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IL RICICLAGGIO milionario dei CASALESI. Ci sono molti impiegati di Poste Italiane in provincia di CASERTA complici dei camorristi. Nessuno individuato, hanno favorito il transito in “lavatrice” di almeno 73 milioni di euro

25 Ottobre 2021 - 13:04

Lo mette nero su bianco il gip del tribunale di Napoli Tommaso Perrella per introdurre l’ennesimo elenco stavolta denso dei nomi e cognomi di persone sconosciute che in un anno, massimo un anno e mezzo, hanno movimentato sui loro conti o con le prepagata Postepay somme veramente senza precedenti nella storia della lotta alla camorra in questa provincia 

 

TRENTOLA DUCENTA/SAN MARCELLINO – Bisogna avere il cervello collegato in modalità “ampio raggio” per cogliere fatti, conseguenze, ma soprattutto non conseguenze, apparentemente non rilevanti, ma che a nostro avviso, invece lo sono, eccome se lo sono, all’interno di un’ordinanza importante, com’è senz’altro quella riguardante i recenti arresti che hanno in pratica demolito un’organizzazione dedita al riciclaggio, di enormi somme di danaro, complessivamente 175 milioni di euro, movimentati in soli tre anni e mezzo, sotto l’egida di un gruppo di 7 persone, a cui viene contestata anche l’aggravante camorristica: Giuseppe Guarino, sua sorella Luisa, farmacista e moglie di Giacomo Capoluongo, Ruggero Guarino, cugino di Giuseppe e Luisa. E ancora, Luigi Esposito, Salvatore Prato, Armando Della Corte e Gennaro Puolo.

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli Tommaso Perrella che questa ordinanza ha firmato, facendo arrestare 41 persone, con altre 22, ugualmente indagate, ma a piede libero, scrive, a pagina

79 della citata ordinanza: “Altro dato che colpisce è poi quello legato alle modalità delle operazioni, visto che tutti i prelevatori hanno verosimilmente beneficiato delle complicità di molti dipendenti di Poste Italiane che, addetti ai servizi di cassa, hanno consegnato loro per contanti le somme, omettendo, nella maggior parte dei casi, di segnalare l’operazione come sospetta.”

Di questo e di altri stralci della parte che abbiamo selezionato per l’articolo di stamattina, potete prendere visione in calce allo stesso, nella nostra solita, quanto doverosa, pubblicazione delle copie originali dell’atto giudiziario. In poche parole, il giudice afferma chiaramente che all’interno di Poste Italiane, cioè di una delle maggiori aziende dello Stato, ci siano dei dirigenti, dei funzionari, degli impiegati imbroglioni, anzi tecnicamente delinquenti.

Nel momento in cui il gip utilizza l’avverbio “verosimilmente”, ci comunica anche la brutta notizia della mancata identificazione di questi dipendenti infedeli della Repubblica Italiana.

Ci comunica ciò, ma può darsi anche che, avendo letto la richiesta formulata dai magistrati della Dda, si sia accorto che neppure i pubblici ministeri, titolari dell’inchiesta, siano riusciti a stabilire o a trovare le prove che quell’enorme flusso di danaro, per milioni e milioni di euro, il quale, copioso, scorreva da tantissime postazioni di cassa in svariati uffici postali, finendo nelle tasche di nullatenenti o semi nullatenenti, avvenisse con la consapevole complicità degli impiegati, utilizzati agli sportelli di cassa o, magari, se tutto ciò si verificasse in quanto gli impiegati degli sportelli cassa, venivano compulsati da qualche dirigente o da qualche funzionario di rango superiore.

E se per un lettore superficiale di questa ordinanza, l’affermazione, messa nera su bianco, dal gip, sulla verosimiglianza di una complicità da parte di dipendenti di Poste italiane può anche rappresentare un incrocio cognitivo fugace, en passant, di cui fruire distrattamente, per noi, al contrario, questo fatto, ma soprattutto la circostanza che nessuno degli impiegati infedeli, disonesti, tecnicamente delinquenti, abbia avuto neppure il fastidio di fronteggiare un avviso di garanzia, rappresenta una sconfitta per lo Stato che a questi soggetti eroga lo stipendio e rappresenta pure la reiterazione di un rischio, dato che queste persone, una volta passata la buriana dell’indagine ancora in corso, torneranno ad assecondare la propria attitudine alla disonestà delinquenziale.

