conversione di Don Camillo, che al confronto quella di Fra Cristoforo fu una liaison con Lucifero.

Diciamo che è così.

Diciamo che Don Camillo abbia bypassato anche la tonaca indossata da Fernandel nella saga cinematografico mutuata dal mitico romanzo di Giovannino Guareschi.

Diciamo tutto. Il problema è che in uno Stato di Diritto la questione del contenuto delle cose, degli atti amministrativi, viene dopo quella fondamentale della potestà di una corretta esplicazione dei poteri, in piena aderenza non a quello che si vuol fare, ma a quello che la legge ti consente.

Annunciandovi un’ulteriore puntata di questo lungo focus sul Consorzio di Bonifica di Caserta e forse anche diverse appendici, ribadiamo la speranza che i dirigenti, le componenti interne, accettino un confronto trasparente, che è tale solo e solamente se noi che facciamo il giornale formuliamo le domande senza alcuna riserva mentale e senza alcuna limitazione, così a bruciapelo, mentre chi gestisce il danaro pubblico ci rispondete nel merito e senza divagare, perché al nobile gioco del tressette se tra le tue carte ce n’è una o più appartenenti al cosiddetto palo calato sul tavolo dal primo giocatore, devi calare a tua volta una carta dello stesso palo anche se è l’ultima che hai in mano.

Se, al contrario, io gioco denari e tu, avendo tre carte di denari rispondi a bastoni, a coppe o a spade, significa che sei un baro, che stai imbrogliando.

Alla prossima puntata.