Perchè se uno non si accontenta del proprio stipendio, se uno è abituato a vivere al di là di quelle che sono le possibilità offerte dalla propria collocazione professionale, potete star certi che tornerà a contaminare e, purtroppo in qualche circostanza, anche a permeare di corruzione e di azioni tossiche per il tessuto dei servizi pubblici fondamentali, cioè quelli erogati direttamente dallo stato italiano, andando ad investire a cascata, conseguenzialmente, anche altre aree di quelle che dovrebbero essere strutture fondamentali di un paese, di una nazione che, soffrendo di questi mali, è destinata a proporsi, sempre e in maniera tale da non essere amata, così come succede da anni nell’Unione europea, dove, diciamocela tutta, i cosiddetti Paesi-formica dell’Europa settentrionale, quelli virtuosi, guardano all’Italia come un posto di spreconi, di gente che vuole vivere al di sopra di quello che è in grado di produrre, ma anche come un luogo di corrotti, che, attraverso la corruzione, fanno scomparire, volatilizzare ingenti risorse del bilancio pubblico.

Ecco perchè queste quattro righe del gip vanno considerate con serietà e non relegate come elemento accessorio della trattazione di un atto giudiziario. Perchè l’ultima indagine sul mega riciclaggio rimarrà comunque monca in quello che, a nostro avviso, è il fulcro del meccanismo criminale che ne rappresenta l’architrave. Il non essere riusciti ad individuare, pur possedendone probabilmente conoscenza di identità, un solo impiegato i cui comportamenti integrassero, quantomeno, l’emissione di un avviso di garanzia a suo carico, rende il successo che indubbiamente va riconosciuto a questa attività di indagine, mutilato del pezzo di gran lunga più importante

Nonostante sia certo, perchè lo scrive il giudice, che i comportamenti di alcuni, di molti impiegati di Poste Italiane fosse criminale, e nonostante sia certo, perchè o scrive sempre il giudice di un tribunale, che 175 milioni di euro, in tre anni e mezzo, frutto di un altissimo numero di frodi fiscali, siano stati ripuliti.

Subito dopo la frase del gip viene pubblicato, con noi pronti a proporlo ai lettori di CasertaCe, un altro elenco, stavolta riassuntivo delle operazioni effettuate dai soggetti appartenenti alla struttura ancora più a valle rispetto a quelle società, a quelle imprese, destinatarie della prima ondata di bonifici arrivata da quelle che il gip definisce le aziende “a monte” (CLIKKA E LEGGI)

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Come potrete vedere, ci sono conti correnti postali già accesi e intestati, alcuni a persone fisiche, altri agli stessi soggetti ma nella loro connotazione di persone giuridiche, ditte individuali soprattutto. E così vediamo che sul conto corrente personale del signor Giuseppe Belviso sono transitati 576mila 730 euro con 415mila 781 di prelievi in euro ed uscite pari a 579mila 687 euro, mentre su quello intestato alla ditta individuale Belviso Giuseppe sono arrivati 8 milioni 62mila euro circa, con uscite per 8 milioni 63mila e prelievi in euro per oltre 4 milioni di euro.

Altre operazioni, altri prelievi e soprattutto altri nomi li potete leggere nei documenti che pubblichiamo in calce.

Se notate, vi accorgerete che esiste una differenza aritmetica minima tra tutto ciò che è affluito in un tot periodo di tempo su ognuno di questi conti e ciò che, sempre all’interno del medesimo  intervallo temporale, ne è fuoriuscito. Dunque, non vengono determinate provviste di danaro, questo viene ripulito attraverso la sua riduzione in banconote e in moneta sonante.

Una differenza più marcata invece esiste tra le somme affluite nei conti correnti di questi prestanome e quelle prelevate. Dovremo domandare a qualche avvocato perchè dall’ordinanza, almeno in questa parte, non si capisce ancora bene come far quadrare i numeri tra una somma di tre o quattro milioni di euro affluita in un conto nell’arco di un anno e mezzo e, sempre nel corso dello stesso periodo, fuoriuscita pressochè completamente, e i prelievi in euro che sono minori o, in qualche circostanza, molto inferiori alla somma complessivamente affluita e defluita da quel rapporto finanziario. Giusto per fare un esempio, la ditta individuale Domenico Agorini, titolare di conto corrente, in cui sono usciti in un anno e mezzo circa 3 milioni 463mila euro con 698 mila 755 euro circa prelevati.

Vi stiamo raccontando questa ordinanza in maniera un poco differente rispetto a quello che facciamo con altre ordinanze. Passa il tempo, infatti e noi un pò di esperienza l’abbiamo maturata. Dunque, siamo in grado di subire meno e di sviluppare una modalità dialettica attiva, rispetto al testo di un atto giudiziario. Ecco perchè, ogni volta comunichiamo ai nostri lettori quali siano, uno per uno, i passaggi da noi non ancora compresi, capiti, nonostante lo sforzo profuso per assorbire e per ragionare su ogni singola sillaba che il gip e, di riflesso, i pm della Dda, hanno riversato nel testo.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA